Mi piacerebbe avere memoria di un incontro a Bruxelles in cui
l’Italia non sia uscita da trionfatrice: è almeno dal novembre del 2011
che il nostro Paese inanella un successo dopo l’altro per cui davvero
non si capisce come mai siamo ridotti in queste condizioni da Grecia
prossima ventura. Anzi lo si capisce benissimo: è solo una
rappresentazione di media genuflessi e padronali, il film di un regista
logoro che mostra i suoi miserabili retroscena da quando l’osanna è
diventato pressoché unanime.
E naturalmente anche l’ultimo pellegrinaggio per farsi bollinare la
legge di stabilità pre elettorale del caudillo della Leopolda è
rappresentata come un grande successo dell’arlecchino nazionale. In un
certo senso è anche vero: nessun organismo serio al mondo avrebbe
fatto passare una manovra vuota e imbarazzante, frutto di puri
espedienti e che alla fine, come si evince dalle tabelle, si rivela ben
poca cosa. Ma, come ho fatto osservare nei giorni scorsi (vedi qui), non c’è nessuna voglia di infierire sull’Italia, soprattutto in
vista di possibili elezioni a primavera, ultima finestra possibile per
tenere in piedi nelle urne il bluff renziano. Inoltre, Bruxelles è
rassicurata dalla clausola di salvaguardia che fa scattare forti aumenti
di tassazione ( tre punti di Iva in più) nel caso non vengano raggiunti
gli obiettivi dichiarati, allontanando così il rischio di una
sostanziosa violazione delle regole.
Nonostante questo la manovra non è passata indenne e da quel che si
capisce ci sarà un compromesso sulla riduzione del deficit strutturale
su una misura intermedia fra l0 0,1 proposto dall’Italia e lo 0,5 voluto
da Bruxelles: lo 0,3. Il che vuol dire nella sostanza una cifra tra i 4
e i 5 miliardi, sufficiente, anche tenendo conto del tesoretto, a
rimettere in cantiere una manovra già di per sè rappezzata alla meglio,
inconcludente e foriera di sviluppo solo delle bugie. Quindi una resa
di fronte alla burocrazia europea, feticcio di comodo del renzusconismo,
fin troppo ben disposta questa volta a lasciare corda a un governo così
sollecito nello stravolgere in senso liberista il mercato del lavoro,
il welfare e le istituzioni. In realtà è proprio il doppio gioco di
Renzi a renderlo prezioso all’Europa dell’austerità, anche se “il bomba”
tende sempre ad esagerare e il guinzaglio non viene mai allungato
troppo.
Ciò che è imbarazzante è il culto mistico del renzianesimo che ormai dilaga nei media privi di vergogna e di sensus sui. Sul barbiere della sera si arriva a leggere che ”Camerun si allinea a Renzi”
quando è stato proprio il premier inglese a rifiutarsi di sganciare i
contributi aggiuntivi e retroattivi chiesti dalla commissione ai vari
Paesi dell’Unione. Una questione di cui il caudillo nostrano non
conosceva nemmeno l’esistenza, accodandosi all’ultimo momento, ma
rendendosi egualmente disponibile a pagare. In questa situazione anche
se Bruxelles ottenesse dall’Italia il conferimento mille vergini ogni
anno, la cosa verrebbe presentata come un successo e un segno di
cambiamento di verso del Paese. Del resto non c’è nemmeno bisogno di
fare della satira preventiva, così cara ai pasquino di regime, per
rendersi conto che il taglio di 100 milioni per i malati di Sla e i
disabili da immolare sull’altare di Bruxelles è una cosa ancora
peggiore: i minotauri si sono soltanto aggiornati.
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