Grillo
minaccia sfaceli all’interno della sua organizzazione contro chi ha
“tradito” (ma che brutta parola quando si parla di politica!) l’M5S nel
voto per decidere il presidente del Senato. Che ci piaccia o no, il
“tradimento” è una delle categorie della politica. E chi ha messo
nell’urna il suo voto a Pietro Grasso sapeva di non rispettare una delle
regole dei grillini. E quindi ne deve trarre le “immediate
conseguenze”. Si può discutere sul grado di “pena”, decisione che resta
pericolosamente in mano al capo supremo; ma di questo stiamo parlando.
Il punto non è quindi l’irascibilità di Grillo.
Il punto è interrogarsi sul tasso di democraticità di questa
organizzazione politica e su che relazione ci sia tra il modello che
propongono e la battaglia per una vera democrazia nel Bel Paese.
Ma davvero Grillo e Casaleggio pensano di governare questa fase
politica a colpi di urla e minacce di abbandono? Vista l’età, che così
dignitosamente portano, è più facile che prima gli arrivi il coccolone.
Intanto, chi sta pagando questa crisi non vede l'alba.
Torna centrale una contraddizione ben presente ai commentatori e agli
osservatori politici fin dalle prime battute dell’esordio politico
dell’M5S: la battaglia contro la casta non è la battaglia contro la
politica. E questo perché la politica ha un luogo suo esclusivo.
Insomma, la battaglia contro gli interessi in politica non è la
battaglia contro la mediazione degli interessi in politica. Si può
discutere su quanto questa mediazione sia andata oltre in Italia,
finendo per diventare la mediazione degli interessi nella casta della
politica alimentata da una macchina del consenso di fatto sterilizzata
da qualsiasi modificazione possibile, ma non si può annientare con un
colpo di spugna la specificità della politica. E in politica bisogna
dichiarare i propri interessi. E su questi scegliere una strategia.
Tutto questo Grillo sembra non avercelo presente. Quindi, delle due
l’una: o crede ancora che il suo “sfascismo” possa dare altro consenso,
tale da avvicinarlo a quel 100% da lui indicato come obiettivo a breve,
oppure ha in testa un modello “fascista” in cui non può esserci
mediazione politica e tutto è nelle mani del capo, o delle cosiddette
regole: la differenza è irrilevante. Si potrebbe dire che questo è il
difetto dei neo-peronismi televisivi, ma non si andrebbe molto lontano.
Il punto, osservato da sinistra, ha molto a che vedere con l’origine del
movimento dei grillini, così lontani dalle lotte, così trasversali e
quindi per niente legati ad una piattaforma politica definita. E’ lì il
vulnus dell’azzeramento del tasso di democrazia dell’M5S. La presenza in
Parlamento di ogni singolo deputato dell’M5S ha ben poco a che vedere
con la procedura democratica, sebbene ammantata dal voto on line e
mascherate del genere. Somiglia molto a una cooptazione. E sotto questo
profilo non ci sono grandi differenze con il partito di Silvio
Berlusconi, che divide con Grillo e Casaleggio la stessa origine
massmediatica.
Come in altre fasi della storia italiana, ciò che ha portato sulla
scena politica una formazione che si professa “palingenetica” è stato
più che altro un “casus belli” e non una piattaforma programmatica.
Grillo, da questo punto di vista, comincia da un “punto” che dire
arretrato e provvisorio è davvero poco. E se la gestione è questa, i
problemi non mancheranno.
E’ il momento della verità per l’M5S. E altri ne verranno.
Affrontarla con urla e minacce o, peggio ancora, con i soliti anatemi
contro la stampa, che sinceramente lasciano un po’ il tempo che trovano,
non serve a niente. Grillo dovrebbe passare dal casus belli al
programma politico e quindi alla politica. I suoi deputati dovrebbero
rappresentare la loro storia di battaglia politica dai territori di
provenienza, se ce l'hanno, e non comportarsi da ragionieri o, peggio
ancora, da membri di un club esclusivo.
Uno dei segni più evidenti del voto di febbraio è stato il rifiuto
dell’austerity. Questo Grillo non lo può negare. A lui la scelta se
rappresentare il voto o la stretta cerchia del suo movimento. Sarebbe
già una risposta importante. La crisi non aspetta. E chi la sta pagando
meno che mai. Il resto sono i soliti numeri da circo. E se è questo
allora possiamo dire che, caro Grillo, non è cambiato davvero niente.
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