Lo compongono altrettante persone che non sanno a chi rivolgersi
e, quindi, non lo cercano “intensamente” e, perciò, non rientrano
tra i disoccupati, ma tra gli “scoraggiati”, categoria di persone
prima psicologica ed adesso, finalmente, anche statistica. Lo
compongono anche tanti cassintegrati, statisticamente occupati
e psicologicamente esclusi, ed i “lavoratori in mobilità”, che
popolano quel purgatorio tra un lavoro perduto ed uno che
difficilmente troveranno.
Otto milioni di persone sono un bel “bacino elettorale”. Ma essi non sono soli. Nella società italiana, più che in altri paesi, esiste un tessuto, una rete familiare ed amicale, che offre un tetto fino ai 35–40 anni, che travasa la bassa pensione o lo scarso reddito, che attenua ed ammortizza, quando può e come può, il disagio sociale che ne scaturisce (a quando una bella manifestazione delle mamme di Piazza del Popolo Precario?).
Otto milioni di persone sono un bel “bacino elettorale”. Ma essi non sono soli. Nella società italiana, più che in altri paesi, esiste un tessuto, una rete familiare ed amicale, che offre un tetto fino ai 35–40 anni, che travasa la bassa pensione o lo scarso reddito, che attenua ed ammortizza, quando può e come può, il disagio sociale che ne scaturisce (a quando una bella manifestazione delle mamme di Piazza del Popolo Precario?).
Considerando anche loro, quindi, il bacino elettorale si allarga
oltre i 15 milioni. Un “mercato elettorale potenziale” di queste
dimensioni fa gola a molti ed è terreno di conquista. Una volta si
pensava che questo fosse un bacino elettorale “naturalmente”
orientato a sinistra e le lotte “per il lavoro e per il sud”,
promosse dalla Cgil di Di Vittorio e protrattesi fino agli anni
settanta, costituivano il nesso sociale tra disoccupazione, lavoro
e sinistra. Ma erano veramente altri tempi. Negli ultimi decenni
giovani e disoccupati hanno votato più Forza Italia che sinistra ed
adesso, col declino di Berlusconi, questo “mondo del non lavoro
allargato” di cui stiamo parlando è elettoralmente
“contendibile” da tutti.
Questo lo aveva capito per primo Grillo, diventando la maggiore
forza tra i disoccupati, e subito dopo lo ha capito Renzi che,
parlando invece che di “piano del lavoro” di jobs act, usando inglese, tweet ed hashtag e martellando sulla fiducia nel futuro, cerca di fare di questo mondo la sua base di massa.
In questo tragitto comunicativo, sindacati, sinistra
e lavoratori a tempo indeterminato vengono additati come
responsabili, difensori di privilegi acquisiti, capri espiatori.
Da qui a dire che se i giovani non trovano lavoro è per colpa
dell’art.18, il passo è stato breve e scambiare qualche diritto in
meno, con la speranza di qualche posto di lavoro in più una
conseguenza logica e naturale.
Sappiamo bene che nessuna analisi economica seria può avallare queste affermazioni ed è evidente che esse sono strumentali: hanno il solo scopo di perseguire e proseguire lo sfondamento politico al centro ed a destra, completare la mutazione genetica del Pd e costruire un neo-centrismo che superi il bipolarismo incorporandolo al suo interno.
Il vero patto del Nazareno si sta pian piano disvelando come un’intesa strategica volta a ridisegnare il panorama politico con un Partito Centrale che per essere tale deve andare oltre la tradizionale divisione tra centro destra e centro sinistra.
Sappiamo bene che nessuna analisi economica seria può avallare queste affermazioni ed è evidente che esse sono strumentali: hanno il solo scopo di perseguire e proseguire lo sfondamento politico al centro ed a destra, completare la mutazione genetica del Pd e costruire un neo-centrismo che superi il bipolarismo incorporandolo al suo interno.
Il vero patto del Nazareno si sta pian piano disvelando come un’intesa strategica volta a ridisegnare il panorama politico con un Partito Centrale che per essere tale deve andare oltre la tradizionale divisione tra centro destra e centro sinistra.
A me sembra che, in questo campo, Renzi abbia una precisa
strategia che non è solo comunicativa, ma politica. Renzi ha una
sua idea di redistribuzione ed una sua filosofia politica: la
globalizzazione e le politiche monetarie dominanti lasciano
pochi margini per riforme economiche in grado di ridurre le
disuguaglianze; la redistribuzione, perciò, non può essere quella
teorizzata dalla sinistra, tra lavoro e capitale, dai ceti ricchi
a quelli poveri; essa non può che essere “interna” al mondo del lavoro
ed agli strati medio — bassi della società; quindi, niente vecchi
arnesi dell’armamentario di sinistra come tassazione dei grandi
patrimoni o progressività, ma idee “nuove”.
Redistribuzione dei diritti. Togliere diritti ad alcuni,
promettere lavoro ad altri. Che quello che si toglie sia certo
e quello che si promette incerto, conta poco perché ci si rivolge
a due soggetti ai quali non si toglie niente: agli imprenditori,
italiani e soprattutto stranieri, invitati ad investire, ai
giovani, invitati a sperare. Ci saranno questi effetti? Molto
probabilmente no, ma l’importante è dimostrare che Renzi ci crede
e mantenere questo feeling fino alle prossime
elezioni, quando questi voti saranno necessari per prendere in mano
il paese per cinque-anni-cinque e ridimensionare ogni opposizione
interna ed esterna.
Redistribuzione dei redditi. Rientra in questa
tipologia, innanzitutto la scelta degli 80 euro che sul piano
macroeconomico non ha pagato perché non ha rilanciato la domanda,
ma su quello elettorale sì. Che poi essa venga coperta con minori
servizi e maggiori tasse locali conta poco. I “beneficiari” sono
identificabili e sono stati in buona parte grati. I “sacrificati”
sono molti di più, ma sono sparpagliati. Tra loro ci sono anche
i beneficiari, ma essi non hanno potuto cogliere la relazione tra
soldi che entravano e soldi che uscivano ed anzi sono stati indotti
a pensare che quelli che entravano sono merito di Renzi, quelli che
uscivano, dopo, a rate e per tasse dai nomi mutevoli, sono colpa degli
amministratori locali, spreconi ed inefficienti. Colpa della
politica. Quindi bene ha fatto il nostro ad eliminare gli eletti al
senato ed alle province.
In questa stessa tipologia di redistribuzione “interna”, di una
sorta di partita di giro, rientra l’idea di colpire i redditi alti,
ma fermandosi ai redditi da lavoro o da pensione e non
spingendosi certo a quelli da profitto o da rendita. Questa idea
è stata affacciata e poi ritirata, è scritta nel libro sacro di
Gutgeld (pensato con Renzi), potrà essere riproposta, ma intanto ha
lasciato il segno: Renzi vuole colpire in alto (naturalmente non
tanto in alto da colpire grandi redditi e grandi patrimoni), ma
incontra resistenze.
Può rientrare qui anche l’idea, più recente, di anticipare
l’utilizzo del Tfr. Qui siamo in una nuova categoria di
redistribuzione: quella tra presente e futuro. Al primo no degli
industriali, questa idea, è stata ridimensionata, ma poco importa:
Renzi ha comunque segnato un altro punto a suo favore dimostrando che
pur di fare aumentare la domanda se ne inventa una al giorno,
perlomeno è in buona fede, ci crede, quindi, facciamolo lavorare.
Fermiamoci qui.
Possiamo anche dire che Renzi ha inventato “le partite di giro
sociali”: dare ad alcuni togliendo ad altri che appartengono allo
stesso mondo, senza toccare “gli altri” veri cioè grandi redditi,
grandi rendite, grandi ricchezze. Possiamo anche dire che Renzi ha
pensato ad una redistribuzione interna alla stessa persona tra
l’oggi e il domani e che ha arricchito la madre lingua toscana con il
napoletano “facimm’ammuina”, ma resta un fatto inconfutabile: ha
risucchiato voti a destra e al centro e questo era scontato, ma
anche a sinistra e questo non lo era affatto.
L’operazione è risultata finora vincente perché al disagio
sociale di cui abbiamo parlato si offrono due messaggi efficaci: ce
la sto mettendo tutta e ci credo, stiamo pagando gli abusi di ieri,
quindi, i “privilegiati” debbono pagare. Ma chi sono
i privilegiati? In una società in crisi, individualizzata
e frantumata, terribilmente impoverita sul piano culturale,
diventano quelli più vicini a noi. Chi ha un lavoro è privilegiato
per chi non lo ha, chi lo ha fisso è privilegiato per chi
è precario, chi guadagna duemila euro lo è per chi ne guadagna
mille. E gli altri? I ricchi veri?
Quelli sono lontani e non si vedono. Nella colonna sociale che non marcia più in avanti, si guarda al vicino con invidia. E se non si riesce più a vedere in chi sta molto più avanti il soggetto al quale togliere qualcosa per darlo a chi sta soffrendo, viene naturale guardare a chi ci sta accanto. E così dalla lotta di classe si scade nell’invidia dentro la classe.
Quelli sono lontani e non si vedono. Nella colonna sociale che non marcia più in avanti, si guarda al vicino con invidia. E se non si riesce più a vedere in chi sta molto più avanti il soggetto al quale togliere qualcosa per darlo a chi sta soffrendo, viene naturale guardare a chi ci sta accanto. E così dalla lotta di classe si scade nell’invidia dentro la classe.
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