Le cariche della polizia, sabato sera, alla stazione di Torino, sono una prova. Non un semplice indizio.
Partiamo dai fatti. La versione di polizia e media mainstream non sta in piedi né dal punto di vista fattuale né da quello logico. Vediamo cosa scrive il Corriere della sera (che come gli altri riporta i lanci di agenzia, con il più banale dei copia-e-incolla, ma con tanta “professionalità”).
Un gruppo di
manifestanti ha occupato la stazione di Porta nuova a Torino. Tutto è
iniziato quando un gruppo di 300 persone arrivate alla stazione di
Torino dalla val di Susa dopo il corteo è stato fermato da alcuni
addetti del personale ferroviario. A quel punto, siccome molti erano
sprovvisti del biglietto, è intervenuta la polizia ed è iniziato una
lancio di pietre e petardi contro gli agenti. Gli agenti hanno respinto
il gruppo con delle cariche di alleggerimento. Un poliziotto è rimasto
ferito ad un occhio e, secondo fonti della questura, sarebbe partita una
sassaiola contro l'autombulanza.
'Mmazza che criminali nati, 'sti No Tav venuti da fuori: tirano pietre pure sulla Croce Rossa. Repubblica ci
aggiunge una connotazione praticamente vaga, ma mediaticamente
arcinota: “antagonisti”. Così tutti “capiscono”, anche se non sanno
nulla.
Non è andata così e ci sono decine di
testimonianze di viaggiatori casuali o manifestanti, a partire da quella
di Giorgio Cremaschi, che dicono l'esatto opposto: cariche a freddo
contro chi stava ripartendo da Torino, dopo esser venuto via dalla Val
Susa.
Ma anche dal punto di vista logico, si
diceva, questo raccontino di questura fa acqua da tutte le parti. Com'è
noto, in Italia il controllo dei biglietti viene fatto dal personale
ferroviario a treno in marcia. Chiunque di noi, nella vita, ha
accompagnato una vecchia zia o una nonna fin dentro lo scompartimento,
ha sistemato le valige, salutato la vecchietta e poi è sceso dal treno
prima della partenza. E nessuno, giustamente, gli ha mai chiesto se
avesse o no il biglietto. Succede solo sui vagoni letto, per ovvie
ragioni; ma questi sono stati quasi aboliti fa Fs, per cui...
Invece, secondo la questura, sabato a
Torino i ferrovieri si sarebbero trasformati in “controllori preventivi”
nei confronti di tutti quelli che entravano in stazione. Magari
puntando su quelli che ancora si portavano dietro una bandiera No Tav.
Ferrovieri davvero strani, non trovate? Somigliano più ai finanzieri
spediti nei bar di Cortina a caccia di scontrini. A quel punto i buoni
agenti di polizia avrebbero “supportato” i fedeli dipendenti di Mauro
Moretti, ricevendo però sassate e – si suppone – insulti. Le pietro
contro l'ambulanza sono la ciliegina sulla torta, l'esagerazione dello
scribacchino che smonta anche la già quasi nulla credibilità della
velina passata alle agenzie. E forse il fatto che a capo della PolFer di
Torino ci sia l'ineffabile dr. Spartaco Mortola, protagonista di Genova
2001, scuola Diaz compresa, spiega più di qualcosa.
La verità è che si veniva da una
settimana di “allarmi” pompati a bella posta. Col capo della polizia,
Manganelli, chiamato a spiegare alle Camere che ci sono orde di
“anarcoinsurrezionalisti”, che sono anche “pronti ad uccidere” e che -
“naturalmente” - si stanno “addestrando nella Val Susa”. I
media non si sono fatti domande neppure a se stessi (il mestiere
consisterebbe nel farle anche ad altri, persino o in primo luogo alle
autorità) e hanno gonfiato la tesi, condendola con altri elementi di
colore. Fino a rivelare quel che ognuno potrebbe sapere già da solo: che
in ogni movimento vengono infiltrati dalle varie polizie spie e
provocatori, gente che deve schedare dall'interno i partecipanti al
movimento (definendo meglio i ruoli, permettendo di distinguere
organizzatori, partecipanti, simpatizzanti e via database-ando) e che
magari deve provocare incidenti fuori luogo, non condivisi e non
necessari, dove e quando serve al potere. È la normale distinzione tra
legittima resistenza” e “provocazione poliziesca”. Indimenticabili, in
questo senso, i “black bloc” che a Genova 2001 – ma anche in Valle, ci
sono le foto – si prendono una birra con glia genti in divisa.
Hanno
anche spiegato che ci sono “protagonisti” che in realtà fanno gli
informatori per i servizi. Neanche questo è un segreto. Gli esseri umani
hanno tante debolezze e prima o poi c'è qualcuno che pensa di poterle
sfruttare. A volte ci riesce. In ogni movimento, se c'è memoria storica,
si diffida un po' di chi vive sopra le righe, di chi ha vizi costosi e
un reddito ufficiale scarso. “Pippare” coca a fiumi, per fare giusto un
esempio, mal si concilia con i lavoretti precari, se non c'è una
famiglia molto benestante alle spalle. Spesso, perciò, si finisce per
fare gli spacciatori oppure gli informatori. Perché ogni merce ha un
costo e richiede un certo reddito, non si scappa.
Ma
questo si sa. Magari non si conoscono tutti i nomi, ma si sa. Sbattere
queste cose, in certi modi, sui media principali serve a costruire una
gabbia “culturale” utile a scoraggiare la partecipazione ai movimenti,
alle manifestazioni, alla “resistenza”. Serve a infondere diffidenza,
paura, scoraggiamento. E a preparare il grande assalto affidato alle
“forze dell'ordine”.
L'intelligenza
del popolo della Val Susa, sabato, ha mandato a vuoto tutto il
marchingegno montato in vista della manifestazione. La frustrazione
degli “strateghi” del Palazzo deve esser stata grande. E le cariche a
Porta Nuova un debole surrogato. Avevano deciso che ci sarebbero stati
scontri, si sono dovuti accontentare degli scontrini...
A Porta Nuova un film già visto. Regia di Spartaco Mortola
di Redazione Contropiano
Prima Caselli, poi Manganelli, poi Spartaco Mortola.
Cariche a freddo e versioni di comodo. Una trappola a fine giornata per
poter di nuovo associare la lotta dei No Tav alla violenza e al
pericolo. Un film già visto...
Come abbiamo già scritto ieri quella alla stazione di
Torino Porta Nuova contro i No Tav che tornavano verso Milano, Roma e
Genova dopo la grande manifestazione in Valsusa è stata una provocazione
bella e buona. Una provocazione studiata, concertata, preparata a
dovere. Non si tratta di complottiamo. Basta leggere i ‘segnali’
lanciati a reti e quotidiani unificati nei giorni scorsi. Prima il
procuratore di Torini Caselli – mandante della retata contro i No Tav in
tutta Italia del 26 gennaio - che afferma di sentirsi minacciato, dà
degli antidemocratici e addirittura dei camorristi a chi lo contesta.
Poi la sfilza di dichiarazioni e prese di posizione a difesa del
Procuratore, che ne adottano la stessa chiave di lettura: essendo un
magistrato Caselli non può essere contestato, chi lo fa è un
intollerante, un fascista, un antidemocratico. Anzi è un violento, un
criminale. Brillano nella solerzia di tali dichiarazioni i dirigenti
locali e nazionali del PD e le organizzazioni collaterali a questo
partito: Legambiente, Anpi ecc.
Ma ancora non basta. Occorre mandare un segnale ancora più forte, più
esplicito a quel popolo No Tav e a tutti quei movimenti sociali e
popolari che in Italia resistono e si oppongono al regime
bancariol-bocconiano di Monti e agli interessi trasversali dei poteri
forti. E così il capo della Polizia Manganelli rispolvera il sempre
utile spauracchio degli ‘anarchici’. Afferma, senza che giornalisti e
politici gli chiedano di mostrare pezze d’appoggio di nessun tipo al suo
allarme – che “gli anarchici hanno fatto il salto e sono pronti ad
uccidere”. Dove? Ma naturalmente in Valsusa!
Ma non basta ancora. Perché ieri da Bussoleno a Susa hanno sfilato
decine e decine di migliaia di persone provenienti da tutta Italia, e
non solo dall’odiata e appetitosa valle piemontese. Uno dei cortei più
affollati che in Italia si ricordi contro l’alta velocità e l’alta
voracità delle coop bianche e ‘rosse’. L’intelligenza degli
organizzatori e dei partecipanti smonta i progetti di chi voleva
trasformare la giornata in una battaglia campale. Il corteo sfila
determinato ma tranquillo, e tutto fila liscio. I telegiornali e i
lettissimi siti web dei grandi quotidiani nazionali e locali non possono
far altro che titolare sul carattere pacifico della manifestazione in
Valsusa, e di raccontarne i contenuti in mancanza di botte, cariche,
petardi. E quindi qualcuno, dentro gli apparati di sicurezza di questo
paese, pensa di far scattarte un ‘piano B’ che evidentemente era stato
già pensato e approntato.
Stanchi ma entusiasti per la riuscita della manifestazione, centinaia
di manifestanti prendono i treni della Valsusa per raggiungere Torino, e
da lì ripartire verso Milano, Roma, Genova, Firenze. Ma quando arrivano
a Porta Nuova trovano la stazione letteralmente occupata da uno
schieramento incredibile di poliziotti e carabinieri in versione
‘robocop’. Qualcuno comincia a chiedersi il perché di tanta
militarizzazione a giornata di fatto conclusa. Tra i manifestanti ci
sono sì gli ‘antagonisti’, gli ‘anarchici’, ‘gli squatter’ (ma i
giornalisti che usano queste etichette ne conosceranno almeno il
significato?). Ma ci sono anche famiglie, manifestanti non più
giovincelli e non necessariamente vicini – politicamente e
anagraficamente – ai centri sociali o ai collettivi universitari. E’ una
delle caratteristiche fondamentali del popolo No Tav, che dopo 20 anni
di lotta non ha gettato la spugna e anzi cresce e si rafforza.
Ma il clima a Porta Nuova si fa subito pesante: quando stretti sulle
banchine dei binari i manifestanti si incolonnano per salire sui treni
per Milano o per Genova a sbarrargli la strada trovano i celerini in
assetto antisommossa. Diretti, raccontano i testimoni, dai funzionari
della Polizia Ferroviaria. E chi è a dirigerela PoliziaFerroviariadi
Torino? Un certo Spartaco Mortola. Vi ricordate chi è Spartaco Mortola?
Lo stesso che capitanò le Forze dell'Ordine nel febbraio2010
inValsusa, con i manifestanti presi a bastonate e rincorsi fin nei
boschi. Ma soprattutto Mortola è l’ex capo della Digos di Genova ai
tempi della macelleria messicana contro i manifestanti inermi nel 2001.
Assolto a novembre in Cassazione per i fatti di Genova «perché il fatto
non sussiste» (le prove false, le molotov, erano nel frattempo sparite)
e assolto anche dall’accusa di aver istigato alla falsa testimonianza
l´ex questore di Genova Francesco Colucci durante il processo per
l´irruzione della polizia nella scuola Diaz al G8 del luglio 2001.
Un regista niente male per un film già visto. I manifestanti si
avviano a salire sul loro treno ma scoprono che il biglietto cumulativo
che avevano concordato con le ferrovie valeva solo per l’andata, ma non
per il ritorno. Raccontano i testimoni sul sito NoTav.info: “Mentre era
appena iniziata la trattativa per stabilire il costo del biglietto
collettivo,la Poliziaha caricato violentemente i No Tav fermi al
binario20 inattesa del loro treno. Non contenti, a trattativa finita e a
prezzo concordato, hanno effettuato un’altra carica a freddo, prendendo
alle spalle i NoTav che erano stati appena fatti passare a seguito
della trattativa. Sono stati lanciati lacrimogeni addirittura dentro i
vagoni dei treni: una vera e propria azione punitiva!”
Ancora: “Hanno cercato lo scontro in ogni modo, ad esempio spostando
il treno sul binario 20, che è l'ultimo e di fianco ha l'edificio della
Stazione, in modo che nessuno potesse scappare lateralmente e poterci
schiacciare anche verso il muro. Sappi che ad un agente è scoppiato un
lacrimogeno in mano ed è stato portato via, sicuramente intossicato.
Sappi inoltre che il CS intanto si infilava pericolosamente nelle
carrozze e che i poliziotti sono entrati a manganellare anche dentro
alcuni corridoi. Hanno anche pestato due ragazze (all'apparenza
minorenni) sedute accanto a noi. Lungo il muro dell'edificio, dove si
trovano gli uffici del personale Trenitalia si trovavano anche transenne
ammucchiate che hanno reso pericolosissima la fuga dei manifestanti
rincorsi dai poliziotti”.
Quando tutto finisce le forze dell’ordine si affrettano a pulire la
stazione e a far sparire le bende e i fazzoletti intrisi del sangue dei
manifestanti sparsi sul pavimento. Intanto le agenzie di stampa
cominciano a battere la notizia, naturalmente ripresa dai quotidiani,
che tutto è cominciato quando contro i poliziotti che ‘affiancavano’ il
personale di stazione nel controllo dei biglietti degli ‘anarchici’ sono
stati lanciati sassi e petardi. In effetti qualche sasso è stato
lanciato contro i celerini bardati con caschi, scudi e tute spesse
cinque centimetri… Il brecciolino raccolto sui binari della stazione da
qualche manifestante pestato durante la prima carica. Nei lanci di
agenzia i lacrimogeni non ci sono, anzi viene riportata la smentita
della Questura: “mai usati lacrimogeni a Porta Nuova”.
E comunque il risultato scientificamente ricercato è stato raggiunto:
i titoli parlano di scontri, di ‘anarcoinsurrezionalisti’ e ‘autonomi’.
Come da copione il popolo No Tav è di nuovo associato alla violenza, al
pericolo.
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