Se voleva essere una battuta, non fa
ridere. E nessuno ha capito bene quale fosse lo scopo
dell’amministratore delegato delle Ferrovie, Mauro Moretti, quando
l’altro giorno ha lanciato il “suo” grido d’allarme: «Nel 2013, se non
ci saranno soldi a bilancio, non faremo il servizio regionale». O
meglio, tutti hanno capito: è iniziato lo scaricabarile sulla pelle dei
soliti noti, in questo caso i pendolari.
La domanda allora è: che ci sta a fare
un amministratore delegato, pagato 600mila e rotti euro l’anno, più
190mila «se raggiungo gli obiettivi»? Non si era accorto, il dottor
Moretti, che le linee ferroviarie regionali sono pressoché in
disfacimento e da quel dì? Gli sarebbe bastato, per dire, ascoltare e
leggere quello che raccontano e scrivono nei loro blog e siti i comitati
dei pendolari; storie ordinarie di sporcizia, ritardi, guasti, disagi
di ogni genere. Ma se di loro il dottor Moretti non si fida, poteva
sempre, per dire, leggersi dossier come quello che Legambiente dedica
alle ferrovie locali.
“Pendolaria 2011” dice e spiega tutto. Dice, per esempio, che mentre il numero dei cittadini che usano il treno per spostarsi è aumentato (più 7,8% in due anni) anche per effetto della crisi (l’uso del mezzo pubblico è meno costoso di quello privato), contemporaneamente i treni sono diminuiti e il prezzo dei biglietti è aumentato. Il dossier segnala punte di un treno cancellato ogni cinque in Veneto, il 13% in meno nelle Marche, il 12% in Liguria, il 10% in Abruzzo e Campania. Il tutto accompagnato da rincari che hanno toccato anche il 25% in alcune regioni. Meno treni significa, va da sé, più affollamento e più disagi, senza che l’aumento del costo dei biglietti produca benefici di alcun genere nella qualità del servizio. E il 2012 non andrà meglio: il rapporto di Legambiente segnala, infatti, che mancano all’appello 400 milioni di euro per chiudere i bilanci 2011 e oltre 200 milioni per il 2012.
E qui il destino cinico e baro non c’entra. Perché, al contrario, i treni Alta Velocità tra Napoli e Torino crescono di numero, così come vengono annunciate nuove e più articolate offerte, nuovi treni e investimenti (e lasciamo stare la Tav in Val Susa per carità di patria). Con l’arrivo sui binari del treno privato di Montezemolo, la concorrenza si gioca tutta a 300 chilometri all’ora tra i Frecciarossa di Trenitalia e Italo di Ntv. Così accade che, evidenzia il dossier di Legambiente, «per una beffa del destino, proprio nei giorni in cui si presentavano i nuovi velocissimi treni Ansaldo e Bombardier, Trenitalia annunciava lo stop alla gara per l’acquisto dei nuovi treni pendolari dovuto ai tagli del governo». A riprova, ecco altri numeri: dal 2007 ad oggi, gli Eurostar giornalieri tra Roma e Milano sono passati da 17 a 39, ai quali si sono poi aggiunti gli Italo; nello stesso periodo a Genova, tra Voltri e Nervi, i treni sono diminuiti da 51 a 37, su una linea frequentata da 25mila persone al giorno; idem a Roma, sulla linea Fiumicino Fara-Sabina (sulla quale si muovono giornalmente 65mila persone): quattro treni in meno al dì. E via così, ad ampliare il già profondo divario che ci separa dal resto dei paesi europei in materia di trasporto pubblico (si vedano i miseri 595 e rotti chilometri di ferrovie suburbane italiane paragonati agli oltre 2.000 della Germania o ai 1.770 della Gran Bretagna).
Appunto, è una questione di scelte. E non c’è dubbio che, come hanno subito denunciato le associazioni dei consumatori – Codacons, Federconsumatori e Adusbef - «se Moretti si interessasse un po’ di meno dei Frecciarossa e un po’ di più dei treni dei pendolari, troverebbe come finanziare il servizio universale. Il servizio regionale rappresenta il 90% del trasporto ferroviario. Ci aspetteremmo che, in mancanza di fondi, non si bloccasse il servizio, ma si rassegnassero le dimissioni da parte dell’intero gruppo dirigente delle Ferrovie dello Stato».
Il che, ovviamente, non accadrà, visto che si è scelto di gettare la palla nel campo del governo. Il quale, per bocca del ministro interessato, Corrado Passera, si limita ad un infastidito: «Ci stiamo occupando più che abbastanza del trasporto pubblico locale» (sic!). Che ricorda molto da vicino la reprimenda che la collega di governo Fornero ha fatto all’Inps per aver reso noto il numero vero degli esodati. Come dire: il punto non è il problema, ma averlo divulgato. Sarà così gentile, il dottor Passera, da spiegarci dove e come intende trovare i soldi necessari ad evitare il tracollo del servizio di trasporto locale se non riesce nemmeno a trovare i cento milioni che gli servono per il decreto Sviluppo? E come mai, tra le grandi opere per le quali il 6 dicembre scorso il governo ha stanziato quasi 5 miliardi, non c’è pressoché traccia di treni e binari?
Quel che resta è, dunque, lo scaricabarile tra governo e ferrovie e le parole «scandalose» dell’amministratore delegato, secondo il commento del segretario del Prc Ferrero: «I privati fanno i soldi, i treni ci sono solo ad alta velocità e i pendolari vengono scaricati». D’altra parte, Moretti ci ha abituato a certe affermazioni, come quando, mentre tra maltempo e disagi ferroviari nei vagoni si moriva di freddo, pensò bene di consigliare ai viaggiatori di portarsi «coperte e panini». E chissà se, avendo quasi distrutto il trasporto regionale, i 190mila euro glieli daranno lo stesso.
“Pendolaria 2011” dice e spiega tutto. Dice, per esempio, che mentre il numero dei cittadini che usano il treno per spostarsi è aumentato (più 7,8% in due anni) anche per effetto della crisi (l’uso del mezzo pubblico è meno costoso di quello privato), contemporaneamente i treni sono diminuiti e il prezzo dei biglietti è aumentato. Il dossier segnala punte di un treno cancellato ogni cinque in Veneto, il 13% in meno nelle Marche, il 12% in Liguria, il 10% in Abruzzo e Campania. Il tutto accompagnato da rincari che hanno toccato anche il 25% in alcune regioni. Meno treni significa, va da sé, più affollamento e più disagi, senza che l’aumento del costo dei biglietti produca benefici di alcun genere nella qualità del servizio. E il 2012 non andrà meglio: il rapporto di Legambiente segnala, infatti, che mancano all’appello 400 milioni di euro per chiudere i bilanci 2011 e oltre 200 milioni per il 2012.
E qui il destino cinico e baro non c’entra. Perché, al contrario, i treni Alta Velocità tra Napoli e Torino crescono di numero, così come vengono annunciate nuove e più articolate offerte, nuovi treni e investimenti (e lasciamo stare la Tav in Val Susa per carità di patria). Con l’arrivo sui binari del treno privato di Montezemolo, la concorrenza si gioca tutta a 300 chilometri all’ora tra i Frecciarossa di Trenitalia e Italo di Ntv. Così accade che, evidenzia il dossier di Legambiente, «per una beffa del destino, proprio nei giorni in cui si presentavano i nuovi velocissimi treni Ansaldo e Bombardier, Trenitalia annunciava lo stop alla gara per l’acquisto dei nuovi treni pendolari dovuto ai tagli del governo». A riprova, ecco altri numeri: dal 2007 ad oggi, gli Eurostar giornalieri tra Roma e Milano sono passati da 17 a 39, ai quali si sono poi aggiunti gli Italo; nello stesso periodo a Genova, tra Voltri e Nervi, i treni sono diminuiti da 51 a 37, su una linea frequentata da 25mila persone al giorno; idem a Roma, sulla linea Fiumicino Fara-Sabina (sulla quale si muovono giornalmente 65mila persone): quattro treni in meno al dì. E via così, ad ampliare il già profondo divario che ci separa dal resto dei paesi europei in materia di trasporto pubblico (si vedano i miseri 595 e rotti chilometri di ferrovie suburbane italiane paragonati agli oltre 2.000 della Germania o ai 1.770 della Gran Bretagna).
Appunto, è una questione di scelte. E non c’è dubbio che, come hanno subito denunciato le associazioni dei consumatori – Codacons, Federconsumatori e Adusbef - «se Moretti si interessasse un po’ di meno dei Frecciarossa e un po’ di più dei treni dei pendolari, troverebbe come finanziare il servizio universale. Il servizio regionale rappresenta il 90% del trasporto ferroviario. Ci aspetteremmo che, in mancanza di fondi, non si bloccasse il servizio, ma si rassegnassero le dimissioni da parte dell’intero gruppo dirigente delle Ferrovie dello Stato».
Il che, ovviamente, non accadrà, visto che si è scelto di gettare la palla nel campo del governo. Il quale, per bocca del ministro interessato, Corrado Passera, si limita ad un infastidito: «Ci stiamo occupando più che abbastanza del trasporto pubblico locale» (sic!). Che ricorda molto da vicino la reprimenda che la collega di governo Fornero ha fatto all’Inps per aver reso noto il numero vero degli esodati. Come dire: il punto non è il problema, ma averlo divulgato. Sarà così gentile, il dottor Passera, da spiegarci dove e come intende trovare i soldi necessari ad evitare il tracollo del servizio di trasporto locale se non riesce nemmeno a trovare i cento milioni che gli servono per il decreto Sviluppo? E come mai, tra le grandi opere per le quali il 6 dicembre scorso il governo ha stanziato quasi 5 miliardi, non c’è pressoché traccia di treni e binari?
Quel che resta è, dunque, lo scaricabarile tra governo e ferrovie e le parole «scandalose» dell’amministratore delegato, secondo il commento del segretario del Prc Ferrero: «I privati fanno i soldi, i treni ci sono solo ad alta velocità e i pendolari vengono scaricati». D’altra parte, Moretti ci ha abituato a certe affermazioni, come quando, mentre tra maltempo e disagi ferroviari nei vagoni si moriva di freddo, pensò bene di consigliare ai viaggiatori di portarsi «coperte e panini». E chissà se, avendo quasi distrutto il trasporto regionale, i 190mila euro glieli daranno lo stesso.
Nessun commento:
Posta un commento