«Con Tsipras ma non contro Schulz, con Tsipras per incontrare Schulz», «nella Terra di mezzo, proiettati verso un nuovo mondo»:
con queste parole Nichi Vendola domenica ha concluso il congresso di
SEL. Un’inversione di marcia sofferta anche alla luce delle parole spese
nella relazione introduttiva di soli due giorni prima: «quel luogo, che
io non considero un approdo ideologico ma il campo largo in cui giocare
la nostra partita, io credo che sia il Partito del socialismo
europeo».L’ordine del giorno sulle europee approvato, con 382 favorevoli
68 contrai e 123 astenuti, impegna SEL «ad aprire immediatamente un confronto ed interlocuzione con tutti quei soggetti che oggi in Italia»
vogliono sostenere la candidatura di Alexis Tsipras, per poi «riferire
degli esiti di tali consultazioni alla prossima Assemblea Nazionale».SEL
si accinge quindi a scegliere Tsipras: una decisione importante, per
certi versi inaspettata. Sottovalutare le potenzialità di un Fronte
largo della sinistra che si esprima anche elettoralmente sarebbe un
errore esiziale: non bisogna «aver paura di fare politica».
Sulla stampa del 27 gennaio vi sono diverse ricostruzioni del dibattito
congressuale in SEL, le ragioni della scelta di proporre Tsipras vengono
rintracciate I) nella proposta di legge elettorale avanzata da Renzi e
Berlusconi, una formulazione che penalizzerebbe SEL; II) nella mancata
partecipazione di Renzi al Congresso, un atto snob da parte del
segretario di un partito con cui SEL amministra diversi importanti
capoluoghi; III) nella necessità da parte di Vendola di tenere testa ad
un fronte interno di sinistra in rapida ascesa. SEL, come noto, ha
attraversato, e continua ad attraversare, una fase di grande difficoltà
politica. Ad oggi sembra infatti tramontata ogni ipotesi di riuscire ad
egemonizzare il fu centro-sinistra ed il suo principale partito, la
famosa Opa sul Pd. Più che frutto di un ravvedimento circa la
responsabilità politica dell’austerity, promossa in Europa da PSE e PPE,
e in Italia dal governo delle larghe intese – contro il quale
l’opposizione di SEL è a dir poco impalpabile, la scelta di Tsipras
sembra derivare, in primo luogo, da un calcolo politico e da una spinta
reale. L’ascesa di Renzi, e le implicazioni della vicenda ILVA, avendo
ridotto alla completa marginalità politica l’intero partito, rischiavano
di porlo definitivamente fuori da ogni gioco futuro. Grande è inoltre
il fascino che la candidatura di Tsipras suscita sull’elettorato di SEL:
concreto era, dunque, il rischio di un’emorragia di voti verso
sinistra. Lo spostamento a sinistra di SEL, i sondaggi usciti in queste
ultime settimane la davano al 2,5%, sembra quindi derivare dalla
necessità di recuperare un margine politico autonomo, nella prospettiva
di negoziare una nuova intesa col Pd renziano, forti di una rinnovata
forza e credibilità. L’assise congressuale, a dispetto dell’odg relativo
a Tsipras, non ha messo in discussione infatti l’asse strategica col Pd
nel centro-sinistra, il documento congressuale approvato recita
infatti: «Noi ci sentiamo impegnati a sviluppare verso il Partito
Democratico, i suoi gruppi dirigenti, il suo elettorato, ogni forma di
confronto che si proponga come fine la costruzione di una nuova
coalizione, alternativa nei temi dell’agenda politica del paese a quella
della destra». Una decisione in assoluta sintonia con la complessa
vicenda, che all’interno della CGIL, vede contrapposti Susanna Camusso e
Maurizio Landini. Un peso rilevante sulla decisione di aprire
all’ipotesi Tsipras sembra dunque derivare dal posizionamento di Giorgio
Airaudo. Se dunque risulta chiara l’impronta politicista sulla scelta
di SEL in vista delle europee, non vanno sottovalutate le potenzialità
che vengono a configurarsi a sinistra in questo nuovo scenario. In
coerenza con quanto affermato nelle due assisi congressuali di PdCI e
Prc si tratta di dispiegare una strategia finalizzata all’unità della
sinistra di alternativa al Pd e alle larghe intese in Italia, e al PSE e
al PPE in Europa. L’azione dei comunisti, e di tutti coloro i quali
ritengono indispensabile affrancarsi dal partito del Capitale, dovrebbe
quindi mirare a rendere permanente la rottura dell’asse tra Pd e SEL.
Ogni cedimento su questo piano non potrebbe che determinare il
progressivo assorbimento, all’interno del quadro di compatibilità col
Capitale, delle forze che oggi intendono porsi in alternativa al Pd e
alle larghe intese, al PSE e al PPE. Non bisogna divenire quindi
strumento passivo del disegno di integrazione e neutralizzazione
all’interno del centro-sinistra renziano, quanto porre le condizioni per
andare nella direzione opposta. La sinistra in Europa avanza, del
resto, soltanto al di fuori delle compatibilità con le forze che
governano l’Europa dell’austerity. Operare all’interno delle
contraddizioni presenti in SEL, al fine di ampliare la divaricazione tra
le sue componenti, è dunque cruciale. A questo scopo occorrerebbe
assumere la massima fermezza sulla questione del GUE: se vogliamo che
questa sinistra unita, che si va raccogliendo oggi attorno alla
candidatura di Tsipras, possa costituire un’ipotesi di Fronte della
sinistra futuro, sulla scia di quanto accaduto negli altri paesi
europei, e non un semplice cartello elettorale quale è oggi, dobbiamo
porre le condizioni più avanzate affinché all’indomani delle europee
questo raggruppamento non si frantumi. Sarebbe necessario, quindi,
definire in modo chiaro il profilo politico di questa coalizione: 1)
Nessuna equidistanza tra il partito delle larghe intese, europee e non,
ed il partito anti-austerity; 2) Nessuna equidistanza quindi tra PSE/PPE
e GUE; 3) Una posizione d’attacco contro i trattati che oggi sorreggono
l’ Unione Europea, che parta dal superamento del fiscal compact e del
MES. L’esperienza della Sinistra Arcobaleno e di Rivoluzione Civile
serva da insegnamento: la sinistra unita di per sé non è garanzia
politica di nulla. In assenza, infatti, di un nitido e distinguibile
profilo politico, improntato all’alternatività all’attuale quadro
politico europeo, rischia di percepirsi esclusivamente l’alto grado di
strumentalità politica di un siffatto percorso e la forte ambiguità su
temi cruciali. Seppur venisse superato, inoltre, lo sbarramento del 4% –
circostanza che non va esclusa nonostante le terribili esperienze della
Sinistra Arcobaleno e di Rivoluzione Civile – il rischio che ci si
possa nuovamente dividere, in primo luogo sui gruppi cui aderire in
Europa, e poi sui rapporti col Pd – con SEL seduta al tavolo di Renzi,
sarebbe più che concreto: si dovrebbe a quel punto spiegare a cosa è
servita la momentanea unità. Occorre dunque più politica e meno
politicismo. I comunisti, unitariamente, dovrebbero quindi incalzare
SEL: l’attesismo di questi mesi dovrebbe lasciare il passo ad
un’offensiva politica che ponga al centro del dibattito i temi relativi
all’Europa e alle politiche d’austerity. L’iper-tatticismo è sempre
prodromico del codismo, come dimostra la nostra storia recente. A
cascata andrebbe posto il tema del GUE, che è sostanziale e non formale
per le ragioni di cui sopra. Aggirare la questione o ridicolizzarla,
definendo una «gabbia» il gruppo cui appartengono le principali forze
politiche di sinistra in Europa, potrebbe rendere assai più concreti i
rischi di disintegrazione del raggruppamento il giorno dopo le elezioni.
La possibilità di non raccogliere le firme, grazie al sostegno di SEL,
non può inoltre divenire un’arma di ricatto politico: i nodi vanno
dunque sciolti al più presto, pena il rischio di raccogliere le firme in
pochissime ore. Unitariamente i comunisti dovrebbero poi ragionare
della possibilità di stipulare intese a sostegno dei propri singoli
candidati. In conclusione credo vadano ponderati attentamente i prossimi
passaggi politici, nella consapevolezza che bisogna operare affinché si
dispieghi pienamente il profilo progettuale dei comunisti e possa
quindi costruirsi il programma e l’azione più avanzate possibili.
Accettare supinamente i diktat politici di coloro i quali, con ogni
evidenza, perseguono progetti politici in una misura importante
confliggenti coi nostri, sarebbe, infatti, un grave errore. Come ci
siamo più volte ripetuti le tornate elettorali non possono essere il
fine ultimo della nostra azione, occorre quindi compiere delle scelte
che non ipotechino il nostro futuro. Per ricostruire una prospettiva che
sia utile all’oggi e soprattutto al domani serve un lavoro attento e
paziente. Quindi capiamoci bene.
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