La lotta elettorale a Pietroburgo e i menscevichi
Vladimir Lenin
Scritto nel febbraio 1907
Questo testo apparve come articolo non firmato sul n. 1 del Cveni Tskhovreba
In nessun luogo la
lotta elettorale è stata così aspra come a Pietroburgo. In nessun luogo vi sono
stati tali contrasti fra i partiti come a Pietroburgo. Socialdemocratici, populisti, cadetti, centoneri; bolscevichi e menscevichi in seno alla
socialdemocrazia; trudovikì,
socialisti-rivoluzionari e socialisti populisti fra i
populisti; cadetti di sinistra e di destra nel partito cadetto: tutti hanno
condotto una lotta accanita...
In nessun luogo
però la fisionomia dei partiti si è rivelata così nettamente come a
Pietroburgo. E così doveva essere. La lotta elettorale è un'azione viva e i
partiti si possono giudicare soltanto nell'azione. È chiaro che quanto più
aspramente si conduceva la lotta, tanto più nettamente doveva rivelarsi la
fisionomia dei suoi protagonisti.
A questo riguardo è
molto interessante la condotta dei bolscevichi e dei menscevichi nel corso
della lotta elettorale.
Ricorderete
probabilmente quel che dicevano i menscevichi. Già prima delle elezioni essi
avevano dichiarato che l'assemblea costituente e la repubblica democratica
erano un peso morto, che innanzitutto occorrevano una Duma e un ministero
cadetto e che un accordo elettorale con i cadetti era dunque necessario. In
caso contrario, secondo loro, avrebbero vinto i centoneri. Ecco ciò che
scriveva alla vigilia delle elezioni uno dei capi menscevichi, Cerevanin:
"Sarebbe assurdo e insensato per il proletariato tentare, come qualcuno
propone, di ingaggiare, insieme con i contadini, la lotta sia contro il governo
sia contro la borghesia per un'assemblea costituente nazionale e sovrana"
(Nasce Dielo, n. 1).
Un altro dei capi
menscevichi, Plekhanov, era
d'accordo con Cerevanin; egli pure respingeva l'assemblea costituente,
proponendo al suo posto una Duma sovrana, che avrebbe dovuto diventare la
piattaforma comune per i cadetti e i socialdemocratici (Tovaristc, 24
novembre 1906).
E il noto
menscevico Vasiliev diceva con maggior franchezza che la lotta di classe
"in questo momento è micidiale e criminale...", che le diverse classi
e i diversi gruppi devono "abbandonare temporaneamente i ‘migliori
programmi’ e fondersi in un unico partito costituzionale" (Tovaristc,
17 dicembre 1906).
Così parlavano i
menscevichi.
I bolscevichi
condannarono sin dall'inizio questa posizione dei menscevichi. Essi dicevano
che non è da socialisti venire a un accordo con i cadetti: i socialisti devono
agire in modo indipendente nella lotta elettorale. Nelle elezioni di primo
grado gli accordi sono ammissibili soltanto come eccezione, e per di più con
quei partiti che pongono come parola d'ordine del momento la costituente
popolare, la confisca di tutte le terre, la giornata lavorativa di otto ore,
ecc. Ma i cadetti respingono tutto questo. Il "pericolo dei
centoneri" è un invenzione dei liberali per spaventare gli ingenui. I
centoneri non possono "riempire" la Duma. Quando parlano del
"pericolo dei centoneri", i menscevichi non fanno che ripetere le
parole dei liberali. Il "pericolo cadetto" invece esiste ed è un
pericolo reale. è nostro dovere raggruppare attorno a noi tutti gli elementi
rivoluzionari e condurre la lotta contro i cadetti, i quali si alleano con la
reazione contro la rivoluzione. Noi dobbiamo lottare simultaneamente su due
fronti: contro la reazione e contro la borghesia liberale e i suoi sostenitori.
Così parlavano i
bolscevichi.
Ed ecco
approssimarsi il giorno dell'apertura della conferenza socialdemocratica di
Pietroburgo [1]. Là, in quella conferenza, due
tattiche dovevano affrontarsi sotto gli occhi del proletariato: quella
dell'accordo con i cadetti e quella della lotta contro i cadetti. In quella
conferenza il proletariato avrebbe dovuto dare un giudizio su tutto quello che
avevano detto fino allora i bolscevichi e i menscevichi. Ma i menscevichi
ebbero il presentimento della loro sconfitta, sentirono che la conferenza
avrebbe condannato la loro tattica, e decisero di uscire dalla conferenza, di
rompere con la socialdemocrazia. È per realizzare l'intesa con i cadetti che
essi presero l'iniziativa della scissione. Volevano mercanteggiare con i
cadetti per far eleggere i loro uomini alla Duma.
I bolscevichi
condannarono decisamente la loro ignavia. Cifre alla mano, dimostrarono
l'inesistenza del "pericolo dei centoneri". Criticarono in modo
implacabile i socialisti-rivoluzionari e i trudovikì, ma li invitarono anche
apertamente a raggrupparsi attorno al proletariato, contro la controrivoluzione
e i cadetti.
E mentre i bolscevichi
riunivano gli elementi rivoluzionari attorno al proletariato, mentre essi
attuavano con decisione la tattica intransigente del proletariato, nello stesso
momento i menscevichi, alle spalle degli operai, conducevano trattative con i
cadetti.
Ma i cadetti
piegavano sempre di più a destra. Stolypin
fece venire da lui, per "negoziare", uno dei loro capi, Miliukov. I cadetti l'avevano all'unanimità
incaricato di condurre trattative con la reazione a nome del partito. È chiaro
che essi volevano un accordo con la reazione, contro la rivoluzione. Al tempo
stesso, un altro dei capi cadetti, Struve,
dichiarava apertamente che "i cadetti vogliono un accordo con il monarca
allo scopo di ottenere la costituzione" (Riec, 18 gennaio 1907).
Era evidente che i cadetti stavano per fare blocco con la reazione.
Tuttavia i
menscevichi conducevano trattative con i cadetti, cercavano un'alleanza con
essi. Poveretti! Non riuscivano a comprendere che accordandosi con i cadetti si
mettevano sulla via dell'accordo con la reazione!
Frattanto
incominciano i comizi elettorali permessi dalle autorità. Qui, in questi
comizi, si rivela nettamente che il "pericolo dei centoneri" è una
fantasia, che la lotta fondamentale si combatte fra cadetti e socialdemocratici
e che chi stringe un accordo con i cadetti tradisce la socialdemocrazia. Nei
comizi i menscevichi non si fanno più vedere: due o tre volte hanno tentato di
prendere le difese dei cadetti, ma si sono coperti di vergogna e hanno dovuto
prendere la porta. I menscevichi, adulatori dei cadetti, hanno perso ogni
credito. I bolscevichi e i cadetti restano i soli padroni dei dibattiti. La
lotta fra di loro riempie da sola i comizi. I socialisti-rivoluzionari e i
trudovikì si rifiutano di trattare con i cadetti. I socialisti populisti
tentennano. I bolscevichi si mettono alla testa della lotta elettorale.
Dov'erano nel
frattempo i menscevichi?
Discutevano con i
cadetti per tre seggi in parlamento. È incredibile, ma è un fatto e il nostro
dovere è di dire apertamente la verità.
I bolscevichi
dichiarano: abbasso l'egemonia dei cadetti!
I menscevichi
invece respingono questa parola d'ordine e così si sottomettono all'egemonia
dei cadetti e si accodano ad essi.
Frattanto avvengono
le elezioni nella curia operaia [2]. Risulta
che nei distretti menscevichi gli operai hanno quasi ovunque eletto come delegati
dei socialisti-rivoluzionari. "Noi non possiamo votare per coloro che si
accordano con i cadetti; i socialisti-rivoluzionari sono comunque
migliori": così, a quanto pare, parlavano gli operai. Gli operai chiamano
liberali i socialdemocratici e preferiscono andare con i democratici-borghesi,
con i socialisti-rivoluzionari! Ecco a che cosa ha portato l'opportunismo dei
menscevichi!
I bolscevichi
continuano ad applicare la loro tattica intransigente e invitano tutti gli
elementi rivoluzionari a stringersi attorno al proletariato. I
socialisti-rivoluzionari e i trudovikì si associano apertamente alla parola
d’ordine bolscevica: abbasso l’egemonia dei cadetti! I socialisti populisti
rompono con i cadetti. Diventa per tutti evidente che l’accordo tra i socialdemocratici
e i socialisti-rivoluzionari e i trudovikì eviterà una divisione dei voti che
permetterebbe ai centoneri di vincere. Vinceranno i cadetti o l'estrema
sinistra. Il "pericolo dei centoneri" è una fantasia.
Frattanto i cadetti
rompono le trattative con i menscevichi. Probabilmente l'affare è andato male.
I bolscevichi da parte loro hanno concluso un accordo con i
socialisti-rivoluzionari, i trudovikì e i socialisti populisti, hanno isolato i
cadetti e hanno condotto un'offensiva generale contro la reazione e i cadetti.
A Pietroburgo sono state presentate tre liste: dei centoneri, dei cadetti e
dell'estrema sinistra. Così si sono avverate, a dispetto dei menscevichi, le
parole dei bolscevichi a proposito delle tre liste.
Respinti dal
proletariato, lasciati con un pugno di mosche dai cadetti, derisi dai
socialisti-rivoluzionari e dai trudovikì, coperti di vergogna dalla storia, i
menscevichi depongono le armi e votano per la lista dell'estrema sinistra,
contro i cadetti. La commissione menscevica del rione di Vyborg dichiara
apertamente che i menscevichi voteranno per l'estrema sinistra, contro i
cadetti.
E questo significa
che i menscevichi hanno smentito l'esistenza del "pericolo dei
centoneri", hanno respinto l'accordo con i cadetti e hanno appoggiato la
parola d'ordine bolscevica: abbasso l'egemonia dei cadetti!
Questo significa
anche che i menscevichi hanno rinunciato alla loro tattica e hanno accettato
apertamente la tattica dei bolscevichi.
Questo significa,
infine, che i menscevichi hanno cessato di accodarsi ai cadetti e ora seguono i
bolscevichi.
Infine le elezioni
hanno avuto luogo ed è risultato che a Pietroburgo nemmeno uno dei centoneri è
stato eletto.
Così è risultata
giustificata la tattica dei bolscevichi a Pietroburgo.
Così i menscevichi
sono stati sconfitti.
NOTE
1.
La conferenza ebbe luogo il 6 gennaio 1907. Erano presenti 40
bolscevichi e 31 menscevichi. Il Comitato centrale del POSDR, composto in
maggioranza da menscevichi, nella speranza di ottenere un maggior numero di
voti, propose ai delegati di dividersi in due conferenze, una di città e una di
governatorato. I delegati si opposero a un atto contrario allo statuto del
partito. In segno di protesta i menscevichi abbandonarono la sala; i delegati
rimasti decisero di continuare i lavori. Ascoltato il rapporto di Lenin, la
conferenza si pronunciò contro la conclusione di accordi elettorali con i
cadetti, ritenendo questi accordi non soltanto inammissibili dal punto di vista
dei principi, ma anche politicamente dannosi. La conferenza decise di
"porre immediatamente all'ordine del giorno la questione, molto importante
per Pietroburgo, degli accordi con la democrazia rivoluzionaria". I
rappresentanti menscevichi del Comitato centrale dichiararono che le decisioni
della conferenza non erano impegnative per l'organizzazione socialdemocratica
di Pietroburgo e i menscevichi che avevano abbandonato la conferenza proposero,
nella stampa, di concludere un blocco con i cadetti.
2.
Secondo la legge elettorale dell'11 dicembre 1905 i
governatorati non erano divisi in circoscrizioni o collegi, ma in curie (gruppi
elettorali): la curia dei grandi proprietari fondiari, la curia della città
(composta in prevalenza di borghesi), la curia contadina e la curia operaia. Le
elezioni non erano dirette: erano di secondo grado per le due prime curie, di
quarto grado per la curia contadina e di terzo grado per la curia operaia. La
curia operaia comprendeva gli operai che lavoravano in imprese con almeno
50-100 dipendenti. Le elezioni avvenivano nel modo seguente: gli elettori (izbiràteli)
eleggevano i delegati (upolnomòcennye) che a loro volta eleggevano gli
elettori diretti (vyborstciki). Questi ultimi eleggevano i deputati nei
congressi generali di governatorati delle quattro curie. Il suffragio non era
eguale. Per inviare al congresso generale di governatorato un elettore diretto
occorrevano rispettivamente 2.000 grandi proprietari fondiari, 7.000 borghesi
nelle città, 30.000 contadini, 90.000 operai. Con la legge del 3 giugno 1907, i
diritti elettorali degli operai e dei contadini subirono una ulteriore
limitazione. Per un elettore diretto occorrevano, contro 230 grandi proprietari
fondiari o 1.000 borghesi, 60.000 contadini o fino a 125.000 operai. Inoltre la
curia della città venne divisa in prima curia (borghesia industriale e
commerciale) e seconda curia (intellettuali, impiegati, commessi di negozio,
ecc.).
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