“Si deve dire che chi guadagna e paga le tasse non è un peccatore, e
va guardato con benevolenza, non con invidia”. Ce lo chiede la ministra
Severino, che col suo reddito da sette milioni di euro l’anno è la più
ricca fra i ministri ‘tecnici’ ricchi come cresi, con poche eccezioni.
La coda di paglia (rivelata dal lapsus “peccatore”) le ispira l’ennesima
gaffe governativa. Ci chiede di guardare
con benevolenza alle sue entrate scandalose, dopo che i rappresentanti
del governo ci avevano ammoniti ripetutamente per il nostro stile di
vita non abbastanza francescano e, in sostanza, per il nostro
parassitismo sociale: noi pigramente “fermi al posto fisso nella stessa
città di fianco a mamma e papà” (Cancellieri); noi che finora
abbiamo vivacchiato grazie a una società “troppo generosa, troppo buona
verso i deboli” (Monti); noi che siamo stati beneficiati da governi che
hanno “profuso troppo buonismo sociale” (ancora Monti).
Ora, la ministra della Giustizia ci chiede, pensate un po’, un atto
di ‘buonismo’: siate indulgenti, ci esorta, guardate con benevolenza
alla nostra agiatezza un tantino eccessiva, mentre noi vi svuotiamo le
tasche, vi confischiamo diritti e garanzie sociali, vi consegniamo,
nudi, alla giungla del mercato e alla lotta per la sopravvivenza.
C’è chi eccepisce: ma il loro benessere è normalmente conforme al
loro ruolo di tecnici di ‘alto rango’! L’obiezione sarebbe ragionevole
se in Italia non vi fosse una schiera di tecnici, studiosi, ricercatori,
intellettuali, in alcuni casi ben più colti ed esperti dei ‘professori’
di governo. Ebbene molti di loro, dipendenti da amministrazioni
pubbliche (l’università, per esempio), non solo pagano le tasse al pari
dei ministri, ma, per rispetto della regola dell’incompatibilità con
altri incarichi, vivono del solo stipendio. Quindi hanno redditi lordi
pari a meno dell’uno per cento (avete capito bene) di quello
della ministra Severino. Che vorremmo implorare d’essere, lei,
benevolente: si soffermi a meditare, qualche volta, sul fatto che tanti
geniali lavoratori della conoscenza – quelli ‘strutturati’, come si
dice, per non parlare dei precari! – percepiscono stipendi mensili
corrispondenti alla somma che lei, probabilmente, spende per acquistare
un abito degno della ‘sobrietà’ governativa.
Non è, la nostra, un’ennesima, ambigua invettiva contro ‘la casta’;
neppure è ciò che si stigmatizza con la formula superficiale di
‘antipolitica’: i nostri cresi, del resto, non rappresentano la
Politica, bensì un comitato d’affari della borghesia insediato a Palazzo
Chigi. E’, invece, una ‘sobria’ considerazione dello stato attuale
delle relazioni di classe. Certo, da lungo tempo non è una novità che a
‘rappresentarci’ siano governi che riflettono gli interessi delle classi
dominanti. Ma quel che risulta intollerabile è che i membri del governo
Monti coniughino la spietatezza liberista con una pretesa pedagogica:
“Spero di cambiare il modo di vivere degli italiani”, ha candidamente
dichiarato Monti nella recente intervista al Time, poiché “la
vita politica quotidiana li ha diseducati”, privandoli del senso della
“meritocrazia e concorrenza”. Insomma, il comitato d’affari della
borghesia non si accontenta di svolgere il ruolo di portavoce della Bce e
di ben più elevati vertici economico-finanziari. Pretende di svolgere
una missione educativa, di plasmare la società e i cittadini secondo i
precetti morali della bibbia neoliberista.
Siamo tentati di assumere anche noi una missione educativa, invitando
i signori ministri ad adeguarsi a precetti di austerità e altruismo,
consoni alla grave crisi economico-finanziaria del Paese. Che
elargiscano una piccola parte delle loro copiose sostanze per
sovvenzionare i tanti gruppi di lavoratori licenziati che stanno
lottando per il diritto al lavoro e quelli che sempre più spesso, per
disperata protesta, saliranno su torri e impalcature. Che ne offrano
qualche esigua frazione alle Ong che difendono i diritti dei migranti,
così che queste, a loro volta, li aiutino a pagare l’odioso balzello
aggiuntivo, di duecento euro, necessario per ottenere e rinnovare i
permessi di soggiorno. Che riservino qualche spicciolo per allestire
alloggi dignitosi per la moltitudine di homeless che la loro gestione
della crisi va producendo.
Oppure, più modestamente, che destinino una piccola percentuale del
loro reddito mostruoso per sottoscrivere in favore della sopravvivenza
di giornali moribondi – anche per colpa del governo ‘tecnico’ – quali il manifesto e Liberazione.
Almeno si laverebbero la coscienza per un po’ e così forse il loro
subconscio non si ribellerebbe tanto spesso con lapsus e gaffe
madornali. Sarebbe anche una bella opportunità per mostrarsi fedeli al
loro credo liberal-liberista: il pluralismo dell’informazione non è
forse uno dei valori-cardine del pensiero liberale, oltre che della
Costituzione?
http://blog-micromega.blogautore.espresso.repubblica.it
Nessun commento:
Posta un commento