Le dimensioni non sono certo quelle di una grande area
metropolitana, ma i contenuti rivelano pienamente il disagio. La lettera
di dimissioni di Paolo Soccio da segretario del Pd del piccolo centro
pugliese di San Marco in Lamis
Carissime e carissimi compagni, vi scrivo questa lettera per
comunicarvi la mia decisione irrevocabile di dimettermi dal ruolo di
segretario del circolo PD "Donatello Compagnone" di San Marco in Lamis,
ruolo che svolgo ormai da sette anni, ovvero dalla nascita del Partito
democratico.
Mi sono sempre sentito onorato di aver contribuito a fondare e a
far crescere questo nostro partito, ho sempre fatto il mio dovere da
dirigente, militante ed elettore, dando il mio contributo, piccolo o
grande che sia stato, per il bene del Partito e dell’Italia,
sacrificando il mio tempo, i miei affetti, le mie capacità
intellettuali, organizzative e i miei soldi.
Questo l’ho fatto con grande convinzione e abnegazione, almeno fino ad un anno e mezzo fa, quando, all’esito della consultazione elettorale nazionale, i nostri dirigenti nazionali hanno deciso di formare un governo con la destra berlusconiana. Da allora qualcosa ha iniziato ad incrinarsi dentro di me. Senza soffermarmi sui famosi 101 che affossarono la possibile presidenza Prodi, vorrei solo farvi riflettere sul fatto che del progetto che avevamo costruito con “Italia Bene Comune” e di quanto noi tutti abbiamo dichiarato ai nostri elettori oggi non c’è più alcuna traccia. Non citerò tutto quello che è successo in questi mesi, neanche parlerò del nostro congresso, non dirò quel che penso di questo governo, vi comunico soltanto che io mi sento tradito come elettore, come iscritto e come dirigente. E se un rappresentante non riesce più a difendere l’operato del proprio partito, del proprio governo, allora non può più essere tale.
Questo l’ho fatto con grande convinzione e abnegazione, almeno fino ad un anno e mezzo fa, quando, all’esito della consultazione elettorale nazionale, i nostri dirigenti nazionali hanno deciso di formare un governo con la destra berlusconiana. Da allora qualcosa ha iniziato ad incrinarsi dentro di me. Senza soffermarmi sui famosi 101 che affossarono la possibile presidenza Prodi, vorrei solo farvi riflettere sul fatto che del progetto che avevamo costruito con “Italia Bene Comune” e di quanto noi tutti abbiamo dichiarato ai nostri elettori oggi non c’è più alcuna traccia. Non citerò tutto quello che è successo in questi mesi, neanche parlerò del nostro congresso, non dirò quel che penso di questo governo, vi comunico soltanto che io mi sento tradito come elettore, come iscritto e come dirigente. E se un rappresentante non riesce più a difendere l’operato del proprio partito, del proprio governo, allora non può più essere tale.
Il mio malessere interiore perdura da tempo, più volte sono stato
lì per lì per rassegnare le dimissioni da segretario di circolo, ho
resistito, ho provato resistere, anche per la stima e l’affetto che
provo per i miei compagni di circolo, ma dopo gli ultimi fatti nazionali
accaduti nei giorni scorsi, dopo le dure ed insulse parole del
Presidente/Segretario contro il sindacato e la minoranza interna del
partito, francamente non ne ho potuto più. Ma la goccia che ha fatto
traboccare il vaso sono state le immagini che ho visto stamane al
telegiornale. Quando ho visto gli operai colpiti dalle manganellate mi è
venuto istantaneamente un’associazione di pensiero: ho pensato a mio
padre. Ho pensato agli scioperi, alle lotte, ai sacrifici che per una
vita ha fatto insieme agli altri compagni per la difesa del lavoro e dei
diritti dei lavoratori. Se mio padre fosse ancora vivo sono certo che
sabato scorso sarebbe stato a Roma a manifestare con il Popolo dei
Lavoratori.
Perciò, quando ho visto quell’operaio ferito ho pensato a cosa avrei pensato e detto se quell’uomo sanguinante fosse stato mio padre. Non conosco il nome di quell’operaio, so solo che quell’uomo è un lavoratore, mio padre era un lavoratore e anch’io io sono un lavoratore, un lavoratore della conoscenza. Ricordo che circa trent’anni fa quando chiesi a mio padre che cosa significava quella sigla di partito, che cosa indicavano quei simboli, lui mi rispose molto semplicemente: «È il Partito dei Lavoratori». Ritengo pertanto, cari compagni e compagne, questi attacchi al Popolo dei Lavoratori, verbali e fisici, inaccettabili, inqualificabili ed ingiustificabili. Non me la sento più di rappresentare questo Partito in un ruolo così impegnativo. Non me la sento più di giustificare parole ed atti “targati PD” che non appartengono alla mia cultura politica, alla storia da cui provengo e alla mia dignità di uomo e lavoratore.
Continuerò ad essere un militante, cercando di cambiare il partito dal suo interno, finché ciò sarà possibile o mi sarà concesso, come continuerò ad impegnarmi alacremente per la mia città.
In segno di protesta per quanto accaduto mi propongo di astenermi dal partecipare attivamente alle prossime primarie regionali.
Perciò, quando ho visto quell’operaio ferito ho pensato a cosa avrei pensato e detto se quell’uomo sanguinante fosse stato mio padre. Non conosco il nome di quell’operaio, so solo che quell’uomo è un lavoratore, mio padre era un lavoratore e anch’io io sono un lavoratore, un lavoratore della conoscenza. Ricordo che circa trent’anni fa quando chiesi a mio padre che cosa significava quella sigla di partito, che cosa indicavano quei simboli, lui mi rispose molto semplicemente: «È il Partito dei Lavoratori». Ritengo pertanto, cari compagni e compagne, questi attacchi al Popolo dei Lavoratori, verbali e fisici, inaccettabili, inqualificabili ed ingiustificabili. Non me la sento più di rappresentare questo Partito in un ruolo così impegnativo. Non me la sento più di giustificare parole ed atti “targati PD” che non appartengono alla mia cultura politica, alla storia da cui provengo e alla mia dignità di uomo e lavoratore.
Continuerò ad essere un militante, cercando di cambiare il partito dal suo interno, finché ciò sarà possibile o mi sarà concesso, come continuerò ad impegnarmi alacremente per la mia città.
In segno di protesta per quanto accaduto mi propongo di astenermi dal partecipare attivamente alle prossime primarie regionali.
Vi chiedo scusa, a tutti.
C’è un tempo per ogni cosa e il mio tempo da segretario di circolo è terminato.
Un fraterno saluto,
C’è un tempo per ogni cosa e il mio tempo da segretario di circolo è terminato.
Un fraterno saluto,
Paolo Soccio
Ex segretario di circolo del PD di S. Marco in L.
Dirigente provinciale del PD di Capitanata.
Ex segretario di circolo del PD di S. Marco in L.
Dirigente provinciale del PD di Capitanata.
Nessun commento:
Posta un commento