L’idea di Emma Marcegaglia che il sindacato protegga “assenteisti
cronici, ladri e quelli che non fanno il loro lavoro” è opinabile,
sicuramente offensiva ma abbastanza generica da risultare legittima. È sul piano della logica che la presidente della Confindustria delude. Le leggi che consentono all’azienda di famiglia di prosperare da decenni non vietano di licenziare ladri e assenteisti cronici.
Alle volte l’applicazione delle leggi è imperfetta: per esempio sarebbe
vietato agli operai di morire dentro gli stabilimenti siderurgici di
casa Marcegaglia, però ogni tanto, purtroppo accade.
Ma alla signora Marcegaglia piace la scorciatoia decisionista. Il garantismo vale solo per i suoi amici imprenditori e manager che anche se condannati in tribunale (ladri veri, con tanto ti timbro giudiziario) se la cavano con il solito “sono certo che l’appello ribalterà il verdetto”. Per gli operai invece deve valere la giustizia sommaria del padrone: senza l’articolo 18 sarà l’imprenditore, a suo insindacabile giudizio, a decidere chi è ladro e chi no. A che servono i giudici?
Ma alla signora Marcegaglia piace la scorciatoia decisionista. Il garantismo vale solo per i suoi amici imprenditori e manager che anche se condannati in tribunale (ladri veri, con tanto ti timbro giudiziario) se la cavano con il solito “sono certo che l’appello ribalterà il verdetto”. Per gli operai invece deve valere la giustizia sommaria del padrone: senza l’articolo 18 sarà l’imprenditore, a suo insindacabile giudizio, a decidere chi è ladro e chi no. A che servono i giudici?
Per esempio, alla Marcegaglia spa sarà
l’amministratore delegato Antonio Marcegaglia, fratello di Emma, a
decidere chi ha la moralità giusta per lavorare e chi no.
Ma se questo sistema rapido voluto dalla presidenza della Confindustria fosse stato già in vigore quattro anni fa, chi avrebbe giudicato Antonio Marcegaglia? Sì, perché il 28 marzo 2008 l’imprenditore mantovano ha patteggiato undici mesi di reclusione (pena sospesa) per corruzione: ha ammesso di aver pagato una tangente a un manager della società pubblica Enipower per aggiudicarsi un’ambita commessa. Fermo restando che una simile impresa sarebbe stata sanzionabile con il licenziamento anche in vigenza dell’articolo 18, il precedente illumina la filosofia di casa Marcegaglia: l’imprenditore è signore e padrone della vita dei suoi dipendenti, li assume, li giudica e li licenzia. Ma nessuno può giudicare loro, i padroni, che fanno tutto da soli: delinquono, confessano, patteggiano e si perdonano. E neppure vengono cacciati dalla Confindustria.
Ma se questo sistema rapido voluto dalla presidenza della Confindustria fosse stato già in vigore quattro anni fa, chi avrebbe giudicato Antonio Marcegaglia? Sì, perché il 28 marzo 2008 l’imprenditore mantovano ha patteggiato undici mesi di reclusione (pena sospesa) per corruzione: ha ammesso di aver pagato una tangente a un manager della società pubblica Enipower per aggiudicarsi un’ambita commessa. Fermo restando che una simile impresa sarebbe stata sanzionabile con il licenziamento anche in vigenza dell’articolo 18, il precedente illumina la filosofia di casa Marcegaglia: l’imprenditore è signore e padrone della vita dei suoi dipendenti, li assume, li giudica e li licenzia. Ma nessuno può giudicare loro, i padroni, che fanno tutto da soli: delinquono, confessano, patteggiano e si perdonano. E neppure vengono cacciati dalla Confindustria.
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