sabato 3 ottobre 2015

Instabilità emergente di Marco Bertorello

instabilitamercato
Non si tratta di vedere sem­pre il bic­chiere mezzo vuoto o, peg­gio, di pro­vare un indi­ci­bile fasti­dio per quella che sarebbe la ripresa in corso, mini­miz­zan­done i risul­tati, ma di pro­vare a inqua­drare quelli che sono segnali in con­tro­ten­denza con i per­du­ranti segnali nega­tivi. O meglio di regi­strare la cre­scita Usa, quella ine­dita ita­liana, i vari indici che misu­rano il buon umore degli ope­ra­tori eco­no­mici, insieme ad altri dati altret­tanto signi­fi­ca­tivi che vanno in dire­zione contraria.
Solo negli ultimi due mesi sono emersi diversi pro­blemi inter­con­nessi tra loro e che non vanno sot­to­va­lu­tati. Il primo aspetto macro­sco­pico è il ral­len­ta­mento o la crisi dei paesi emer­genti. La Cina ha ridotto i suoi ritmi di cre­scita, le pre­vi­sioni del cen­tro sta­ti­stico nazio­nale par­lano di una cre­scita nel 2015 che potrebbe giun­gere al 6.5%, ma c’è chi fa pre­vi­sioni su una cre­scita reale intorno al 4%. La Cina corre su un cri­nale fatto di bolle e debiti. Il suo ral­len­ta­mento ha pro­dotto una ridu­zione della domanda glo­bale di mate­rie prime con rica­dute in diversi paesi. Tra que­sti il Bra­sile è il più col­pito, entrato in un vor­tice di reces­sione, declas­sa­mento del debito, poli­ti­che di auste­rità, molto simile a quelli di stampo europeo.
Nel frat­tempo nel Vec­chio con­ti­nente è esploso il caso Volk­swa­gen, uno scan­dalo nel com­parto che aveva fatto da traino dell’esile ripresa in Ita­lia e per­sino in Ger­ma­nia. Non a caso le ban­che cen­trali di que­sti paesi stanno lan­ciando l’allarme sulle impre­ve­di­bili riper­cus­sioni non solo per il set­tore auto, ma più in gene­rale sulle aspet­ta­tive di inve­sti­tori e con­su­ma­tori. La Bce ha tolto i titoli della casa di Wol­fsburg dal paniere di quelli che rien­trano nel pro­gramma di quan­ti­ta­tive easing. Pro­gramma di cui è stato annun­ciato dalla Bce un pos­si­bile amplia­mento con moda­lità da defi­nire: allun­ga­mento tem­po­rale oppure aumento degli acqui­sti. In entrambi i casi c’è da con­si­de­rare che il mese di ago­sto ha fatto regi­strare una prima bat­tuta d’arresto, dato che non è stato rag­giunto l’obiettivo dei 60 miliardi di acqui­sto di titoli, atte­stan­dosi invece poco sopra i 51. Nes­suno dram­ma­tizza, ma la Bce ha già defi­nito un allar­ga­mento del campo degli asset acqui­sta­bili, poi­ché il pro­gramma per ora resta troppo sbi­lan­ciato su titoli dei paesi principali.
Intanto il cam­pione delle poli­ti­che mone­ta­rie espan­sive, il Giap­pone, regi­stra in que­sti giorni un ritorno alla defla­zione (l’indice dei prezzi scende a –0.1%). Dopo un secondo tri­me­stre con una cre­scita nega­tiva del Pil pari a –1.6%, rischia ora di piom­bare nuo­va­mente in reces­sione.
Com­ples­si­va­mente il qua­dro non è ras­si­cu­rante, anche se non sem­brano die­tro l’angolo nuovi ver­ti­cali disa­stri finan­ziari. L’eccessivo affi­da­mento alle ban­che cen­trali inco­min­cia a mostrare la corda, almeno dal punto di vista della sta­bi­liz­za­zione dei mec­ca­ni­smi di fun­zio­na­mento del mer­cato, lasciando tutti gli attori orfani di poten­ziali inter­venti tau­ma­tur­gici. Siamo piut­to­sto di fronte a una fase, non si sa per quanto lunga, fatta di cro­ni­che e desta­bi­liz­zanti incer­tezze. Alcuni con­ser­va­tori ame­ri­cani, e ormai non solo loro, la defi­ni­scono la «nuova nor­ma­lità» a cui dovremmo abi­tuarci. Il sistema d’altronde non rea­gi­sce, l’economia reale con­ti­nua ad anna­spare, sem­pre più assor­bita nelle logi­che finan­zia­rie con rischio bolle e debiti. Que­sta insta­bi­lità sem­bra auto-alimentarsi, comin­ciando a rim­bal­zare da una lati­tu­dine all’altra con esiti impre­ve­di­bili. Dai tempi della con­tro­ri­vo­lu­zione neo­li­be­ri­sta in Occi­dente le dina­mi­che glo­bali sono state pagate da lavoro e classi popo­lari. La cre­scita, almeno in parte, si era river­sata sugli emer­genti. Oggi anche loro sem­brano navi­gare in mari meno sicuri e la loro ascesa forse deve fare i conti con una «nuova nor­ma­lità» che ha ini­ziato a bus­sare alla porta.

Nessun commento: