venerdì 24 ottobre 2014

Recessione infinita. Gli scenari di Goldman Sachs di Claudio Conti, Contropiano.org

Recessione infinita. Gli scenari di Goldman Sachs

Mentre i comunicatori (al governo o nei media) si debbono preoccupare soltanto di spargere ottimismo e coltivare così il consenso, nei centri studi ci si preoccupa davvero di come sta andando l'economia globale. Naturalmente lo fanno con gli strumenti teorici che mette loro a disposizione il pensiero neoliberale, econometrico, statistico. Ma anche così sono costretti a sbattere contro oltre sette anni di crisi economica globale, per quanto disomogenea tra paesi “maturi” e potenze “emergenti”, che hanno distrutto tutte le “relazioni strutturali” precedentemente immaginate come eterne e immutabili.
Un report della banca criminale chiamata Goldman Sachs Goldman coglie tutte le anomalie del presente, fin dal titolo “Avventure nel Paese delle Meraviglie” (Adventures in Wonderland). Lewis Carroll in effetti c'entra molto. Ricordiamo che era una ottimo matematico e che le avventure di Alice erano tali perché si svolgevano contraddicendo molte, se non tutte, le leggi matematiche conosciute.
L'analogia è insomma azzeccata perché – guardando alle politiche monetarie od economiche oggi in vigore – tutto o quasi si svolge contraddicendo le attese generate dalle “certezze teoriche”. Per esempio: sette anni di tassi di interesse a zero non hanno affatto portato a un'espansione degli investimenti, secondo la “legge” per cui a denaro meno costoso corrisponde una maggiore propensione all'attività economica, ma all'opposto: deflazione, “trappola della liquidità”, condita con altre metafore colorite (“il cavallo non beve”, ecc).
In un ambiente economico sovvertito, tutte le aspettative automatiche su cui gli “operatori di mercato” regolano le proprie azioni vengono sistematicamente disattese. La “crescita”, annunciata per ogni fine anno (la prometteva già Tremonti, ricordate?), non si è mai fatta vedere. I paesi avanzati che vanno meglio ballano da tempo intorno al più zero virgola e il meno zero virgola; poi ci sono gli Stati Uniti, le cui statistiche hanno l'attendibilità strutturale del chewing gum, ma confermano indirettamente la stagnazione.
Anche il ciclo economico, signora mia, non è più quello di una volta.
Le ipotesi che Golsman Sachs avanza sul futuro sono altrettanto deprimenti. La più probabile si chiama “stagnazione secolare” ed è semplicemente la prosecuzione indefinita della situazione attuale: crescita zero, tassi zero, disoccupazione in aumento costante (la tecnologia, infatti, continua a progredire e a cancellare posti di lavoro), rendimento basso degli investimenti finanziari (con l'obbligazionario più interessante dell'azionario), richiesta continua di “iniezioni di liquidità” da parte delle banche centrali principali (Fed, Bce, Boj).
Il secondo scenario è in realtà una variazione sul tema: “grande moderazione”. La crescita in questo caso si potrebbe anche vedere, ma così bassa che si spiana con un grissino. Di conseguenza la disoccupazione continuerebbe a crescere (la tecnologia sta sempre lì, a meccanizzare funzioni umane trasferendole a una macchina o a un software), le aziende farebbero forse qualche profitto in più, ridando fiato anche al mercato azionario (fin qui qui tenuto in vita praticamente solo daalla grande liquidità immessa dalle banche centrali). Ma non ci sarebbero cambiamenti significativi. Una depressione meno triste, insomma, niente balli e fuochi artificiali.
Il terzo scenario è banalmente una speranza: “normalizzazione”. Ovvero tutto torna come prima, tra crescita sostenuta, inflazione sostenibile, occupazione crescente. Cosa potrebbe generare un simile futuro roseo? Il fatto che la Cina sviluppi alla grande il proprio mercato interno, aumentando i consumi e trasformandosi dunque da “manifattura del mondo” in “locomotiva del mondo”. Di contorno, Goldman Sachs vede bene anche le “riforme strutturali” in Europa e India, mentre ripone sogni d'oro nello “shale gas” statunitense, di cui invece si sta vedendo già ora l'orizzonte dell'esaurimento. Senza nemmeno mettersi a valutare le ricadute geostrategiche di una Cina diventata "locomotiva mondiale" e quindi non più "contenibile" al di sotto delle pretese egemoche gloaìbale statunitensi...
Diciamola così: sevolete una spiegazione teorica solida, ve la possiamo fornire noi: la causa della vostra crisi si chiama sovrapproduzione di capitale. C'è troppa ricchezza in giro (troppi capitali, stabilimenti industriali, forza lavoro), distribuita in modo da cani, e non riuscite più a “valorizzare” questo eccesso. Di questo passo, ce lo dice sia la teoria che la Storia, sarete costretti a distruggere in modo rapido e violento buona parte di questi capitali: aumentare la "competitività", infatti, porta diritto verso la guerra (e avete il piccolo problema degli arsenali nucleari, sovradimensionati rispetto alla quota di capitale che vi !converrebbe" distruggere).
Se volete invece una soluzione quasi pacifica alla crisi, temiamo che il nostro consiglio non vi piacerà: capitalisti, suicidatevi. È infatti il “modo di produzione capitalistico” l'eccesso che il pianeta e l'umanità non possono più sopportare (è un fatto oggettivo, non un'insofferenza psicologica). Dell'eccesso di ricchezza esistente, così come dello sviluppo tecnologico inarrestabile, l'umanità saprebbe benissimo cosa fare. Riducendo la quantità di lavoro richiesta ad ognuno e le disparità sociali; fornendo un tetto, cibo e istruzione a tutti; costruendo un equilibrio stabile tra sviluppo umano e risorse naturali. Si chiama comunismo, ed è l'unico scenario che non potete proprio prendere in considerazione.

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