Le parole dal sen fuggite rivelano sempre
qualcosa di più di quel che si vorrebbe – o converrebbe - dire. Capita
anche all'ideologo capo, Mario Monti.
L'alto livello di debito dell'Italia è dovuto al fatto che per decenni "i governi hanno avuto troppo cuore ed hanno profuso buonismo sociale".
Non avete capito male. Per Monti “più si ha il cuore buono, più si
creano condizioni che graveranno su quelli che vengono dopo. Un termine
tecnico, termine che non mi piace, ma un governo come il nostro ha il
compito di riequilibrare le cose, far ripartire la macchina della
produzione italiana e di farlo con attenzione al sociale”.
Anche un cretino sa tradurre. Con la prima fase si ammette: “siamo qui per farvi tornare poveri”. Con la seconda si cerca di metter riparo al guaio, tornando allo stucchevole tormentone “lo facciamo per i giovani e i più deboli”.
Inutile far notare che c'è una contraddizione totale tra le due
espressioni: in una situazione di crisi l'ossimoro diventa così
frequente da sfiorare il parossismo. Inutile sottolineare che il
contrario di “buono” è “cattivo”. Le immagini e le interviste
provienienti dalla Grecia, in questi giorni, ci indicano la sorte che ci
attende. E che non è un frutto amaro del destino, ma un programma economico e politico accuratamente pianificato a livello europeo.
Siamo quindi obbligati a ricordare che viviamo sotto invasione
(come abbiamo scritto al momento dell'insediamento di Monti). E
naturalmente il tempo non passa invano. Ora lo si può cominciare a dire
anche sui giornali padronali, incaricati non solo di gestire un'opinione
pubblica sconcertata e priva di riferimenti solidi, ma anche di
avvertire i partiti – o ciò che ne resta – su quel che dovrà essere il
sistema politico dopo il 2013, quando Monti avrà lasciato... il posto a
Passera.
Il quadro che emerge tra le righe dell'articolo di Lina Palmerini
su Il Sole 24 Ore di oggi è particolarmente netto: ci saranno soltanto
altri governi “unitari”, di “grande coalizione”. Se servirà ancora
saranno “tecnici”, ma appoggiati in modo bipartisan.
Non sfuggirà la differenza tra la
situazione italiana e quelle greca, spagnola, portoghese. Lì, nonostante
la durezza di politiche assolutamenti identiche a quelle messe in atto
qui da noi, sono stati mantenuti dei governi formalmente “politici”,
magari imbottiti di uomini di fiducia (Venizelos è stato paracadutato
direttamente dalla vicepresidenza della Bce). Qui si sperimenta qualcosa
di più: la produzione di un format blindato teoricamente “centrista”,
con l'esplicito obiettivo di “tagliare le estreme”. È chiaro anche che
l'unica estrema da tagliare davvero è la sinistra, e la critica montiana
al “buonismo” è in questo senso palese: non c'è più alcuna mediazione
sociale da esercitare, “il popolo” (i lavoratori, i sindacati) rimane
come una finzione utile per la retorica televisiva, non un soggetto con
cui trattare.
Le decisioni vengono prese altrove. E anche la legittimazione non deriva più da consenso popolare. Semmai deriva dallo spread,
ormai assunto come la ghigliottina imparziale pronta a tagliare la
testa di chiunque si candidi alla direzione di un singolo paese. Se
corrispondi alle attese della “borghesia multinazionale”, bene,
altrimenti puoi anche vincere una tornata elettorale, ma non avrai
futuro: ti scateneremo i “mercati finanziari” contro, e dovrai mollare
di nuovo tutto. Vale per Berlusconi, che lo ha accettato senza problemi
(si può divertire a giocare con la “responsabilità penale della
magistratura”, ma solo nel primo tempo) pur di non esser spazzato via
insieme alle sue aziende. Vale per gli sproloqui senza costrutto e
prospettiva di un Vendola, o di un Di Pietro.
Non c'è dunque nulla da fare, solo
arrendersi? Al contrario. Ma occorre prendere le misure alla nuova
figura che l'avversario di classe ha messo in campo. L'orizzonte dell'
“andata al governo” è totalmente escluso per qualsiasi coalizione
“progressista” che pensi di poter fare qualcosa di differente. Una
scorciatoia illusoria in meno, di cui però sarebbe stupido gioire.
Il campo dell'opposizione sociale appare
una prateria gelata. Pensare di percorrerlo senza più “concorrenti” è
un'altra scorciatoia illusoria. L'opposizione va costruita. Su nuove
basi, senza le illusioni su un cambiamento parziale, rapido, possibile.
Senza riformismo, insomma.
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