Fiom. In piazza in solidarietà con gli operai Ast lavoratori dell’Ilva di Cornigliano, Ansaldo Energia e Sts, Selex, Piaggio Aero, Esaote, Fincantieri, oltre a delegazioni di Aster e Iren
«Questa
è la prima risposta che diamo al governo Renzi per il Jobs Act ma
anche per l’atteggiamento della polizia in piazza perché non
è accettabile che i lavoratori che difendono il loro posto di
lavoro vengano caricati». Nelle parole di Bruno Manganaro,
segretario genovese della Fiom, c’è la reazione di Genova alle
manganellate che mercoledì a Roma hanno colpito operai Ast
e dirigenti sindacali.
Quattro ore di sciopero e un grande
corteo, circa 2 mila persone, che per tutta la mattina ha
paralizzato le vie del ponente cittadino, cuore operaio della
città, raccogliendo la solidarietà e gli applausi dagli
automobilisti in coda.
«Se Renzi è di sinistra Berlusconi
è femminista» recita l’ironico striscione che ha aperto la
manifestazione, confezionato dai metalmeccanici genovesi
apposta per la manifestazione della Cgil del 25 ottobre.
Ironia e rabbia si mescolano in
piazza tra fumogeni, cori e slogan contro la Leopolda, il premier
(«Matteo non lo sa che Berlusconi è il suo papà» ma anche altri) e le
forze dell’ordine. Ma la gestione attenta da parte della Questura
genovese, che non ha fatto intravedere ai manifestanti nemmeno
l’ombra di camionette e uomini in divisa e la scelta della Fiom di non
muovere il corteo verso il palazzo del Governo ma di restare a ponente
hanno fatto sì che tutto si svolgesse senza tensioni.
Una rabbia placata, per ora,
macinando chilometri e sfogata davanti a microfoni e taccuini:
«Siamo qui per spiegare alla gente che non si possono prevaricare
i diritti dei lavoratori — spiega un operaio dell’Ilva – se questa
è la loro democrazia noi siamo pronti a rispondere». «Una cosa
abbiamo in comune con Renzi – aggiunge un collega – è partigiano
quanto noi. Lui però sta con i padroni, come ha dimostrato alla
Leopolda, noi stiamo dall’altra parte. E non siamo soli, come dimostra
il corteo di oggi».
A sfilare, oltre all’Ilva di
Cornigliano, c’erano i lavoratori di Ansaldo Energia e Sts, Selex ,
Piaggio Aero, Esaote, Fincantieri, oltre a delegazioni di Aster
e Iren. E poi c’erano i lavoratori delle riparazioni navali che sono
usciti dai cancelli del porto di Genova hanno fatto un corteo per il
centro città fin sotto alla Prefettura dove una delegazione è stata
ricevuta dal nuovo prefetto.
Per molti di quelli che oggi erano in
piazza, oltre alla solidarietà c’è la preoccupazione per il
futuro, dall’incertezza per quel che sarà dell’Ilva di Cornigliano,
agli annunciati esuberi da parte dell’ad di Finmeccanica Moretti
per Selex all’ormai quasi certo spacchettamento
e ridimensionamento di Esaote, ormai ex gioiello genovese del
settore biomedicale.
Per questo la manifestazione di ieri
è considerata da tutti solo la prima tappa di una nuova fase di
lotta. Dopo la proclamazione da parte della Fiom dello sciopero
generale per il nord Italia per il 14 novembre, con un corteo
a Milano, a Genova hanno infatti scelto per quel giorno di restare sul
territorio. La Camera del lavoro sarà in piazza con la Fiom e per
tutte le categorie ha indetto 8 ore di sciopero generale con
concentramenti e cortei che partiranno da diversi punti della
città. «I motivi della protesta — spiega il segretario genovese
della Camera del Lavoro Ivano Bosco – vanno dal rifiuto al confronto da
parte del governo con le organizzazioni sindacali sulla legge di
stabilità, ai contenuti recessivi della stessa, dalle misure
penalizzanti per gli enti locali che si tradurranno o in un
ulteriore spesa per i cittadini o in un taglio dei servizi, ai tagli
allo stato sociale fino alle norme introdotte relative al tfr e ai
fondi pensione. Non si affronta il vero problema di questo Paese –
prosegue Bosco — la creazione di posti di lavoro, il tutto si riduce
ad un intervento teso a limitare i diritti dei lavoratori».
Alla protesta del sindacato si unirà in piazza anche quella degli studenti che hanno indetto per venerdì 14 uno «sciopero sociale» contro il Jobs Act.
KATIA BONCHIda il manifesto
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