Il Gruppo Espresso paga pochi spicci a pezzo e
con un ritardo di sei-sette mesi, è l'asso pigliatutto dei contributi
indiretti ma il suo presidente chiede di tagliare i fondi ai giornali di
partito
Lectio magistralis palermitana per Carlo De Benedetti
che chiede cortesemente al governo techno di tagliare i fondi ai
giornali di partito. Non senza eleganza macabra il multimiliardario
presidente del gruppo Espresso ha detto: «Per favore, togliamo i
finanziamenti all'editoria laddove l'editoria non sta in piedi da sola.
Non si tengono in piedi i morti, perchè c'è puzza di cadavere». Gli unici morti veri, però, sono quelli causati dal “suo" carbone a Savona. Una vicenda raccontata a suo tempo da Liberazione. E questo spiegherebbe il suo odio contro i giornali di partito. «Guardiamo
ai giornali di oggi e agli abusi che vengono fatti, che sono stati
fatti e che continuano a essere fatti - prosegue De Benedetti -
Bisognerebbe togliere tutti i finanziamenti pubblici che poi finiscono
normalmente in violazione delle leggi, in furti e abusi». Per De Benedetti «deve
essere lasciato campo libero all'editoria sana» e «quella dei partiti
se la paghino i partiti. Se hanno già i rimborsi elettorali non si
caposce perchè noi contribuenti dobbiamo pagare i giornali di partiti.
Se li paghino loro e cerchiamo di essere seri».
Il noto plutocrate, tessera n.ro 1 del Pd finge di non sapere che a
restare a secco sarebbero solo i partiti di sinistra, quelli che non
possono godere del finanziamento più o meno occulto di gruppi
industriali. Come il suo. E, a proposito di editoria «sana» De Benedetti
non dice che i profitti del gruppo sono in salvo anche perché i precari
che fanno la fila per scrivere sulle sue gazzette vengono pagati pochi
spicci, parliamo di una manciata di euro a pezzo elargita con sei sette
mesi di ritardo. Esempi: in Sardegna, il “sano" plutocrate paga 10 euro lordi per i pezzi più lunghi di 42 righe, 6,50 euro lordi
sotto quella dimensione. Le brevi valgono 2,50 euro lordi. E le tariffe
per i nuovi collaboratori sono addirittura più basse. Come a Ferrara
dove dall'eurino lordo per le brevi si arriva alla vertiginosa cifra di 4 euro da 1600 battute in su.
A Repubblica Roma un co.co.co prende in media perfino 5mila euro l'anno
lordi, tutto il giorno in strada a cercare notizie e in balia dei
capricci dei capi.
Il principale settimanale di inchiesta,, naturalmente, è il suo. Di
recente ha dedicato un box alle "Sante Gazzette" facendo il conto dei
contributi all'editoria destinati ad Avvenire, a Famiglia Cristiana e
ai settimanali diocesani, evitando accuratamente di entrare nel merito
della legge del 1990 che stabilisce i contributi all'editoria, in linea
con l'articolo 21 della Carta. Il pluralismo informativo è solo uno
slogan per operazioni di marketing. E Napolitano,
osannato dal Gruppo nel discutibile ruolo di regista del governo
"techno", viene quasi ignorato quando si preoccupa per il destino
dell'informazione e domanda al governo di rivedere i tagli.
Viene da
chiedersi se per le copie spedite via Poste italiane
fino al 31 marzo 2010 l'editore di quel settimanale abbia pagato la
tariffa riservata ai periodici oppure l'intero importo ordinario. Nel
primo caso è bene ricordare che lo Stato ha integrato per anni, con
soldi dei cittadini, la differenza fra le due tariffe, anche per le
"travagliate" spedizioni di un quotidiano che si vanta di campare bene
senza soldi pubblici. Si chiamano contributi indiretti, ma sempre
contributi statali sono. E sono la voce principale di spesa pubblica
nelle faccende legate all'editoria. In cima alla lista dei beneficiari
nomi eccellenti: Sole24ore, ossia Confindustria, La Stampa della Fiat, Mondadori di Berlusconi, il Corsera di Rcs e, naturalmente, il gruppo Espresso
che, con i suoi canali nazionali, ha anche preso parte alla spartizione
del digitale terrestre. I contributi indiretti sono di tre tipi. Le
agevolazioni postali sono state la prima voce, basti pensare al volume
di copie spedite dai colossi del settore. Certo, in questo momento sono
state sospese col celebre pesce d'aprile dell'indimenticabile ministro
Romano che, il primo di aprile aboliva ogni sorta di agevolazione che lo
stato avrebbe pagato. A farne le spese però furono le onlus, un vero
scandalo, che potevano contare su tariffe molto scontate per il proprio
materiale associativo. Resta, per almeno una decina d'anni - secondo gli
addetti ai lavori - la coda avvelenata del debito dello stato con le
poste ormai privatizzate che premono per rientrare di quei soldi. Sul
conto la cifra di 50 milioni l'anno di debito consolidato. Per tutto il
2011 ha funzionato un tavolo tra le poste e il Dipartimento per
l'editoria finché non sono state trovate tariffe per la platea di
soggetti.
Il secondo tipo di contributo indiretto sono le agevolazioni telefoniche che abbattono del 50% degli editori. Si pensi al traffico telefonico dei colossi del settore. E poi c'è il credito di imposta sull'acquisto della carta, ossia il 10% di sconto su oneri fiscali e previdenziali, per un totale di 30 milioni. Sui grandi numeri lo sconto è notevole, la perversione, così spiega una consulente a Liberazione è il costo alto della certificazione da pagare alle società di revisione di bilanci che riduce la platea perché alle piccole società non conviene accedere a questo tipo di gara.
Il secondo tipo di contributo indiretto sono le agevolazioni telefoniche che abbattono del 50% degli editori. Si pensi al traffico telefonico dei colossi del settore. E poi c'è il credito di imposta sull'acquisto della carta, ossia il 10% di sconto su oneri fiscali e previdenziali, per un totale di 30 milioni. Sui grandi numeri lo sconto è notevole, la perversione, così spiega una consulente a Liberazione è il costo alto della certificazione da pagare alle società di revisione di bilanci che riduce la platea perché alle piccole società non conviene accedere a questo tipo di gara.
Intanto, mentre i loro giornali minimizzavano la crisi, i grandi editori, dal 2007 in poi, hanno raggiunto col ministero, importanti accordi per il prepensionamento
e l'esodo di grandi firme che hanno speso una vita a cantare le lodi
del libero mercato. E ora la nuova frontiera dell'assalto alla cassa
pubblica si chiama rimborso degli interessi dei mutui agevolati per le
ristrutturazioni, il credito di imposta sugli investimenti. Fino alla
voce Irap sulla manovra delle lacrime e del sangue: è uno sgravio enorme
per le aziende dai grandi numeri, 10mila euro l'anno per ciascun
dipendente, più altri 5mila per i lavoratori del Sud. Ai grandi editori
piace vincere facile. Anche quando diventano "tecnici".
Promemoria per De Benedetti: i primi a chiedere pulizia nel settore sono proprio i giornali di partito, quelli veri, come Liberazione dove i lavoratori sono tutti contrattualizzati.
Promemoria per De Benedetti: i primi a chiedere pulizia nel settore sono proprio i giornali di partito, quelli veri, come Liberazione dove i lavoratori sono tutti contrattualizzati.
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