Il 30 luglio parte la ristrutturazione della classe
politica italiana. Pdl e Pd vanno all'esplosione, per poi selezionare un
nuoveo ceto politico obbediente soltanto alla Troika.
Occuparsi ancora di Berlusconi è davvero noioso. Per fortuna, tra poco saremo esentati dal dar retta a questo tormentone ventennale che ha contribuito in modo decisivo allo svuotamento dei cervelli in questo paese. Il capitale ringrazia, o almeno dovrebbe; ma passa invece all'incasso sacrificando il cavallo bolso su cui aveva inutilmente puntato le sue chance. La distruzione della “sinistra” ha avuto successo – ma era difficile trovarne una più inconsistente – mentre lo “sviluppo” è stato clamorosamente mancato.
La parabola è alla fine. La decisione della Corte di Cassazione, che ha fissato per il 30 luglio l'udienza di conferma definitiva della condanna per il processo sui “diritti Mediaset”, ha l'odore dell'evento definitivo. I maggiorenti del Pdl sono in effetti impazziti, sentendo aria di fine-di-mondo. Chi propone di dimettersi in massa, chi di far cadere il governo e andare alle urne, chi si prepara a sbarcare in altri lidi politici (ben pochi, per questioni di competenze personali), chi si prepara all'espatrio...
Diciamo che è una data ottima per mandare a vuoto eventuali “colpi di piazza” degli ultimi mohicani adoratori di Arcore. Anche se per quest'anno buona parte degli italiani non andrà in vacanza, saranno ben pochi quelli disponibili ad assaltare i palazzi della magistratura in pieno agosto. Tanto più se, come tutto lascia prevedere, l'estate sarà tempestosa per i titoli del debito pubblico italiano sui mercati finanziari. Il nuovo declassamento da parte di Standard&Poor's, in micidiale coincidenza con un ulteriore taglio delle “stime” sul Pil (-1,9%), non lascia infatti dubbi su quali sarannno le priorità – anche mediatiche – dei prossimi mesi.
Anche se il buon Silvio non corre alcun rischio di finire in carcere, la condanna a cinque anni di “interdizione dai pubblici uffici” (la pena accessoria inflitta come di norma in seguito a una condanna penale) ne segnerà dunque la fine politica. Su questo nemmeno i suoi supporters più sfegatati nutrono dubbi. E una volta “interdetto”, anche la minaccia di ricorso alle urne, facendo cadere il governo Letta, suonerebbe come un petardo bagnato: non sarebbe in ogni caso più candidabile. Quindi anche per il suo “partito” non ci sarebbe più partita.
L'esplosione del centrodestra è però solo una parte del nuovo scenario politico prevedibile per l'autunno.
L'avvento di Renzi alla “guida” del Pd e di qui poi alla “guida del paese” sembrano più ineluttabili di un destino deciso sull'Olimpo. E in effetti molto lascia pensare che il rimescolamento generale della classe politica italiana – mai come oggi di livello nullo – sia stato deciso ai piani alti del capitale multinazionale. Nonostante il tracollo continuo, o forse proprio per questo, questo paese resta ancora un'economia troppo importante sul piano sistemico per essere diretto da scapocchioni senz'arte né parte, spesso espressione di settori sociali “impresentabili” o di figure spurie che non hanno riscontro in altri paesi.
All'esplosione del Pdl corrisponderà dunque un'analoga tempesta devastante in quello che solo come etichetta viena ancora chiamato “centrosinistra”. Due terremoti in contemporanea generati nella stessa sala comandi e destinati a selezionare un “nuovo ceto politico”, di parche pretese e zero autonomia decisionale. Come ripetuto ormai quotidianamente anche in sede Ue, dove si entra nel merito anche delle singole misure di governo (dall'Imu all'Iva, dalla flessibilità del lavoro al licenziamento dei pubblici dipendenti, ecc), “il programma” da realizzare in questo disgraziato paese non dipende affatto dai suoi equilibri interni; ma ormai soltanto dai vincoli esterni.
Occuparsi ancora di Berlusconi è davvero noioso. Per fortuna, tra poco saremo esentati dal dar retta a questo tormentone ventennale che ha contribuito in modo decisivo allo svuotamento dei cervelli in questo paese. Il capitale ringrazia, o almeno dovrebbe; ma passa invece all'incasso sacrificando il cavallo bolso su cui aveva inutilmente puntato le sue chance. La distruzione della “sinistra” ha avuto successo – ma era difficile trovarne una più inconsistente – mentre lo “sviluppo” è stato clamorosamente mancato.
La parabola è alla fine. La decisione della Corte di Cassazione, che ha fissato per il 30 luglio l'udienza di conferma definitiva della condanna per il processo sui “diritti Mediaset”, ha l'odore dell'evento definitivo. I maggiorenti del Pdl sono in effetti impazziti, sentendo aria di fine-di-mondo. Chi propone di dimettersi in massa, chi di far cadere il governo e andare alle urne, chi si prepara a sbarcare in altri lidi politici (ben pochi, per questioni di competenze personali), chi si prepara all'espatrio...
Diciamo che è una data ottima per mandare a vuoto eventuali “colpi di piazza” degli ultimi mohicani adoratori di Arcore. Anche se per quest'anno buona parte degli italiani non andrà in vacanza, saranno ben pochi quelli disponibili ad assaltare i palazzi della magistratura in pieno agosto. Tanto più se, come tutto lascia prevedere, l'estate sarà tempestosa per i titoli del debito pubblico italiano sui mercati finanziari. Il nuovo declassamento da parte di Standard&Poor's, in micidiale coincidenza con un ulteriore taglio delle “stime” sul Pil (-1,9%), non lascia infatti dubbi su quali sarannno le priorità – anche mediatiche – dei prossimi mesi.
Anche se il buon Silvio non corre alcun rischio di finire in carcere, la condanna a cinque anni di “interdizione dai pubblici uffici” (la pena accessoria inflitta come di norma in seguito a una condanna penale) ne segnerà dunque la fine politica. Su questo nemmeno i suoi supporters più sfegatati nutrono dubbi. E una volta “interdetto”, anche la minaccia di ricorso alle urne, facendo cadere il governo Letta, suonerebbe come un petardo bagnato: non sarebbe in ogni caso più candidabile. Quindi anche per il suo “partito” non ci sarebbe più partita.
L'esplosione del centrodestra è però solo una parte del nuovo scenario politico prevedibile per l'autunno.
L'avvento di Renzi alla “guida” del Pd e di qui poi alla “guida del paese” sembrano più ineluttabili di un destino deciso sull'Olimpo. E in effetti molto lascia pensare che il rimescolamento generale della classe politica italiana – mai come oggi di livello nullo – sia stato deciso ai piani alti del capitale multinazionale. Nonostante il tracollo continuo, o forse proprio per questo, questo paese resta ancora un'economia troppo importante sul piano sistemico per essere diretto da scapocchioni senz'arte né parte, spesso espressione di settori sociali “impresentabili” o di figure spurie che non hanno riscontro in altri paesi.
All'esplosione del Pdl corrisponderà dunque un'analoga tempesta devastante in quello che solo come etichetta viena ancora chiamato “centrosinistra”. Due terremoti in contemporanea generati nella stessa sala comandi e destinati a selezionare un “nuovo ceto politico”, di parche pretese e zero autonomia decisionale. Come ripetuto ormai quotidianamente anche in sede Ue, dove si entra nel merito anche delle singole misure di governo (dall'Imu all'Iva, dalla flessibilità del lavoro al licenziamento dei pubblici dipendenti, ecc), “il programma” da realizzare in questo disgraziato paese non dipende affatto dai suoi equilibri interni; ma ormai soltanto dai vincoli esterni.
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