Sono
passati appena 20 giorni da quando la BCE di Mario Draghi ha deciso un
intervento “illimitato ” a sostegno degli Stati in difficoltà,
attraverso l’acquisto dei loro titoli di Stato (di durata sino a 3
anni), in modo da diminuire gli interessi da pagare a chi li acquista, e
da ridurre lo spread, ossia il differenziale tra il loro rendimento e
quello dei titoli tedeschi di pari durata. Per qualche settimana è
sembrato che i mercati finanziari si accontentassero di questa promessa,
ma adesso vogliono vedere le carte. Ossia se davvero la BCE interverrà.
E qui cominciano i guai.
Perché l’intervento deciso dalla BCE sarà illimitato, ma è anche condizionato: a una richiesta di aiuto al Fondo europeo di stabilità da parte dello Stato interessato, alla sigla di un protocollo (che ovviamente conterrà nuove misure di austerity) e alla verifica del suo rispetto da parte di Commissione Europea, Banca Centrale Europea e Fondo Monetario Internazionale.
Il punto è che su questo i quattro principali Paesi dell’Eurozona stanno giocando una vera partita a poker, in cui nessuno vuole scoprire le carte, e più d’uno sta bluffando. Il governo spagnolo cerca di ritardare la richiesta di aiuto, confidando che presto l’Italia (alle prese con una severa recessione, dovuta in parte proprio alle misure di austerity già attuate) si trovi nelle sue stesse condizioni: in tal caso, questa la speranza della Spagna, le misure richieste saranno più negoziabili e meno dure.
Il governo italiano confida invece che sia la Spagna a chiedere aiuto per prima, sperando che il meccanismo d’intervento della BCE funzioni e che questo abbassi anche i rendimenti italiani a livelli accettabili senza bisogno di altre misure impopolari. Anche la Francia e la Germania vogliono che la Spagna chieda aiuto, ma per motivi diversi.
La Francia (che ha un deficit elevato e una pessima bilancia commerciale) sa di essere la prossima candidata ad avere problemi dopo l’Italia, mentre la Germania non è disposta a lasciare intervenire la BCE senza che la procedura sia rispettata. Proprio ieri il parlamento tedesco ha approvato il meccanismo europeo di stabilità con i limiti fissati dalla Corte Costituzionale tedesca.
Risultato: lo spread, ossia il differenziale tra il rendimento tra i titoli di Stato italiani a dieci anni e quello dei titoli di Stato tedeschi ha ripreso il volo, tornando al 3,75%. E la disgregazione dell’Eurozona continua, tra sacrifici inutili e politiche sbagliate che hanno soltanto peggiorato la crisi
Perché l’intervento deciso dalla BCE sarà illimitato, ma è anche condizionato: a una richiesta di aiuto al Fondo europeo di stabilità da parte dello Stato interessato, alla sigla di un protocollo (che ovviamente conterrà nuove misure di austerity) e alla verifica del suo rispetto da parte di Commissione Europea, Banca Centrale Europea e Fondo Monetario Internazionale.
Il punto è che su questo i quattro principali Paesi dell’Eurozona stanno giocando una vera partita a poker, in cui nessuno vuole scoprire le carte, e più d’uno sta bluffando. Il governo spagnolo cerca di ritardare la richiesta di aiuto, confidando che presto l’Italia (alle prese con una severa recessione, dovuta in parte proprio alle misure di austerity già attuate) si trovi nelle sue stesse condizioni: in tal caso, questa la speranza della Spagna, le misure richieste saranno più negoziabili e meno dure.
Il governo italiano confida invece che sia la Spagna a chiedere aiuto per prima, sperando che il meccanismo d’intervento della BCE funzioni e che questo abbassi anche i rendimenti italiani a livelli accettabili senza bisogno di altre misure impopolari. Anche la Francia e la Germania vogliono che la Spagna chieda aiuto, ma per motivi diversi.
La Francia (che ha un deficit elevato e una pessima bilancia commerciale) sa di essere la prossima candidata ad avere problemi dopo l’Italia, mentre la Germania non è disposta a lasciare intervenire la BCE senza che la procedura sia rispettata. Proprio ieri il parlamento tedesco ha approvato il meccanismo europeo di stabilità con i limiti fissati dalla Corte Costituzionale tedesca.
Risultato: lo spread, ossia il differenziale tra il rendimento tra i titoli di Stato italiani a dieci anni e quello dei titoli di Stato tedeschi ha ripreso il volo, tornando al 3,75%. E la disgregazione dell’Eurozona continua, tra sacrifici inutili e politiche sbagliate che hanno soltanto peggiorato la crisi
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