domenica 26 ottobre 2014

Oggionni e compagni se ne vanno dal PRC di Marco Sferini


icaroPer opportuna conoscenza, pubblico questo comunicato di compagne e compagni dei Giovani Comunisti (o dei Giovani E Comunisti dell’area “essere comunisti”) che hanno deciso di abbandonare l’organizzazione e quindi, se ne deduce, anche il Partito della Rifondazione Comunista, essendo i GC organici al Partito.
Faccio molta fatica a comprendere una simile decisione: in nome dell’unità a sinistra si produce una ennesima divisione, separazione, scissione che dir si voglia… Nonostante tutto, in bocca al lupo a tutti.
Noi rimaniamo nella casa madre di Rifondazione Comunista e saremo sempre comunque pronti a dialogare e collaborare anche con chi ci insulta definendoci settari, pieni di steccati e impaludati in chissà cosa…
MARCO SFERINI

FUORI DALL’ANGOLO, PER UN NUOVO INIZIO
Nel corso di questi anni abbiamo navigato controcorrente.
Lo sappiamo bene ora, ora che l’imbarcazione va a rilento e fatica a riprendere il cammino. Controcorrente nella società, da quando – all’indomani della scissione di Chianciano e dell’abbandono di gran parte del gruppo dirigente nazionale – provammo ad affermare l’attualità e l’utilità di un’organizzazione giovanile comunista.
Controcorrente nel nostro stesso partito, perché non siamo stati in grado di fare percepire questo obiettivo come un obiettivo di tutti e non solo di una parte.
Ce ne assumiamo in pieno la responsabilità, consapevoli allo stesso tempo che la differenza che si è acuita in questi anni ha avuto un cuore: il diverso profilo, politico e culturale, il diverso modo di essere comunisti nella fase attuale.
Sosteniamo da tempo che l’efficacia del Prc si è ridotta ben al di sotto della soglia che separa la politica dalla testimonianza, che distingue la possibilità di una contesa per l’egemonia dentro la società dalla residualità.
Sosteniamo da tempo che il Prc è vittima di una progressiva marginalizzazione di cui esso – la linea politica del suo gruppo dirigente – è la causa principale.
La risposta a queste obiezioni è stata in questi anni duplice: da una parte un’azione di disinvestimento (totale nel caso delle risorse e della fiducia politica) e di delegittimazione dell’organizzazione giovanile a tutti i livelli; e dall’altra parte una demonizzazione costante (talvolta grottesca) delle nostre posizioni, che allo scorso congresso ha toccato probabilmente il suo apice.
La nostra richiesta di immergersi, per salvare e rilanciare la rifondazione comunista, in un processo unitario e rinnovato è stata sistematicamente ostracizzata in nome della purezza inossidabile del gruppo dirigente e delle sue virtù.
Dalla costruzione di Alternativa Ribelle al lavoro unitario nelle Università con le sigle sindacali, dalla trama di relazioni consolidate nell’universo della sinistra giovanile e nei movimenti persino alle relazioni internazionali: tutto il nostro lavoro, reso prima più faticoso e poi tecnicamente impossibile, è stato contestato, contrastato, stigmatizzato.
Siamo oggi di fronte a una realtà che non possiamo più nascondere per puro spirito di disciplina, perché la disciplina senza la condivisione diventa complicità, e pure un po’ ottusa. La realtà è che Rifondazione comunista non è più una comunità nella quale la linea politica e la direzione siano democraticamente contendibili.
La realtà è che Rifondazione comunista è un partito inadeguato, che non ha saputo coltivare il suo futuro (l’organizzazione giovanile) ma ha preferito lottare contro di esso, allontanando nel corso di questi anni un numero enorme di compagne e compagni (ancora più grande se confrontato con il numero esiguo di coloro che sono rimasti iscritti).
La realtà è che Rifondazione comunista è un progetto politico ormai privo della capacità di confrontarsi con il mondo esterno, con una realtà sociale sempre più articolata e sempre più insofferente al dogmatismo, al settarismo, a strutture che hanno perso la curiosità di sperimentare, di innovare, di mettersi in discussione.
Di tutto questo, ancora, ci assumiamo la responsabilità. Lo facciamo sia nella misura in cui abbiamo contribuito a definire in questi anni gli orientamenti del partito, sia nella misura in cui non abbiamo avuto la forza e la capacità di convincere la maggioranza del partito a trasformare Rifondazione comunista nel soggetto inclusivo, aperto, popolare, democratico che abbiamo provato a ipotizzare.
Quello che non ci si può chiedere è però di rinunciare all’idea che la Sinistra possa essere qualcosa di diverso da ciò che abbiamo conosciuto.
Men che meno in settimane come queste, nelle quali fuori dalle nostre stanze cresce, dalle mobilitazioni degli studenti alla grande manifestazione della Cgil contro il Jobs Act, un nuovo protagonismo sociale. E insieme, a partire dall’appuntamento del 4 ottobre convocato da Sel in piazza Santi Apostoli, un progetto politico e un’idea nuova, più credibile, capace potenzialmente di valorizzare le energie attivate con l’esperienza elettorale della lista Tsipras e quelle che, sin qui, non abbiamo saputo intercettare.
Un progetto e un’idea che, non a caso, esprimono curiosità, vicinanza, interesse verso il percorso che noi abbiamo compiuto in questi anni.
Non ci si può chiedere di scegliere tra ciò che abbiamo conosciuto sin qui e il disimpegno. Non sarebbe giusto, per il semplice motivo che la nostra generazione non può rimanere tutta la vita nell’angolo minoritario nel quale siamo per le responsabilità politiche di chi ci ha preceduto e continua a mantenere il timone.
Ciò accade già altrove (nella vita quotidiana, in una società bloccata dagli errori delle classi dirigenti di questo Paese) e non può accadere nella politica, cioè il luogo deputato a scardinare questo blocco e a ripristinare per tutti – e quindi anche per la nostra generazione –
condizioni di eguaglianza, di giustizia e di libertà.
Per questo motivo decidiamo di non rinnovare e non proseguire il nostro impegno all’interno dell’organizzazione giovanile, di non partecipare alla prossima Conferenza nazionale e di dimetterci da tutti gli incarichi che attualmente ricopriamo, a tutti i livelli, nei Giovani Comunisti.
Ai compagni che rimarranno facciamo tanti auguri perché ne hanno bisogno e perché guarderemo con affetto vero a ciò che seguirà a questo epilogo.
Allo stesso tempo, ci impegniamo a trovare insieme, nelle prossime settimane, le forme e i luoghi per continuare un percorso politico coerente con le prospettive che abbiamo tracciato in questi anni, con l’obiettivo di essere protagonisti del processo di costruzione di un nuovo soggetto politico della Sinistra italiana, con radici profonde e radicate nella nostra storia e con la forza, la curiosità, i dubbi che ci è parso tra noi avessimo definitivamente smarrito.
Giovani E Comunisti, all’unanimità dell’assemblea. Le compagne e i compagni della Direzione e del Coordinamento nazionale 2010-2014 dei Giovani Comunisti, della Direzione e del Comitato Politico Nazionale del Prc.

Veronica Albertini, Danilo Borrelli, Irene Bregola, Filippo Cannizzo, Francesco D’Agresta, Alessandro Fatigati, Niccolò Gherarducci, Carmelo Ingegnere, Danilo Loria, Giorgio Marasà, Mattia Nesti, Simone Oggionni, Nicolò Ollino, Matteo Quarantiello, Daniele Quatrano, Anna Roma, Luca Rossi, Riccardo Sbordoni, Alessandro Serra, Carlotta Sorrentino, Valerio Todeschini

LA 15° SCISSIONE MERITA ALCUNE RIFLESSIONI
La domenica ha il pregio di essere un giorno più vuoto di altri e quindi ti concende, diciamo così, il privilegio di avere tempo da utilizzare in abbondanza.
Così ho riletto il documento dei giovani di Sinistra Lavoro (non credo di sbagliare a chiamarli così, visto che sono gli stessi giovani di essere comunisti che hanno sottoscritto l'appello del nuovo soggetto che nasce).
E' fuori di dubbio che i compagni e le compagne non riconoscano più nel Partito della Rifondazione Comunista la loro casa comune. Ne disconoscono la linea politica, attribuiscono al Partito fisionomie metaforiche che francamente, se sono vere (e a mio parere non lo sono, ma sono solo costruzioni mentali di ciò che si vorrebbe fosse oggi Rifondazione, quindi sono pretesti artatamente messi lì per figurare una realtà peggiore di quella che viviamo ogni giorno) si devono anche alla gestione che loro stessi hanno condiviso e portato avanti in questi anni.
Invece di rilanciare i GC, Simone Oggionni e la sua area politica hanno lavorato costantemente ad altri progetti: Esse blog ne è un esempio.
Un bel sito, interessante, ma non è Rifondazione Comunista, non sono i GC.
Il distacco di SEL dalla Lista Tsipras ha accelerato la costruzione della loro critica. La manifestazione di piazza Santi Apostoli e il relativo "patto" verso la "Coalizione dei Diritti" ha dato l'ultimo colpo di barra a questa vicenda.
Tutto è proceduto linearmente, senza troppi sotterfugi. Va riconosciuto.
Sinistra Lavoro è la stazione di passaggio cui si sono ora fermati per attendere che arrivino SEL, Civati e gli "arrabbiati" del PD.
Personalmente non ho preclusioni di alcuna sorta e ritengo che Rifondazione Comunista, che il mio e nostro Partito, debba considerarsi forza politica ancora in grado di discutere e dialogare. Anche con Civati.
Ma a Vendola, a Civati e agli "arrabbiati" del PD deve essere ben chiaro che il nostro progetto politico non è costruire una sinistra compatibile con un nuovo centrosinistra, peraltro invisibile, irrealizzabile stando alle parole di Matteo Renzi che punta sul "partito unico" (oltre che sul pensiero unico... qualcuno si rilegga Ramonet degli anni 1994 - 95 su Le Monde Diplomatique):
Noi riteniamo possibile costruire una nuova sinistra comunista e di alternativa partendo da un presupposto molto elementare, comprensibilissimo, chiaro fino alla trasparenza: solo riaffermando pienamente l'indipendenza e la diversità di una forza comunista e di alternativa rispetto a tutte le altre oggi nel campo governativo e di gestione delle redini del Paese, solo così, portando avanti autonomia e unità si può sperare che rinasca nella popolazione la percezione dei confini di una soggettività politica che venga acquisita come indispensabile per difendere il lavoro e i lavoratori, gli sfruttati tutti.
Non esistono compromessi di sorta. Ogni compromesso è inquinamento di questo percorso e tempo sprecato.
Pensare di dare vita ad una sinistra moderna derubricando il movimento dei comunisti dalla scena della politica italiana è mandare un messaggio di aperta sconfitta e di rassegnazione soprattutto non solo al Paese ma anche alle altre forze europee che ancora si dichiarano anticapitaliste e che, in molti casi, hanno nelle loro formazioni coalizzate partiti dichiaratamente comunisti.
Invece la parola "comunista" viene tolta, scompare sia dagli scritti di Oggionni che di Grassi: questo non ci dice nulla sui loro sentimenti e percezioni politiche personali, ma ci dice quello che vogliono comunicare ai loro possibili, futuri alleati di percorso.
Rifondazione Comunista deve essere consapevole di tutto questo e dimostrare con i fatti che il comunismo è un movimento reale che è ancora utile non solo alla critica radicale di questo capitalismo vorace che si esprime in tutta la sua plateale smargiassaggine alla Leopolda e a Palazzo Chigi nella concretezza degli atti, ma è utile e deve esserlo per interpretare a fondo una crisi sociale che deriva da una economia impossibile da gestire se non sulla pelle sempre e solo dei poveri, degli indigenti, del moderno proletariato di massa che viene messo nelle condizioni di guerreggiare in reciprocità per evitare di pensare alla condizione in cui vive.
L'unità della sinistra è una chimera se viene fatta sotto l'egida di chi condivide politiche liberiste e apertamente di destra.
L'unità della sinistra o comprende anche i comunisti o sarà sempre solamente parziale e insufficiente al suo scopo.

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