Questa mattina un vasto comitato
promotore si è recato presso la Cassazione di Roma per depositare per
richiedere il ripristino integrale dell’art. 18 dello statuto dei
lavoratori e la soppressione dell’art. 8 emanato a suo tempo da
Berlusconi in finanziaria. Del comitato promotore, in cui oltre a
personalità si ritrovano molte forze della sinistra, fa parte Gianni
Rinaldini, coordinatore nazionale dell’area programmatica “La Cgil che
vogliamo”. A lui chiediamo le ragioni di questa campagna.
«L’iniziativa del referendum è su quesiti di grande rilevanza. L articolo 8 che annulla di fatto i contratti nazional. Prevalgono quegli aziendali in ogni aspetto, dal rapporto fra committente e appaltante alle telecamere che potranno vigilare sui lavoratori, fino alle modalità di applicazione di ciò che resta dell’art.18. Non era mai accaduto neanche negli anni 50 e tutto all’insegna delle liberalizzazioni. Un esempio? Monti ha emanato un decreto per la non applicazione contratto nazionale nelle ferrovie. Questo significa che sui treni di Montezemolo il contratto non vale, su quelli di Trenitalia finora si. Sull’art. 18 bisogna ottenerne il ripristino integrale dopo che per anni si è smantellata la sua portata. I due quesiti hanno poi una forte valenza politica: riportano al centro le questioni del lavoro con un fronte ampio che su altri temi è spesso diviso. Fa irrompere il lavoro nella campagna elettorale e questo è un fatto estremamente positivo visto che sappiamo quanto queste – da ultime le vicende dell’Alcoa ce lo confermano – sono esplosive».
«L’iniziativa del referendum è su quesiti di grande rilevanza. L articolo 8 che annulla di fatto i contratti nazional. Prevalgono quegli aziendali in ogni aspetto, dal rapporto fra committente e appaltante alle telecamere che potranno vigilare sui lavoratori, fino alle modalità di applicazione di ciò che resta dell’art.18. Non era mai accaduto neanche negli anni 50 e tutto all’insegna delle liberalizzazioni. Un esempio? Monti ha emanato un decreto per la non applicazione contratto nazionale nelle ferrovie. Questo significa che sui treni di Montezemolo il contratto non vale, su quelli di Trenitalia finora si. Sull’art. 18 bisogna ottenerne il ripristino integrale dopo che per anni si è smantellata la sua portata. I due quesiti hanno poi una forte valenza politica: riportano al centro le questioni del lavoro con un fronte ampio che su altri temi è spesso diviso. Fa irrompere il lavoro nella campagna elettorale e questo è un fatto estremamente positivo visto che sappiamo quanto queste – da ultime le vicende dell’Alcoa ce lo confermano – sono esplosive».
Lascia perplessi l’accanimento di governo e Confindustria nel voler comprimere un costo del lavoro che è fra i più bassi del continente, che incide poco sulla produzione. Ed è difficile spiegare perché sia così importante togliere diritti ai lavoratori.
«In Italia, Grecia e Spagna costo del lavoro è inferiore a quello francese e tedesco ma ci sono dietro i processi di globalizzazione che mirano a una profonda modificazione. Si vuole imporre anche da noi il modello di relazioni sociali anglosassone, in particolare statunitense. Solo così ad esempio si spiega la vicenda Fiat. Per chi comanda si vuole far passare l’idea che il “modello europeo” sia finito, che non debbano esistere poteri di contrattazione, che la precarietà debba essere la norma. Ma va fatto notare che in Usa non esiste neanche Confindustria, esistono lobby finanziare in perenne conflitto. Temi che cominciano a pesare nel dibattito fra imprenditori anche in Italia»
Hai parlato di un comitato di promotori in cui sono presenti forze politiche spesso divise. Il lavoro può tornare ad essere un tema unificante?
«È un mio auspicio. È evidente che con questa scelta si possa lavorare assieme ma dobbiamo evitare atteggiamenti sbagliati. Dobbiamo far esprimere al meglio questa novità dando vita a comitati unitari nei territori, portare le persone a discutere di questi temi. Questo potrebbe creare un forte e utile elemento novità»,
Senti interessi popolari attorno ai temi referendari?
«Registro prima ancora di presentare i quesiti un interesse delle forze più disparate, ad esempio di realtà studentesche. E questo è un elemento positivo. C’è chi ci chiama dicendo che finalmente si parla dei problemi veri. Arrivano adesioni e telefonate da parte di un’area che non aspetta altro che strumenti per convogliare il proprio disagio senza sentirsi rinchiusa nel recinto di un partito. Non escludo che questo possa portare ad altre iniziative e proposte di legge lanciate da precari e studenti di propria iniziativa».
Che reazioni hai percepito nella Cgil e, se ne sai, nel Pd?
«Non so cosa se ne pensi nel Pd. In Cgil di fatto non si è ancora aperta la discussione. Le prime reazioni ieri al direttivo sono state di vario segno. C’è stato pure chi fra i dirigenti si è mostrato stizzito per il fatto che ci sia nel sindacato chi capeggia questa iniziativa senza che se ne sia prima discusso. Pezzi di Cgil ci lavoreranno ma la dimensione è ancora difficile da comprendere. Certo che avere costituito un comitato così ampio, con la presenza di personalità del calibro di Cofferati, ha provocato si reazioni positive sia poco che segnano alcuni elementi di difficoltà». Oggi presentiamo i quesiti, riunione organizzativa, prima poi parte campagna adesione comitati di sostegno e nei territori, si lavorerà per costruire comitati più ampi possibili, il 12 o il 13 campagna iniziative in diverse città.
Da giorni è noto che oggi sarebbero stati depositati i quesiti ma l’informazione buca o distorce la notizia.
«Si c’è un silenzio che speriamo di riuscire a bucare già con la conferenza stampa. Del resto se il 90%del parlamento vota le misure di questo governo, cosa ci si può aspettare?».
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