mercoledì 29 gennaio 2014

“Capiamoci bene” di Fabio Nobile, PdCI


«Con Tsipras ma non contro Schulz, con Tsipras per incontrare Schulz», «nella Terra di mezzo, proiettati verso un nuovo mondo»: con queste parole Nichi Vendola domenica ha concluso il congresso di SEL. Un’inversione di marcia sofferta anche alla luce delle parole spese nella relazione introduttiva di soli due giorni prima: «quel luogo, che io non considero un approdo ideologico ma il campo largo in cui giocare la nostra partita, io credo che sia il Partito del socialismo europeo».L’ordine del giorno sulle europee approvato, con 382 favorevoli 68 contrai e 123 astenuti, impegna SEL «ad aprire immediatamente un confronto ed interlocuzione con tutti quei soggetti che oggi in Italia» vogliono sostenere la candidatura di Alexis Tsipras, per poi «riferire degli esiti di tali consultazioni alla prossima Assemblea Nazionale».SEL si accinge quindi a scegliere Tsipras: una decisione importante, per certi versi inaspettata. Sottovalutare le potenzialità di un Fronte largo della sinistra che si esprima anche elettoralmente sarebbe un errore esiziale: non bisogna «aver paura di fare politica». Sulla stampa del 27 gennaio vi sono diverse ricostruzioni del dibattito congressuale in SEL, le ragioni della scelta di proporre Tsipras vengono rintracciate I) nella proposta di legge elettorale avanzata da Renzi e Berlusconi, una formulazione che penalizzerebbe SEL; II) nella mancata partecipazione di Renzi al Congresso, un atto snob da parte del segretario di un partito con cui SEL amministra diversi importanti capoluoghi; III) nella necessità da parte di Vendola di tenere testa ad un fronte interno di sinistra in rapida ascesa. SEL, come noto, ha attraversato, e continua ad attraversare, una fase di grande difficoltà politica. Ad oggi sembra infatti tramontata ogni ipotesi di riuscire ad egemonizzare il fu centro-sinistra ed il suo principale partito, la famosa Opa sul Pd. Più che frutto di un ravvedimento circa la responsabilità politica dell’austerity, promossa in Europa da PSE e PPE, e in Italia dal governo delle larghe intese – contro il quale l’opposizione di SEL è a dir poco impalpabile, la scelta di Tsipras sembra derivare, in primo luogo, da un calcolo politico e da una spinta reale. L’ascesa di Renzi, e le implicazioni della vicenda ILVA, avendo ridotto alla completa marginalità politica l’intero partito, rischiavano di porlo definitivamente fuori da ogni gioco futuro. Grande è inoltre il fascino che la candidatura di Tsipras suscita sull’elettorato di SEL: concreto era, dunque, il rischio di un’emorragia di voti verso sinistra. Lo spostamento a sinistra di SEL, i sondaggi usciti in queste ultime settimane la davano al 2,5%, sembra quindi derivare dalla necessità di recuperare un margine politico autonomo, nella prospettiva di negoziare una nuova intesa col Pd renziano, forti di una rinnovata forza e credibilità. L’assise congressuale, a dispetto dell’odg relativo a Tsipras, non ha messo in discussione infatti l’asse strategica col Pd nel centro-sinistra, il documento congressuale approvato recita infatti: «Noi ci sentiamo impegnati a sviluppare verso il Partito Democratico, i suoi gruppi dirigenti, il suo elettorato, ogni forma di confronto che si proponga come fine la costruzione di una nuova coalizione, alternativa nei temi dell’agenda politica del paese a quella della destra». Una decisione in assoluta sintonia con la complessa vicenda, che all’interno della CGIL, vede contrapposti Susanna Camusso e Maurizio Landini. Un peso rilevante sulla decisione di aprire all’ipotesi Tsipras sembra dunque derivare dal posizionamento di Giorgio Airaudo. Se dunque risulta chiara l’impronta politicista sulla scelta di SEL in vista delle europee, non vanno sottovalutate le potenzialità che vengono a configurarsi a sinistra in questo nuovo scenario. In coerenza con quanto affermato nelle due assisi congressuali di PdCI e Prc si tratta di dispiegare una strategia finalizzata all’unità della sinistra di alternativa al Pd e alle larghe intese in Italia, e al PSE e al PPE in Europa. L’azione dei comunisti, e di tutti coloro i quali ritengono indispensabile affrancarsi dal partito del Capitale, dovrebbe quindi mirare a rendere permanente la rottura dell’asse tra Pd e SEL. Ogni cedimento su questo piano non potrebbe che determinare il progressivo assorbimento, all’interno del quadro di compatibilità col Capitale, delle forze che oggi intendono porsi in alternativa al Pd e alle larghe intese, al PSE e al PPE. Non bisogna divenire quindi strumento passivo del disegno di integrazione e neutralizzazione all’interno del centro-sinistra renziano, quanto porre le condizioni per andare nella direzione opposta. La sinistra in Europa avanza, del resto, soltanto al di fuori delle compatibilità con le forze che governano l’Europa dell’austerity. Operare all’interno delle contraddizioni presenti in SEL, al fine di ampliare la divaricazione tra le sue componenti, è dunque cruciale. A questo scopo occorrerebbe assumere la massima fermezza sulla questione del GUE: se vogliamo che questa sinistra unita, che si va raccogliendo oggi attorno alla candidatura di Tsipras, possa costituire un’ipotesi di Fronte della sinistra futuro, sulla scia di quanto accaduto negli altri paesi europei, e non un semplice cartello elettorale quale è oggi, dobbiamo porre le condizioni più avanzate affinché all’indomani delle europee questo raggruppamento non si frantumi. Sarebbe necessario, quindi, definire in modo chiaro il profilo politico di questa coalizione: 1) Nessuna equidistanza tra il partito delle larghe intese, europee e non, ed il partito anti-austerity; 2) Nessuna equidistanza quindi tra PSE/PPE e GUE; 3) Una posizione d’attacco contro i trattati che oggi sorreggono l’ Unione Europea, che parta dal superamento del fiscal compact e del MES. L’esperienza della Sinistra Arcobaleno e di Rivoluzione Civile serva da insegnamento: la sinistra unita di per sé non è garanzia politica di nulla. In assenza, infatti, di un nitido e distinguibile profilo politico, improntato all’alternatività all’attuale quadro politico europeo, rischia di percepirsi esclusivamente l’alto grado di strumentalità politica di un siffatto percorso e la forte ambiguità su temi cruciali. Seppur venisse superato, inoltre, lo sbarramento del 4% – circostanza che non va esclusa nonostante le terribili esperienze della Sinistra Arcobaleno e di Rivoluzione Civile – il rischio che ci si possa nuovamente dividere, in primo luogo sui gruppi cui aderire in Europa, e poi sui rapporti col Pd – con SEL seduta al tavolo di Renzi, sarebbe più che concreto: si dovrebbe a quel punto spiegare a cosa è servita la momentanea unità. Occorre dunque più politica e meno politicismo. I comunisti, unitariamente, dovrebbero quindi incalzare SEL: l’attesismo di questi mesi dovrebbe lasciare il passo ad un’offensiva politica che ponga al centro del dibattito i temi relativi all’Europa e alle politiche d’austerity. L’iper-tatticismo è sempre prodromico del codismo, come dimostra la nostra storia recente. A cascata andrebbe posto il tema del GUE, che è sostanziale e non formale per le ragioni di cui sopra. Aggirare la questione o ridicolizzarla, definendo una «gabbia» il gruppo cui appartengono le principali forze politiche di sinistra in Europa, potrebbe rendere assai più concreti i rischi di disintegrazione del raggruppamento il giorno dopo le elezioni. La possibilità di non raccogliere le firme, grazie al sostegno di SEL, non può inoltre divenire un’arma di ricatto politico: i nodi vanno dunque sciolti al più presto, pena il rischio di raccogliere le firme in pochissime ore. Unitariamente i comunisti dovrebbero poi ragionare della possibilità di stipulare intese a sostegno dei propri singoli candidati. In conclusione credo vadano ponderati attentamente i prossimi passaggi politici, nella consapevolezza che bisogna operare affinché si dispieghi pienamente il profilo progettuale dei comunisti e possa quindi costruirsi il programma e l’azione più avanzate possibili. Accettare supinamente i diktat politici di coloro i quali, con ogni evidenza, perseguono progetti politici in una misura importante confliggenti coi nostri, sarebbe, infatti, un grave errore. Come ci siamo più volte ripetuti le tornate elettorali non possono essere il fine ultimo della nostra azione, occorre quindi compiere delle scelte che non ipotechino il nostro futuro. Per ricostruire una prospettiva che sia utile all’oggi e soprattutto al domani serve un lavoro attento e paziente. Quindi capiamoci bene.

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