I primi pullman sono arrivati a Madrid già nella prima mattinata di
ieri, carichi di manifestanti. Sono giunti dai paesi della periferia
della capitale, ma anche da lontano: Bilbao, Barcellona e da quasi tutte
le principali città della Spagna con l’obiettivo dichiarato di
rispondere alla chiamata del movimento «rodea el congreso» e scendere in
piazza per circondare il parlamento spagnolo. Una forma di protesta
pacifica e simbolica – organizzata dalla Coordinadora 25S e dalla
Plataforma en Pie, di cui fanno parte, tra gli altri, il Partido
comunista e Izquierda Anticapitalista – contro l’asfissiante situazione
del Paese e la gestione a base di tagli del governo conservatore del
Partido Popular.
La partecipazione alla manifestazione è stata trasversale e ha radunato circa seimila persone. Le categorie più colpite dalla crisi erano presenti anche questa volta: studenti, professori lavoratori del settore pubblico e persino preti, come il cappellano rivoluzionario Joaquin Sanchez, che è venuto in macchina da Murcia. «Vogliamo che i politici vedano la nostra sofferenza», dice Memen, un commerciale bilbaino, da aprile senza lavoro. E qualcuno lo prende alla lettera, come quelli del gruppo di Izquierda plural e di Izquierda unida, che hanno abbandonato i lavori in aula per unirsi al corteo, sfidando l’anatema del governo che ha costantemente ricordato che «l’interruzione o l’alterazione dell’attività del parlamento è sanzionata col carcere fino a un anno». Un’insistenza che ha avuto uno sgradevole retrogusto intimidatorio ma che è poca cosa in confronto alle dichiarazioni di Dolores de Cospedal, numero due del partito di governo, che ha paragonato – con sprezzo del buon senso – la manifestazione di ieri al tentativo di colpo di stato dell’81.
Per tutto il pomeriggio diverse centinaia di persone si sono radunate nei punti nevralgici della città. Un’assemblea di circa un migliaio di persone ha occupato il Paseo del Prado fino alle 17.30. Dall’altra estremità della centralissima Gran Vía, in Plaza de España, si manifestava al grido di «non ci rappresentano», già sulla bocca degli indignati del 15M, a testimonianza della continuità che ha legato questa protesta al movimento degli indignados.
Anzi, la protesta di ieri è per certi versi il risveglio del 15M, rimasto quasi silente per più di anno, dopo aver pagato l’incapacità di coagulare il consenso in un movimento politico. La manifestazione di ieri, infatti, arriva 16 mesi dopo la storica occupazione della Puerta del Sol, e con essa ha un debito esistenziale, dato che «rodea el congreso» non avrebbero potuto esistere senza il seme degli indignados del 2011.
Intanto, mentre la televisione pubblica – in balia del Pp, dopo l’editto bulgaro di Rajoy – informa sul processo di beatificazione di Aldo Moro, nelle strade vicine al parlamento la gente ha continuato ad affluire. Qualcuno (in mattinata interi autobus) è stato fermato dalla Policia Nacional per essere identificato. Persino qualche turista, diretto ieri mattina verso il vicino museo del Prado è stato costretto a porgere – allibito – la carta d’identità a uno dei 1500 poliziotti che hanno blindato i paraggi del parlamento «per garantire il normale svolgimento dell’attività della camera».
Una misura precauzionale – hanno fatto sapere fonti governative- che però ha denotato la preoccupazione delle forze dell’ordine e di governo per una manifestazione che ha cristallizzato, una volta di più, un malcontento sociale sempre più esasperato e ribollente.
Un’esasperazione che si riversa su tutta la classe politica ma che, com’è logico, investe con maggior impeto l’esecutivo.
Una delle richieste degli organizzatori era, infatti, lo scioglimento delle camere, l’immediata convocazione di nuove elezioni e l’avvio di un processo di revisione della costituzione.
Una rivendicazione radicale, ma di certo più moderata rispetto al proposito di occupare il parlamento, con cui l’idea della manifestazione era maturata e si era diffusa su internet alcuni mesi fa. La protesta doveva, infatti, chiamarsi «ocupa el congreso»; poi saggezza, prudenza e vari cambi ai vertici organizzativi hanno fatto in modo che nome e propositi venissero ridimensionati in un più probabile «rodea el congreso» (circonda il parlamento, appunto).
Un obiettivo centrato solo in parte: alle 18.20 un tentativo di forzare le transenne disposte dalle forze dell’ordine a difesa del parlamento si è concluso con una carica che ha prodotto sei feriti e quindici arresti.
Il che, ovviamente, nulla toglie al successo – in parte inaspettato – di una manifestazione che ha avuto due meriti fondamentali: da una parte è stata, forse, l’atto di nascita degli indignados parte seconda; e dall’altra ha definitivamente sancito l’inadeguatezza del governo del Pp.
La partecipazione alla manifestazione è stata trasversale e ha radunato circa seimila persone. Le categorie più colpite dalla crisi erano presenti anche questa volta: studenti, professori lavoratori del settore pubblico e persino preti, come il cappellano rivoluzionario Joaquin Sanchez, che è venuto in macchina da Murcia. «Vogliamo che i politici vedano la nostra sofferenza», dice Memen, un commerciale bilbaino, da aprile senza lavoro. E qualcuno lo prende alla lettera, come quelli del gruppo di Izquierda plural e di Izquierda unida, che hanno abbandonato i lavori in aula per unirsi al corteo, sfidando l’anatema del governo che ha costantemente ricordato che «l’interruzione o l’alterazione dell’attività del parlamento è sanzionata col carcere fino a un anno». Un’insistenza che ha avuto uno sgradevole retrogusto intimidatorio ma che è poca cosa in confronto alle dichiarazioni di Dolores de Cospedal, numero due del partito di governo, che ha paragonato – con sprezzo del buon senso – la manifestazione di ieri al tentativo di colpo di stato dell’81.
Per tutto il pomeriggio diverse centinaia di persone si sono radunate nei punti nevralgici della città. Un’assemblea di circa un migliaio di persone ha occupato il Paseo del Prado fino alle 17.30. Dall’altra estremità della centralissima Gran Vía, in Plaza de España, si manifestava al grido di «non ci rappresentano», già sulla bocca degli indignati del 15M, a testimonianza della continuità che ha legato questa protesta al movimento degli indignados.
Anzi, la protesta di ieri è per certi versi il risveglio del 15M, rimasto quasi silente per più di anno, dopo aver pagato l’incapacità di coagulare il consenso in un movimento politico. La manifestazione di ieri, infatti, arriva 16 mesi dopo la storica occupazione della Puerta del Sol, e con essa ha un debito esistenziale, dato che «rodea el congreso» non avrebbero potuto esistere senza il seme degli indignados del 2011.
Intanto, mentre la televisione pubblica – in balia del Pp, dopo l’editto bulgaro di Rajoy – informa sul processo di beatificazione di Aldo Moro, nelle strade vicine al parlamento la gente ha continuato ad affluire. Qualcuno (in mattinata interi autobus) è stato fermato dalla Policia Nacional per essere identificato. Persino qualche turista, diretto ieri mattina verso il vicino museo del Prado è stato costretto a porgere – allibito – la carta d’identità a uno dei 1500 poliziotti che hanno blindato i paraggi del parlamento «per garantire il normale svolgimento dell’attività della camera».
Una misura precauzionale – hanno fatto sapere fonti governative- che però ha denotato la preoccupazione delle forze dell’ordine e di governo per una manifestazione che ha cristallizzato, una volta di più, un malcontento sociale sempre più esasperato e ribollente.
Un’esasperazione che si riversa su tutta la classe politica ma che, com’è logico, investe con maggior impeto l’esecutivo.
Una delle richieste degli organizzatori era, infatti, lo scioglimento delle camere, l’immediata convocazione di nuove elezioni e l’avvio di un processo di revisione della costituzione.
Una rivendicazione radicale, ma di certo più moderata rispetto al proposito di occupare il parlamento, con cui l’idea della manifestazione era maturata e si era diffusa su internet alcuni mesi fa. La protesta doveva, infatti, chiamarsi «ocupa el congreso»; poi saggezza, prudenza e vari cambi ai vertici organizzativi hanno fatto in modo che nome e propositi venissero ridimensionati in un più probabile «rodea el congreso» (circonda il parlamento, appunto).
Un obiettivo centrato solo in parte: alle 18.20 un tentativo di forzare le transenne disposte dalle forze dell’ordine a difesa del parlamento si è concluso con una carica che ha prodotto sei feriti e quindici arresti.
Il che, ovviamente, nulla toglie al successo – in parte inaspettato – di una manifestazione che ha avuto due meriti fondamentali: da una parte è stata, forse, l’atto di nascita degli indignados parte seconda; e dall’altra ha definitivamente sancito l’inadeguatezza del governo del Pp.
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