L’esito del congresso di Sinistra Ecologia e Libertà, a partire dalla
collocazione per le imminenti elezioni europee, è stato
contraddittorio. Non era un esito scontato, poiché l’intenzione di Nichi
Vendola, fin dalla relazione introduttiva, era in tutta evidenza di
confermare l’internità senza e senza ma del proprio partito nel
centrosinistra. Non è emerso un ribaltamento della linea politica – di
questo bisogna essere consapevoli – ma una posizione confusa e un po’
nebulosa, che appunto contraddice la nettezza sin qui tenuta. Sel ha
investito tutto nell’alleanza organica con il Partito Democratico: non a
caso Vendola nella giornata di apertura, dopo aver dichiarato
l’indisponibilità allo scioglimento nel Pd, ha aggiunto immediatamente
che il Partito Democratico resta “l’alleato” per definizione. I fischi e
gli sberleffi rivolti dalla platea congressuale a Bonaccini, componente
della segreteria nazionale del Pd e intervenuto al posto di Renzi (che
si è guardato bene dal presentarsi), hanno colpito sì in modo diretto
“l’alleato”, ma in modo indiretto e forse non del tutto consapevole la
stessa linea politica di Sel. Un ragionamento simile si può fare a
proposito delle elezioni europee: è evidente che la scelta del sostegno a
Tsipras non sta, sul piano politico, con l’adesione rinnovata al campo
del socialismo europeo e la descrizione di Schultz come di un avversario
delle politiche di austerità. Opzioni evidentemente antitetiche – lo
stare o non lo stare con il Pd, lo stare con la sinistra di alternativa o
con i socialisti europei – non sono diventate, nel dibattito interno a
Sel, opzioni forti ed esplicite su cui scegliere in un senso o
nell’altro in modo netto, ma sono state tenute insieme in uno zig-zag
dialettico (“con Tsipras verso Schultz” eccetera), nel tentativo di
toppare le “falle” evidenti della linea sin qui praticata. Zig-zag che
al primo tornante rischia di mostrare di nuovo tutta la sua fragilità.
Se è emersa una posizione contraddittoria e confusa, che racchiude anche
una potenzialità, questo è anche perché – in questi anni – c’è chi ha
lavorato, pure a costo di sconfitte elettorali, per mantenere in piedi
l’opzione della sinistra di alternativa, impedendo che rimanesse in
campo soltanto l’opzione dell’omologazione al centrosinistra. Se qualche
anno fa Rifondazione Comunista avesse scelto la strada del sostegno a
Nichi Vendola alle primarie del centrosinistra, come pure veniva
sostenuto da alcuni nel nostro dibattito interno, siamo sicuri che il
congresso di Sel avrebbe avuto il medesimo esito? Se Rifondazione
Comunista fosse stata più cauta e meno determinata nel promuovere la
candidatura di Tsipras, o addirittura se non lo avesse appoggiato per
niente – anche questo ha attraversato la nostra discussione nei mesi
scorsi – oggi saremmo allo stesso punto? Il tema di fondo mi pare essere
questo: esistono modi diversi per provare a costruire una proposta
unitaria di sinistra. Uno consiste nel rincorrere il proprio
interlocutore, nell’indebolire la propria prospettiva strategica per
renderla la più compatibile possibile con quella dell’altro. Con il
rischio che, quando arrivi alla realizzazione dell’unità, tu sia entrato
in un progetto diverso dal tuo quasi senza accorgertene. Un altro
consiste nel lavorare sulla propria opzione strategica, sapendo che più
questa si rafforza più è possibile che si aprano contraddizioni, e
quindi possibilità unitarie coerenti con la propria linea politica, nel
campo altrui. Rifondazione Comunista, che non ha appoggiato Nichi
Vendola alle primarie del centrosinistra ed è stata la prima forza
politica italiana a dichiarare il proprio sostegno a Tsipras, continua
il proprio lavoro per una lista anti-austerità alle prossime europee,
aperta ma chiara nei contenuti e nella prospettiva.
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