Se li hanno menati è perché pensavano di
poterlo fare impunemente, di poterselo permettere. Il manganello è
sempre stato uno strumento così. Manda un messaggio, ristabilisce delle
gerarchie e misura lo squilibrio delle forze in campo. Produce delle
ferite dolorose ma superficiali e, nello stesso tempo, lascia per sempre
impresso il suo linguaggio nel profondo del cuore, con il peso
dell'umiliazione e dell'impotenza. Per questo è stato
un simbolo del fascismo ed è per questo che il suo uso così brutale ci
appare oggi anacronistico e un po' ridicolo. Il manganello è uno
strumento che ha segnato anche altre epoche della storia italiana.
Queste epoche, quei tempi lontani, restano ben impresse nella memoria
del movimento operaio. Gli anni cinquanta, segnati dal peso della guerra
fredda, gli anni settanta che suscitarono nuove speranze. Il manganello
è stato sempre lì, onnipresente, nelle piazze dove si riuniva il mondo
del lavoro. Poi la situazione politica, prima lentamente e poi sempre
più velocemente, è cambiata. Gli operai, altrettanto velocemente, sono
stati relegati ai margini della scena, messi in un canto dalle regole
spietate della globalizzazione e dei nuovi poteri della finanza e della
rendita.
Se questa è la realtà di oggi perché riemerge il
vecchio simbolo della repressione e del potere autoritario? Il pestaggio
degli operai delle acciaierie di Terni ci manda un messaggio
inquietante. Non sono le squadre del fascismo, non è il pugno di ferro
della polizia di Mario Scelba, non è l'arroganza del potere già
declinante della prima repubblica durante il cosiddetto "autunno caldo",
ma il governo "progressista" che oggi guida il paese a spedire questa
brutta lettera.
Il fatto è che, oltre le etichette, gli operai sono
soli. Chi crede sul serio alle ragioni di chi difende il diritto
all'esistenza di una delle eccellenze produttive di questo paese? La
Regione, il comune di Terni dispongono di un potere contrattuale molto
debole e poi, bisogna riconoscerlo, di fronte alla forza delle
multinazionali gli enti locali non sono riusciti in questi anni a
incidere, a proporre un loro punto di vista, a far camminare le intese e
i programmi concordati nel tempo con la Tyssen Krupp. Poi c'è il
governo che scopre il tema del lavoro quando c'è un'emergenza, ma si
vede da lontano che quello non è il suo mondo. Non diciamo del ministro
dell'interno e della polizia Angelino Alfano o della ministra, scuola
Confindustria, Federica Guidi ma dello stesso capo del governo Matteo
Renzi, i tre personaggi in cerca di autore nella storia di questi
giorni. Si barcamenano tra la loro cultura lontana dal mondo produttivo,
dai suoi protagonisti in carne e ossa, e i doveri imposti dal loro
ruolo di governanti. Si mettono al centro cercando di "mediare tra le
parti". La mediazione è un'arte nobile ma in questa vicenda non ci sono
parti neutre. Ci sono gli interessi di una multinazionale e quelli del
nostro paese, quelli di aziende tedesche e quelli concorrenti di aziende
italiane. E poi c'è l'Europa con le sue cervellotiche regole
dell'antitrust che, anche in questa vicenda, hanno favorito gli
interessi industriali della Germania.
Intanto anche il secondo forno delle acciaierie è
rimasto solo, in attesa del proprio destino. Lui forse neppure lo sa, ma
il suo ruolo è davvero centrale per il futuro di una della più
importanti acciaierie del nostro paese. Senza la produzione del secondo
forno non si possono più produrre i grandi fucinati, altra eccellenza
ternana, e le stesse linee dei laminati a caldo e a freddo, i treni,
come li chiamano, resterebbero monche. L'acciaieria di Terni sarebbe
declassata a semplice officina, a laminatoio, finché dura e finché i
padroni del vapore non decideranno altrimenti, a Berlino o a Bruxelles.
La solitudine degli operai, ma anche la loro straordinaria risposta, ci
ha fatto però capire una cosa, in questi giorni. Come fanno i nostri
governanti a difendere gli interessi italiani senza di loro? Non si può.
Allora, facciano un gesto di umiltà piuttosto che correre da soli. Da
soli non si va da nessuna parte e non si vince mai. Neanche con i
manganelli.
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