Lo strappo sulla rappresentanza. La
rottura al direttivo. Il leader Fiom: «Cgil senza democrazia,
quell’accordo non è vincolante». L'intesa viene approvata, ma adesso la
segretaria è molto contestata. I metalmeccanici non applicheranno il
nuovo testo nelle imprese. Nicolosi: «Le sanzioni sono un freno ai
delegati e al diritto di sciopero»
Un testo che limiterà fortemente l’agibilità sindacale,
soprattutto quella dei delegati: quello approvato ieri sera dal
direttivo Cgil – con 95 sì, 13 no e 2 astenuti – è una specie di
«mostro modificato» rispetto all’accordo chiuso con le imprese il 31
maggio scorso, e la Fiom ha già annunciato che non lo applicherà.
L’orrido «ogm sindacale» è stato partorito il 10 gennaio,
dietro l’insistenza della Confindustria, sostenuta da Cisl e Uil,
che ha preteso di introdurre alcune novità chiave: e Susanna Camusso,
rimasta isolata, ha scelto di accettare e firmare. Nel nuovo testo
sono stati inseriti per ben 5 volte i termini «sanzione» e
«sanzionare» (inesistenti nella versione precedente), mentre si
è previsto che in attesa (e in assenza) dei contratti nazionali che
queste sanzioni dovranno stabilire, sarà un collegio arbitrale
(formato da rappresentanti delle confederazioni e delle imprese)
a stabilire appunto le “punizioni” per chi non rispetta gli accordi.
Un attentato, quindi, all’autonomia delle categorie.
Le proteste più forti sono venute dal segretario della Fiom
Maurizio Landini, da Gianni Rinaldini e dal segretario
confederale, coordinatore di Lavoro Società, Nicola Nicolosi. «Si
è creata una frattura forte nella Cgil, e adesso sicuramente tutto
il congresso verrà assorbito da questo contrasto sulla
rappresentanza», spiega Nicolosi. Ieri sera dunque si è rotta
definitivamente la tregua, siglata firmando lo stesso documento
di maggioranza, tra Maurizio Landini e Susanna Camusso, e i
prossimi mesi non saranno facili.
Perché Landini a questo punto ha deciso di andare per la propria
strada, annunciando che «per la Fiom, non essendoci il voto dei
lavoratori, quell’intesa non è da ritenersi vincolante»: quindi non
verrà applicata nelle imprese dove la Fiom è presente. Dall’altro
lato, Camusso, che ha fatto dell’unità sindacale il suo mantra, si
troverà schiacciata tra Confindustria-Cisl-Uil da un lato, e le
proprie tute blu dall’altro: e trovare la sintesi, assicurare la pax
che ha garantito finora, tanto più con la crisi che non accenna
a finire e un contesto politico ancora confuso e magmatico, non
sarà facile.
Landini ieri ha attaccato Camusso frontalmente, senza peli sulla
lingua, accusandola di non gestire la Cgil in modo democratico,
e di «aver messo il direttivo della Cgil di fronte a un testo già
firmato». «Il modo in cui è stata gestita la vicenda è grave – ha detto
il leader dei meccanici – perché non si mette il direttivo della
Cgil di fronte a un accordo già firmato». E «finché sono il
segretario della Fiom non accetto che qualcuno al mio posto, sulla
mia testa, faccia degli accordi senza mettere nelle condizioni gli
iscritti e i delegati di poter intervenire».
Tutto questo, ha aggiunto, «vuol dire che c’è anche un problema di democrazia nella Cgil, si rende evidente che c’è una crisi democratica del nostro sindacato». «Io – ha spiegato – sono pienamente dentro le regole e lo statuto Cgil, ne chiedo l’applicazione. Non è democratico firmare un accordo e poi dire a tutti “ditemi di sì” perché altrimenti c’è la fiducia sul segretario. Non si gestisce così un’organizzazione».
L’attacco a Camusso, da parte di un segretario che ha sempre gestito i rapporti Fiom-Cgil con cautela e diplomazia, è senza precedenti. Landini, negando davanti ai giornalisti di voler uscire dalla Cgil – «Non ho nessuna intenzione di andare via, perché la Fiom è la Cgil» – ha chiesto di sottoporre il testo a referendum. «Ma – ha concluso – la proposta di Camusso è che decide il direttivo e non c’è alcuna consultazione. Anzi ci sono le assemblee informative di Cgil, Cisl e Uil da organizzare. I lavoratori però per me devono poter decidere su quello che li riguarda, non solo ascoltare».
Sulla stessa linea, Nicola Nicolosi, la cui area Lavoro Società (18 persone) ha deciso di non partecipare al voto: «Lo abbiamo fatto perché non riconosciamo neanche la legittimità di un voto simile, dove si chiede praticamente di dire sì a decisioni già prese: impedendoci così di discutere del merito, e riducendo tutto a un voto di fiducia sul segretario generale», spiega. Oltre ai 18 di Lavoro e società, mancano all’appello altri 52 voti (il totale dei membri del direttivo è di 180 persone, i 13 no sono quelli della Fiom). «Almeno una cinquantina di persone della maggioranza per un motivo o per l’altro non hanno votato – dice Nicolosi – E se fossi il segretario generale, mi chiederei dove sono finiti».
Il terreno sotto Susanna Camusso, insomma, è diventato rovente. E seppure la gran parte dei segretari di categoria l’appoggi, non è escluso che il congresso adesso si polarizzi, grazie al forte impatto mediatico di Maurizio Landini.
E sul merito? Del collegio arbitrale, si è già detto: Landini sicuramente non ha gradito che a giudicare del comportamento delle sue strutture e dei suoi delegati, possano essere i confederali, seduti allo stesso tavolo con manager e imprenditori.
Tutto questo, ha aggiunto, «vuol dire che c’è anche un problema di democrazia nella Cgil, si rende evidente che c’è una crisi democratica del nostro sindacato». «Io – ha spiegato – sono pienamente dentro le regole e lo statuto Cgil, ne chiedo l’applicazione. Non è democratico firmare un accordo e poi dire a tutti “ditemi di sì” perché altrimenti c’è la fiducia sul segretario. Non si gestisce così un’organizzazione».
L’attacco a Camusso, da parte di un segretario che ha sempre gestito i rapporti Fiom-Cgil con cautela e diplomazia, è senza precedenti. Landini, negando davanti ai giornalisti di voler uscire dalla Cgil – «Non ho nessuna intenzione di andare via, perché la Fiom è la Cgil» – ha chiesto di sottoporre il testo a referendum. «Ma – ha concluso – la proposta di Camusso è che decide il direttivo e non c’è alcuna consultazione. Anzi ci sono le assemblee informative di Cgil, Cisl e Uil da organizzare. I lavoratori però per me devono poter decidere su quello che li riguarda, non solo ascoltare».
Sulla stessa linea, Nicola Nicolosi, la cui area Lavoro Società (18 persone) ha deciso di non partecipare al voto: «Lo abbiamo fatto perché non riconosciamo neanche la legittimità di un voto simile, dove si chiede praticamente di dire sì a decisioni già prese: impedendoci così di discutere del merito, e riducendo tutto a un voto di fiducia sul segretario generale», spiega. Oltre ai 18 di Lavoro e società, mancano all’appello altri 52 voti (il totale dei membri del direttivo è di 180 persone, i 13 no sono quelli della Fiom). «Almeno una cinquantina di persone della maggioranza per un motivo o per l’altro non hanno votato – dice Nicolosi – E se fossi il segretario generale, mi chiederei dove sono finiti».
Il terreno sotto Susanna Camusso, insomma, è diventato rovente. E seppure la gran parte dei segretari di categoria l’appoggi, non è escluso che il congresso adesso si polarizzi, grazie al forte impatto mediatico di Maurizio Landini.
E sul merito? Del collegio arbitrale, si è già detto: Landini sicuramente non ha gradito che a giudicare del comportamento delle sue strutture e dei suoi delegati, possano essere i confederali, seduti allo stesso tavolo con manager e imprenditori.
Quanto alle sanzioni (previste per chi non rispetta gli
accordi firmati: sia il lavoratore, che la sua sigla sindacale, che
l’impresa), Nicolosi dice che «così si inibisce l’attività dei
delegati, il diritto di sciopero. Si mettono paletti e burocrazia
su quello che dovrebbe essere spontaneità e movimento. Ci stiamo
ammazzando da soli: senza delegati il sindacato è destinato
a sparire».
Cremaschi: "Landini, quell'accordo distrugge il sindacato. Passa all'opposizione!"
Noi
che nel congresso CGIl sosteniamo il documento alternativo "Il
sindacato è un'altra cosa" non abbiamo partecipato al voto nel direttivo
convocato per approvare l'accordo sulla rappresentanza.
Abbiamo fatto questa scelta perché consideriamo quell'accordo una violazione dello statuto della Cgil. Per questo, come abbiamo dichiarato in quella sede, ricorreremo alle vie formali: né la segreteria né il direttivo hanno il potere di non rispettare o di cambiare nei fatti lo statuto dell'organizzazione.
Siamo stati accusati e diffidati perché abbiamo detto che quell'accordo è incostituzionale. Ma la sostanza è che con la sentenza di luglio la Corte Costituzionale ha affermato che non si possono condizionare la rappresentanza e i diritti sindacali all'obbligo della firma degli accordi. E ancora di più che i lavoratori hanno diritto a scegliere liberamente chi li deve rappresentare. L'accordo sulla rappresentanza nega queste principi, come definirlo se non incostituzionale?
Ma non solo per questo motivo si viola lo statuto della Cgil. Le procedure di decisione e arbitrato sull'attività sindacale, le sanzioni anche pecuniarie per le strutture e i lavoratori che fanno i delegati, le regole e lo spirito dell'intesa sulla rappresentanza violano lo spirito e le norme della costituzione democratica della Cgil.
Si costituisce un sistema sindacale aziendalista e al tempo stesso centralizzato in forma autoritaria, le autonomie delle categorie e i diritti democratici degli iscritti sono tutti sottoposti al controllo di conformità all'accordo. La Cgil, se applica l'accordo, deve non rispettare il proprio statuto. Per questo contestiamo la legittimità di tutte le decisioni prese e andremo fino in fondo nel farlo.
L'intesa del 10 gennaio ha provocato l'esplosione della maggioranza che da poco si era presentata assieme nel congresso. Ricordiamo la retorica con cui si era presentato il congresso come "unitario", noi sola opposizione eravamo troppo pochi e senza potere per essere semplicemente presi in considerazione
Poi l'11 gennaio puf... tutto questo non c'è più stato.
Nel direttivo nazionale Susanna Camusso e Maurizio Landini si sono affrontati con una durezza rara. E con accuse che se portate avanti coerentemente non possono che mettere reciprocamente in discussione il ruolo e la persona.
Landini è arrivato ad affermare che non rispetterà le decisioni del direttivo e siamo d'accordo, abbiamo subito sostenuto che a questa intesa si disobbedisce, che nostro primo compito è farla saltare rendendola inapplicabile. Tuttavia non possiamo non cogliere due grandi contraddizioni nella posizione del segretario della Fiom.
La prima, sulla quale ha giocato Susanna Camusso, è che l'intesa del 10 gennaio applica quella del 31 maggio scorso. Certo la applica nel modo più brutale, ma la applica. Se qualcuno ha voglia di andare a leggere ciò che scrivevamo allora per dire no, troverà gli stessi giudizi che usa Landini per l'accordo di oggi. Eravamo veggenti, Cassandre? No, quelli erano principi negativi già chiari e ora si son tradotti in regole capestro. Forse Landini pensava di condizionare la trasformazione di quei principi in regole, ma non ci è riuscito ed è incomprensibile e insostenibile che continui ad affermare che il 31 maggio era buono e il 10 gennaio no. È una posizione che non sta in piedi.
La seconda contraddizione è che non si può dire che non si accettano le decisioni del direttivo, giustamente lo ripetiamo, e poi continuare a far parte della maggioranza.
La Fiom nazionale ha sospeso i congressi e svolgerà assemblee di delegati. Poi pare che Landini e la sua area abbiano intenzione di presentare emendamenti contro l'accordo, emendamenti al documento firmato da Susanna Camusso. Ma scherziamo?
Si afferma, giustamente, che è in discussione la democrazia in Cgil e poi tutto questo si traduce in una nuova postilla al documento Camusso?
Non chiediamo a Landini di venire nel documento alternativo, anche se non siamo degli appestati. Rompa lui con il documento che in premessa esalta l'accordo del 31 maggio e passi lui, nei suoi modi, all'opposizione in Cgil. Faccia questa scelta e noi troveremo il modo di fare una battaglia comune, passando sopra a tutte le cattiverie che abbiamo subito. Ma rompa sul serio e prima di tutto ritiri la firma dal documento Camusso.
Presentare ora agli iscritti il documento di maggioranza come se niente fosse, mentre i leader di quella maggioranza si dividono e scontrano sulla natura stessa della Cgil, non sarebbe solo un intollerabile inganno, ma una scelta poco seria.
Per quanto ci riguarda, il consenso superiore a qualsiasi previsione che sta raccogliendo il nostro documento ci fa dire che abbiamo imbroccato la strada giusta. E andremo avanti ad organizzarci e a lottare.
Abbiamo fatto questa scelta perché consideriamo quell'accordo una violazione dello statuto della Cgil. Per questo, come abbiamo dichiarato in quella sede, ricorreremo alle vie formali: né la segreteria né il direttivo hanno il potere di non rispettare o di cambiare nei fatti lo statuto dell'organizzazione.
Siamo stati accusati e diffidati perché abbiamo detto che quell'accordo è incostituzionale. Ma la sostanza è che con la sentenza di luglio la Corte Costituzionale ha affermato che non si possono condizionare la rappresentanza e i diritti sindacali all'obbligo della firma degli accordi. E ancora di più che i lavoratori hanno diritto a scegliere liberamente chi li deve rappresentare. L'accordo sulla rappresentanza nega queste principi, come definirlo se non incostituzionale?
Ma non solo per questo motivo si viola lo statuto della Cgil. Le procedure di decisione e arbitrato sull'attività sindacale, le sanzioni anche pecuniarie per le strutture e i lavoratori che fanno i delegati, le regole e lo spirito dell'intesa sulla rappresentanza violano lo spirito e le norme della costituzione democratica della Cgil.
Si costituisce un sistema sindacale aziendalista e al tempo stesso centralizzato in forma autoritaria, le autonomie delle categorie e i diritti democratici degli iscritti sono tutti sottoposti al controllo di conformità all'accordo. La Cgil, se applica l'accordo, deve non rispettare il proprio statuto. Per questo contestiamo la legittimità di tutte le decisioni prese e andremo fino in fondo nel farlo.
L'intesa del 10 gennaio ha provocato l'esplosione della maggioranza che da poco si era presentata assieme nel congresso. Ricordiamo la retorica con cui si era presentato il congresso come "unitario", noi sola opposizione eravamo troppo pochi e senza potere per essere semplicemente presi in considerazione
Poi l'11 gennaio puf... tutto questo non c'è più stato.
Nel direttivo nazionale Susanna Camusso e Maurizio Landini si sono affrontati con una durezza rara. E con accuse che se portate avanti coerentemente non possono che mettere reciprocamente in discussione il ruolo e la persona.
Landini è arrivato ad affermare che non rispetterà le decisioni del direttivo e siamo d'accordo, abbiamo subito sostenuto che a questa intesa si disobbedisce, che nostro primo compito è farla saltare rendendola inapplicabile. Tuttavia non possiamo non cogliere due grandi contraddizioni nella posizione del segretario della Fiom.
La prima, sulla quale ha giocato Susanna Camusso, è che l'intesa del 10 gennaio applica quella del 31 maggio scorso. Certo la applica nel modo più brutale, ma la applica. Se qualcuno ha voglia di andare a leggere ciò che scrivevamo allora per dire no, troverà gli stessi giudizi che usa Landini per l'accordo di oggi. Eravamo veggenti, Cassandre? No, quelli erano principi negativi già chiari e ora si son tradotti in regole capestro. Forse Landini pensava di condizionare la trasformazione di quei principi in regole, ma non ci è riuscito ed è incomprensibile e insostenibile che continui ad affermare che il 31 maggio era buono e il 10 gennaio no. È una posizione che non sta in piedi.
La seconda contraddizione è che non si può dire che non si accettano le decisioni del direttivo, giustamente lo ripetiamo, e poi continuare a far parte della maggioranza.
La Fiom nazionale ha sospeso i congressi e svolgerà assemblee di delegati. Poi pare che Landini e la sua area abbiano intenzione di presentare emendamenti contro l'accordo, emendamenti al documento firmato da Susanna Camusso. Ma scherziamo?
Si afferma, giustamente, che è in discussione la democrazia in Cgil e poi tutto questo si traduce in una nuova postilla al documento Camusso?
Non chiediamo a Landini di venire nel documento alternativo, anche se non siamo degli appestati. Rompa lui con il documento che in premessa esalta l'accordo del 31 maggio e passi lui, nei suoi modi, all'opposizione in Cgil. Faccia questa scelta e noi troveremo il modo di fare una battaglia comune, passando sopra a tutte le cattiverie che abbiamo subito. Ma rompa sul serio e prima di tutto ritiri la firma dal documento Camusso.
Presentare ora agli iscritti il documento di maggioranza come se niente fosse, mentre i leader di quella maggioranza si dividono e scontrano sulla natura stessa della Cgil, non sarebbe solo un intollerabile inganno, ma una scelta poco seria.
Per quanto ci riguarda, il consenso superiore a qualsiasi previsione che sta raccogliendo il nostro documento ci fa dire che abbiamo imbroccato la strada giusta. E andremo avanti ad organizzarci e a lottare.
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