Non vi è dubbio che la situazione del nostro paese sia di una gravità eccezionale. Le più ottimistiche previsioni per il 2014 stimano una sostanziale stagnazione in un futuro che vede intere generazioni di giovani disoccupate e l’impoverimento complessivo del paese. La netta presa di posizione di Hollande a favore di politiche dell’offerta ha zittito chi coltivava illusioni sul cosiddetto socialismo europeo. La prepotenza tedesca nel far prevalere i propri (presunti) interessi appare non aver più ostacoli. Lo slogan dell’uscita dall’euro, ammesso che possa far presa, è tuttavia visto con comprensibile inquietudine, politica ed economica. E anche con indignazione, non perché l’euro sia una creatura difendibile, ma perché l’Europa potrebbe almeno tentare altre strade pur mantenendo il mostro in vita. Per come si prefigura, la lista Tsipras sceglie di sostenere quest’ultima battaglia. La ragionevolezza è tuttavia, come tutti sanno, un’arma a doppio taglio. La giustificata accusa di perpetuare un velleitario utopismo europeista, peraltro facilmente imitabile da un Renzi qualsiasi, è dietro l’angolo. Questo aliena alla lista Tsipras la simpatia di quella parte del paese, fra cui migliaia di giovani, che ha consapevolezza del segno reazionario con cui l’Europa monetaria è stata costruita e viene difesa, una impronta non facilmente modificabile. Pari coscienza non è ancora, sospetto, patrimonio di molti padri (e madri) nobili della lista. Dotata di un messaggio così debole, quale può dunque essere il suo appeal? Allo stato essa appare come un’assemblement di istanze politiche e movimentiste déjà vu attorno a un grido di dolore di una élite di volenterosi intellettuali. Il respiro programmatico della proposta politica va dunque radicalizzato.
Il rilancio in tempi rapidi dell’occupazione deve essere la priorità a cui subordinare ogni altra considerazione, mentre il giudizio sulla costruzione monetaria (e non solo) europea deve essere più impietoso. Per come si è configurata, essa ha costituito un deliberato svuotamento delle autonomie economiche nazionali e dunque delle battaglie democratiche per redistribuire il reddito e accrescere l’occupazione. In questo senso la lista deve impegnarsi a un duro ostruzionismo che paralizzi ogni deliberazione euro-parlamentare che perpetui questo disegno, puntando a riformarlo radicalmente o a abbandonarlo. Su questo terrà tempestivamente informata l’opinione pubblica italiana, promuovendo la mobilitazione popolare. Una lista di movimento, dunque, da costruire anche in rete. Mentre va sostenuta ogni misura straordinaria economica e monetaria che consenta la riacquisizione di spazi di autonomia nazionale per accrescere l’occupazione, non va esclusa l’opzione di una rottura consensuale dell’euro. Tale rottura deve preservare un processo di cooperazione europea liberato dagli orpelli liberisti e rispettoso degli spazi democratici nazionali. Politicamente la lista si dovrebbe così mostrare aperta e inclusiva anche verso le istanze più scettiche – e pour cause – della riformabilità di questa Europa. Infine essa dovrebbe selezionare adeguate competenze per i propri rappresentanti affiancando loro una ricerca progettuale alternativa sulla politica economica europea e per il nostro paese, inclusa ogni possibile misura straordinaria che esso possa adottare in tempi rapidi e in autonomia per rilanciare l’occupazione. A questa progettualità dovrebbero essere immediatamente devolute le risorse che si rendessero disponibili se si riscuotesse un successo elettorale.
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