sabato 25 febbraio 2012

USA-Italia, sistemi fiscali a confronto: vincono sempre i ricchi - di Stefano Rizzo, www.aprileonline.info


 






 Ci sono paesi dove le tasse si evadono e paesi dove le tasse non si pagano - semplicemente perché non ci sono. Lascio a voi pensare quali paesi appartengono alla prima categoria. Quanto alla seconda, i primi della lista (almeno tra le economie occidentali) sono gli Stati Uniti

Nel corso delle primarie repubblicane il milionario e candidato Mitt Romney, dopo lunghe reticenze, ha dovuto rendere pubblica la propria dichiarazione dei redditi: dalla quale emerge che su un reddito complessivo di 21,7 milioni di dollari nel 2010 ha pagato il 13,9 per cento di tasse. E non è il solo (naturalmente), ma neppure il più privilegiato.
Da un recente studio del "New York Times" emerge che dei 400 americani più ricchi (con un reddito medio di 270 milioni), 30 (i più ricchi) pagano appena il 10 per cento di tasse e il resto in media il 15 per cento.
Sulla carta il livello del prelievo fiscale americano non sarebbe scandalosamente basso, seppure molto inferiore a quello europeo. E' vero che lo scaglione più alto a livello federale è di "solo" il 35 per cento, ma a questo bisogna aggiungere il prelievo a livello statale (in media il 6 per cento) più un altro prelievo sulla busta paga per l'assistenza sociale di circa il 7 per cento, più naturalmente le altre tasse sulle proprietà e sulle vendite (sales tax) e la distinta tassazione sulle imprese. Questo sulla carta, perché di fatto la pressione fiscale del governo federale come percentuale del PIL non arriva al 15 per cento, il livello più basso da 60 anni a questa parte. Aggiungendo a questa percentuale tutte le altre tasse, statali e locali, si arriva a circa il 28 percento del PIL. Poca cosa rispetto alla maggior parte dei paesi europei, dove la media della pressione fiscale supera il 40 per cento del PIL.
Tuttavia, se si tenesse conto dell'evasione fiscale (che negli Stati Uniti è stimata a circa il 9 per cento, mentre in Italia è almeno quattro volte superiore), si scoprirebbe che il carico fiscale per abitante in America è di poco inferiore a quello in Italia! La pressione fiscale negli Stati Uniti è di circa 13.500 dollari a persona, mentre in Italia è di 15.500 dollari a persona dal momento che con una popolazione cinque volte quella italiana gli USA hanno un PIL sette volte superiore, ma se gli italiani evadessero il fisco al livello degli americani il divario di pressione fiscale pro capite -- ad aliquote invariate -- si ridurrebbe a meno del 10 per cento. Il che è un altro modo per dire che se in Italia si riducesse l'enorme evasione fiscale tutti potrebbero pagare meno tasse.
Il vero problema del sistema fiscale americano è che la stragrande maggioranza del prelievo si applica al reddito da lavoro (dipendente e autonomo - quello che viene chiamato "earned income", reddito guadagnato) e solo in minima parte agli altri redditi - capital gains, interessi, dividendi. Qui le cose vanno molto meglio per i ricchi e i superricchi. I quali traggono dal loro lavoro sotto forma di stipendi o consulenze solo una piccola percentuale del reddito (il 9 per cento), mentre il grosso è costituito da rendite finanziarie e da capitale, tassate rispettivamente al 4 e 17 per cento. Il risultato è che a pagare il grosso delle tasse sono i lavoratori dipendenti del ceto medio (i poveri e poverissimi sono per lo più esenti). Ma non va benissimo neppure per i benestanti che guadagnano parecchio con il loro lavoro (tra 250.000 e 500.000 dollari), dal momento che con il loro 20 per cento di dichiarazioni dei redditi costituiscono il 40 per cento di tutte le entrate fiscali.
Mancando all'appello (o presenti con una tassazione risibile) i redditi finanziari, la conseguenza è che non ci sono abbastanza soldi per le scuole, per i servizi sociali, per la sanità, che stati e governo federale sono costretti a tagliare licenziando il personale addetto. Per cui quegli stessi titolari di redditi medi, pur pagando relativamente poco al fisco, sono costretti a comprarsi sul mercato quelle cose che lo stato non è in grado di fornire: assistenza sanitaria, tasse universitarie, scuole decenti (per cui iscrivono i figli a costose scuole private). Quanto ai poveri e poverissimi, l'assistenza sociale li fa sopravvivere ... in un campo di container o in un ricovero pubblico.
E' bene ricordare che non è sempre stato così. Il codice fiscale federale del 1954 prevedeva una tassazione progressiva su tutti i redditi con scaglioni che arrivavano fino al 91 per cento per quelli al di sopra di 3.750.000 dollari (in valore attuale). E' così che gli Stati Uniti nel dopoguerra poterono finanziare un'imponente programma di investimenti nelle infrastrutture, nei servizi sociali e di aiuti all'istruzione superiore - creando un sistema di welfare paragonabile a quello che in quegli stessi anni si veniva costruendo in Europa. Ma questa "scandalosa" situazione di relativa (o tendenziale) equità non poteva durare: iniziò così a partire dalla fine degli anni '60 una martellante campagna per la riduzione delle tasse, naturalmente a favore dei più ricchi, che dopo qualche decennio ha portato alla situazione attuale nella quale l'aliquota più alta è stata ridotta dal 91 al 35 per cento per tutti i redditi superiori a 375.000 dollari.
Se a ciò si aggiunge che tre quarti e più del reddito dei molto ricchi è tassato a livelli risibili, si arriva al paradosso per cui "la segretaria di Warren Buffett paga più tasse (in percentuale) del suo datore di lavoro": lei complessivamente il 37 per cento, lui appena il 13. Da noi può succedere che l'impiegata della gioielleria guadagni più del gioielliere, che l'operaio della piccola impresa guadagni più del padrone, che l'insegnante di scuola guadagni molto più dell'avvocato, del medico e del notaio. E' diverso: qui in Italia si tratta di evasione illegale, negli Stati Uniti di evasione legalizzata. Ma a ben pensarci, è la stessa cosa.

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