C’è un che di irresistibile nel dialogo (si fa per dire) a distanza fra il duro Sergio Marchionne
e gli omuncoli gelatinosi del governo, dei partiti e dei sindacati
moderati (Cisl e Uil). Lui, il duro che non deve chiedere mai perché
viene ubbidito prim’ancora che dia gli ordini, annuncia che dei 20
miliardi di investimenti promessi, col contorno di 1 milione e 400 mila
auto e altre supercazzole che potevano essere credute solo in Italia,
non se ne fa più nulla. Perché? Perché no. E gli impavidi ministri,
sindacalisti e politici che fanno? Gli chiedono di “chiarire”. I più
temerari aggiungono “subito”, ma sottovoce, vedimai che s’incazzi e li
prenda a sberle. Ora, tutto si può rimproverare a questo finanziere
scambiato per un genio dell’automobile, tranne la carenza di chiarezza: è
dal 2004 che dice ai quattro venti che dell’Italia non ne vuole sapere,
molto meglio i paesi dell’Est, dove la gente lavora per un tozzo di
pane e non chiede diritti sindacali perché non sa cosa siano, e gli Usa
dove Obama paga e Fiat-Chrysler incassa.
Ma
quelli niente, fingono di non capire, chiedono chiarimenti,
approfondimenti, spiegazioni, aprono tavoli, propongono patti, invocano
negoziati, lanciano penultimatum, attendono il messia dei “nuovi
modelli” naturalmente mai pervenuti. Ma in quale lingua glielo deve
spiegare, Marchionne, che dell’Italia e dell’auto con bandierina
tricolore non gliene frega niente? In sanscrito? Sentite Passera:
“Voglio capire meglio le implicazioni delle sue dichiarazioni”. Un
disegno di Altan potrebbe bastare. Sentite la Fornero,
quella col codice a barre in fronte: “Non ho il potere di convocare
l’amministratore delegato di una grande azienda” (solo quello di entrare
con la scorta armata ai gran premi di F1), però vorrebbe “approfondire
con Marchionne cosa ha in mente per i suoi piani di investimento per
l’occupazione”. Ma benedetta donna: niente ha in mente, te l’ha già
detto in musica, che altro deve fare per cacciartelo in testa? Infilare
l’ombrello nel coso di Cipputi? Sentite Fassino: “L’ho sentito, mi ha dato rassicurazioni”. Ci parla lui. Sentite Bonanni,
quello con la faccia da Bonanni che firmò tremante gli accordi-capestro
a Pomigliano e Mirafiori: “Marchionne ci convochi subito e chiarisca se
il Piano Fabbrica Italia lo mantiene e lo utilizza quando riprende il
mercato o no”. Ma certo: i 20 miliardi li tiene lì sotto il materasso in
attesa che la gente si compri tre Cinquecento e quattro Duna a testa,
poi oplà, li sgancia sull’unghia per la bella faccia di Bonanni.
Ma che deve fare quel sant’uomo per far capire che i 20 miliardi non esistono e ha preso tutti per i fondelli?
Fargli una pernacchia sarebbe un’idea, ma poi quelli replicherebbero:
“Vorremmo capire meglio il significato profondo del gesto, Marchionne
apra al più presto un tavolo per fornirci le necessarie e ineludibili
delucidazioni atte a chiarire il senso recondito, anche tra le righe,
della pernacchia”. Se non ci fossero di mezzo decine di migliaia di
famiglie, ci sarebbe da scompisciarsi per queste scenette da commediola
anni 80, dove il marito trova la moglie a letto con un altro e la
interroga tutto compunto: “Cara, esigo un chiarimento sulla scena cui ho
testè assistito”. O da film di Fantozzi. La sua Bianchina, con a bordo
la signorina Silvani, viene affiancata dall’auto di tre energumeni che
afferrano un orecchio del ragioniere. La Silvani li insulta. Quelli
estraggono dall’auto Fantozzi a forza e lo massacrano di botte, mentre
lui li apostrofa con fierezza: “Badi come parla!”. Pugno in faccia.
“Vorrei un momento parlamentare con voi”. Setto nasale. “Lo ridichi, se
ha il coraggio”. Spiaccicato sul tettuccio. “Badi che se osa ancora
alzare la voce con me…”. Giacca squarciata. “Bene, mi sembra che abbiamo
chiarito tutto, allora io andrei…”. Lo finiscono a calci e lo lanciano
come ariete nel parabrezza. Ora Fantozzi fa il ministro tecnico e il sindacalista moderato. Tanto le botte le prendono i lavoratori.
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