Mentre i comunicatori (al
governo o nei media) si debbono preoccupare soltanto di spargere
ottimismo e coltivare così il consenso, nei centri studi ci si preoccupa
davvero di come sta andando l'economia globale. Naturalmente lo fanno
con gli strumenti teorici che mette loro a disposizione il pensiero
neoliberale, econometrico, statistico. Ma anche così sono costretti a
sbattere contro oltre sette anni di crisi economica globale, per quanto
disomogenea tra paesi “maturi” e potenze “emergenti”, che hanno
distrutto tutte le “relazioni strutturali” precedentemente immaginate
come eterne e immutabili.
Un report della banca criminale chiamata
Goldman Sachs Goldman coglie tutte le anomalie del presente, fin dal
titolo “Avventure nel Paese delle Meraviglie” (Adventures in Wonderland).
Lewis Carroll in effetti c'entra molto. Ricordiamo che era una ottimo
matematico e che le avventure di Alice erano tali perché si svolgevano
contraddicendo molte, se non tutte, le leggi matematiche conosciute.
L'analogia è insomma azzeccata perché –
guardando alle politiche monetarie od economiche oggi in vigore – tutto o
quasi si svolge contraddicendo le attese generate dalle “certezze
teoriche”. Per esempio: sette anni di tassi di interesse a zero non
hanno affatto portato a un'espansione degli investimenti, secondo la
“legge” per cui a denaro meno costoso corrisponde una maggiore
propensione all'attività economica, ma all'opposto: deflazione,
“trappola della liquidità”, condita con altre metafore colorite (“il
cavallo non beve”, ecc).
In un ambiente economico sovvertito,
tutte le aspettative automatiche su cui gli “operatori di mercato”
regolano le proprie azioni vengono sistematicamente disattese. La
“crescita”, annunciata per ogni fine anno (la prometteva già Tremonti,
ricordate?), non si è mai fatta vedere. I paesi avanzati che vanno
meglio ballano da tempo intorno al più zero virgola e il meno zero
virgola; poi ci sono gli Stati Uniti, le cui statistiche hanno
l'attendibilità strutturale del chewing gum, ma confermano
indirettamente la stagnazione.
Anche il ciclo economico, signora mia, non è più quello di una volta.
Le ipotesi che Golsman Sachs avanza sul futuro sono altrettanto deprimenti. La più probabile si chiama “stagnazione secolare”
ed è semplicemente la prosecuzione indefinita della situazione attuale:
crescita zero, tassi zero, disoccupazione in aumento costante (la
tecnologia, infatti, continua a progredire e a cancellare posti di
lavoro), rendimento basso degli investimenti finanziari (con
l'obbligazionario più interessante dell'azionario), richiesta continua
di “iniezioni di liquidità” da parte delle banche centrali principali
(Fed, Bce, Boj).
Il secondo scenario è in realtà una variazione sul tema: “grande moderazione”.
La crescita in questo caso si potrebbe anche vedere, ma così bassa che
si spiana con un grissino. Di conseguenza la disoccupazione
continuerebbe a crescere (la tecnologia sta sempre lì, a meccanizzare
funzioni umane trasferendole a una macchina o a un software), le aziende
farebbero forse qualche profitto in più, ridando fiato anche al mercato
azionario (fin qui qui tenuto in vita praticamente solo daalla grande
liquidità immessa dalle banche centrali). Ma non ci sarebbero
cambiamenti significativi. Una depressione meno triste, insomma, niente
balli e fuochi artificiali.
Il terzo scenario è banalmente una speranza: “normalizzazione”.
Ovvero tutto torna come prima, tra crescita sostenuta, inflazione
sostenibile, occupazione crescente. Cosa potrebbe generare un simile
futuro roseo? Il fatto che la Cina sviluppi alla grande il proprio
mercato interno, aumentando i consumi e trasformandosi dunque da
“manifattura del mondo” in “locomotiva del mondo”. Di contorno, Goldman
Sachs vede bene anche le “riforme strutturali” in Europa e India, mentre
ripone sogni d'oro nello “shale gas” statunitense, di cui invece si sta
vedendo già ora l'orizzonte dell'esaurimento. Senza nemmeno mettersi a
valutare le ricadute geostrategiche di una Cina diventata "locomotiva
mondiale" e quindi non più "contenibile" al di sotto delle pretese
egemoche gloaìbale statunitensi...
Diciamola così: sevolete una spiegazione teorica solida, ve la possiamo fornire noi: la causa della vostra crisi si chiama sovrapproduzione di capitale.
C'è troppa ricchezza in giro (troppi capitali, stabilimenti
industriali, forza lavoro), distribuita in modo da cani, e non riuscite
più a “valorizzare” questo eccesso. Di questo passo, ce lo dice sia la
teoria che la Storia, sarete costretti a distruggere in modo rapido e
violento buona parte di questi capitali: aumentare la "competitività",
infatti, porta diritto verso la guerra (e avete il piccolo problema
degli arsenali nucleari, sovradimensionati rispetto alla quota di
capitale che vi !converrebbe" distruggere).
Se volete invece una soluzione quasi pacifica alla crisi, temiamo che il nostro consiglio non vi piacerà: capitalisti, suicidatevi.
È infatti il “modo di produzione capitalistico” l'eccesso che il
pianeta e l'umanità non possono più sopportare (è un fatto oggettivo,
non un'insofferenza psicologica). Dell'eccesso di ricchezza esistente,
così come dello sviluppo tecnologico inarrestabile, l'umanità saprebbe
benissimo cosa fare. Riducendo la quantità di lavoro richiesta ad ognuno
e le disparità sociali; fornendo un tetto, cibo e istruzione a tutti;
costruendo un equilibrio stabile tra sviluppo umano e risorse naturali.
Si chiama comunismo, ed è l'unico scenario che non potete proprio
prendere in considerazione.
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