Che accade quando l’attacco ideologico ai servizi pubblici
manipola consapevolmente i dati che propone? È interessante da
questo punto di vista la lettura de «L’inchiesta» pubblicata in
questi giorni da la Repubblica , con richiamo in prima
pagina dal titolo «Quei 2 miliardi persi dalle società pubbliche»
e ripresa con pagina intera all’interno con il titolo «La giungla delle
società in mano pubblica: oltre 7.000 SpA, perdono 2,2 miliardi».
L’intera «rivelazione» della pagina si basa su un’indagine del
Ministero del Tesoro su tutte le società partecipate a qualsiasi
titolo da comuni, province, regioni ed enti di diritto pubblico.
Manco a dirlo, l’indagine è lo spunto per l’ennesimo attacco al pubblico in generale “(…)
se una holding privata vedesse che un terzo delle società di cui essa
è azionista viaggia in rosso e che quelle perdite sono così pesanti
da portare in rosso il saldo totale, le opzioni sarebbero chiare :
vendere, oppure ristrutturare al più presto le imprese in perdita
per arrestare l’emorragia; la terza ipotesi, fingere di non vedere
perchè così conviene a quache manager corrotto, non atterrerebbe
neppure sul tavolo ” sibila con viva e vibrante indignazione l’autore dell’articolo Federico Fubini.
Come a dire che è già tutto chiaro: il pubblico è un disastro,
mentre il metafisico privato sì che sarebbe in grado di garantire
l’efficienza.
Premesso che sono per la riappropriazione sociale di tutti
i servizi pubblici, che vanno sottratti ai profitti privati e al
clientelismo politico-manageriale che fin qui ha imperversato nel
settore produttivo (v. la razza padrona indutriale di buona
memoria) attraverso la partecipazione diretta dei cittadini
e dei lavoratori alla loro gestione, una domanda sorge spontanea :
ma se l’indagine riguarda le società partecipate dagli enti pubblici
(dunque non le aziende speciali nè le SpA a totale capitale
pubblico), da chi altro sono partecipate queste società, oltre agli
enti pubblci?
E la riposta è lapalissiana : sono società a capitale misto
pubblico-privato, ovvero sono partecipate esattamente dai privati!
Quelli che «(..) se un holding privata…» di cui sopra.
Ma, approfondiamo l’analisi, perché il titolo e il senso dell’articolo farebbero presagire un disastro senza confini.
Ebbene, analizzando i dati riportati, si scopre che su 7340
società partecipate, 2879 (47% ) sono in attivo e 1249 (20%) sono in
pareggio : quindi il 63% delle società analizzate non rientra nel
disastro gridato per tutto l’articolo. Sono invece in perdita 2023
società pari al 33%.
La perdita complessiva di queste ultime è pari a 2,2 miliardi di
euro (come sbandierato nel titolo); ma se poi si va a vedere
l’articolo nel dettaglio si scopre che del rosso complessivo, ben
1,5 miliardi è provocato da appena 23 società.
Infine, un ultimo dato che considero particolarmente rilevante
: la partecipazione media degli enti locali nelle società in utile
è pari al 29%, quella nelle società in pareggio è pari al 60%, quella
nelle società in perdita è pari al 15%.
Mi fermo qui, anche perchè non è certo la contabilità delle quote
di capitale a determinare la funzione pubblica e sociale di un
servizio.
Ma l’articolo de la Repubblica è senz’altro la
dimostrazione che quando si vuole impostare una campagna
ideologica, la manipolazione della realtà è d’obbligo.
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