“Tutti a dire della rabbia del fiume in piena e nessuno della
violenza degli argini che lo costringono”.Tornato il sereno nel cielo di
Genova e rientrati negli argini i fiumi, le ferite restano aperto.
Sono le ferite vecchie
di decine di anni che derivano della cementificazione, del consumo di
suolo sconsiderato, della carenza strutturale di opere per la messa in
sicurezza del territorio perché “mancano i soldi” . Molto meglio i lauti
guadagni che derivano dalle grandi opere, poco importa se devastano il
territorio, tanto si può dare sempre dare
la colpa alla “burocrazia”. E gli attuali governanti della città e
della Regione, afferenti al PD, non hanno mosso un dito per cambiare
rotta. Anzi.
Sabato 18 ottobre, la
manifestazione con partenza alle 15 dal Piazzale Cimitero di Staglieno
fino a Piazza De Ferrari, attraversando i luoghi maggiormente colpiti
dall'alluvione, ha voluto “far emergere le pesanti responsabilità che ci
sono in questa vicenda soprattutto per far sì che ciò che è accaduto
non accada più.”
Gli organizzatori, per
la maggior parte giovanissimi volontari che hanno spalato il fango,
scrivono sulla loro pagina fb “La Meglio Gioventù”: “Sappiamo che le
responsabilità politiche e istituzionali sono complesse e stratificate
negli anni, ma le responsabilità del Partito Democratico, del Sindaco
Doria e del Presidente Burlando sono sotto gli occhi di tutti. Per
questo pensiamo che si debbano dimettere immediatamente. Chiediamo: Stop
alle grandi opere inutili e dannose, No alla cementificazione, sì alla
messa in sicurezza del territorio”
Già a Staglieno, nel concentramento, si nota subito la presenza di
persone non solo di Genova (studenti, volontari, attivisti politici e
sindacali della sinistra radicale, movimento No TAV - No Terzo Valico,
Centri sociali, cittadini comuni), ma anche di persone che provengono da
fuori: c'è una delegazione da Viareggio dell'Associazione “Il Mondo
che Vorrei”, costituita dai familiari delle 32 Vittime della strage
ferroviaria di Viareggio del 29 giugno 2009, ai No TAV della val di
Susa. Sono qui per dimostrare tutta la loro solidarietà, perché la lotta
è una sola e i responsabili delle morti e dei disastri sono sempre gli
stessi. La voce di Nicoletta Dosio, dal megafono, ripercorre decenni di
lotte per la difesa e sicurezza del territorio in Val di Susa, sempre
più devastato dai grandi e loschi interessi, e incita a non smettere mai
di lottare.
L'orientamento politico della manifestazione è inequivocabile: oltre
alle responsabilità del PD e dei suoi satelliti, rappresentati dal
Governo Renzi, dal Presidente della Regione Claudio Burlando, dal
Sindaco “arancione” Marco Doria, la protesta non si ferma all'alluvione e
alla distruzione del territorio, ma anche evoca anche la
disoccupazione, la povertà dilagante, le privatizzazioni, l'abbandono
delle periferie, la repressione per chi combatte. C'è un filo rosso che
unisce tutto questo, opera sempre degli stessi padroni, che oggi
perseverano nelle loro politiche con lo “Sblocca Italia” e con il jobs
act.
E' dura la condanna dei media, che forniscono un'informazione ad uso e
consumo dei loro padroni, in particolare quando etichettano i volontari
con un retorico “angeli del fango”. Un cliché, che il corteo rifiuta
categoricamente, perché contrappone ad arte i “bravi ragazzi” di Genova
che spalano il fango ai “terroristi” della Val di Susa. Questo non lo
accettano: nel corteo volontari e No Tav marciano fianco a fianco perché
la battaglia che combattono è la stessa.
Durante il percorso la rabbia sale, ma è composta, e dal corteo si
eleva l'invito ai cittadini a scendere in piazza, a non restare alla
finestra. E l'invito deve essere stato raccolto, perché man mano che il
corteo procede, sempre nuove persone si aggiungo. La musica si ferma
sotto il sottopasso dove è morto Antonio Campanella.
Arrivato in Via XX settembre il corteo è ormai un fiume che nessun
argine potrebbe imprigionare. Un volantino titola efficacemente “Tutti a
dire della rabbia del fiume in piena e nessuno della violenza degli
argini che lo costringono”, descrive bene lo spirito della
manifestazione. Quando il corteo giunge al termine, dopo un cammino
lunghissimo, in Piazza De Ferrari, resta la consapevolezza che la lotta
non deve finire qui, e che occorre che tutte le varie lotte trovino una
convergenza per unire le voci e per non essere travolte.
* Ross@ Genova
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