Intervista a Sergio Cofferati
di Stefano Galieni
Il
nome di Sergio Cofferati resta in Italia fortemente evocativo. Leader
della Cgil durante le grandi mobilitazioni per la difesa dell’articolo
18 poi sindaco di Bologna è dal 2009 parlamentare europeo eletto nelle
liste del Pd. Ma non ha cambiato opinione ed è entrato a far parte del
comitato promotore per l’abrogazione della riforma Fornero dell’articolo
18 e per cancellare l’articolo 8 della finanziaria imposto dal governo
Berlusconi e dal suo ministro Sacconi. È rimasto molto colpito
dall’asprezza delle critiche alle proposte referendarie.
«La
cosa che mi ha più colpito nelle critiche che sto sentendo è relativa al
fatto che se ne contesta l’opportunità. Se si pensa che il problema sia
unicamente questo si deve avere il coraggio di dire se si vuole
ripristinare l’articolo 18 o no e se si hanno problemi con lo strumento
referendario. Mi riferisco soprattutto ai partiti, non certo ai
cittadini isolati.
Tante
critiche ma nessuna proposta di alternativa. Preoccupante poi l’assenza
di giudizio di merito sui temi. Significa che allora chi si oppone
sostiene queste modifiche. Trattandosi di un tema così delicato non si
possono lasciare ambiguità o dubbi».
Attacchi molto forti sono giunti dal tuo partito, dal Pd
«Si e
mi lasciano perplesso. Alcuni sono giunti per ragioni che definirei
eccentriche. Del tipo che i referendum mettono a rischio la coalizione
elettorale e in particolare l’alleanza con Sel. Io però considero un
errore usare un tema per condizionarne un altro. E al mio partito mi
sento di dire che sull’argomento dei diritti del lavoro serve un
atteggiamento diverso. Non c’è solo l’articolo 18 ma anche il tentativo
di eliminare l’articolo 8 del governo Berlusconi. In quell’articolo ci
sono elementi che stravolgono i destini collettivi, che configurano una
idea di rappresentanza diversa da quanto conosciuto finora. Si
cancellano diritti collettivi come il contratto nazionale. E colgo una
sottovalutazione molto forte anche da parte dei sindacati. Non si
rendono conto che lo stesso accordo firmato il 28 giugno, su cui ho
tante riserve, non è più applicabile perché modificato e stravolto dalla
legge. Consiglierei a tutti costoro, pacatamente di leggersi i testi
andando nel merito. Sono persone del calibro di Umberto Romagnoli ad
affermare che è stato stravolto un impianto giuslavorista consolidato in
interi decenni».
Ma come te lo spieghi l’atteggiamento sindacale che sembra quasi masochista?
«Non
me lo so spiegare. In questo modo i sindacati diventano nell’azienda i
proprietari dei diritti delle singole persone, insomma una controparte
del lavoratore. Mi sarei aspettato una reazione più forte quando
l’articolo 8 è passato. Ancora sottovalutano i rischi impliciti in
queste normative. Pensano forse che le imprese non le applicheranno e si
atterranno all’accordo di giugno. Ma è la legge che supera l’accordo.
Confindustria non ha mai detto alle sue aziende di non applicare la
legge, sarebbe una esortazione utile ma non certo esaustiva».
Anche l’articolo di Epifani sull’Unità è significativo
«Abbiamo
con Epifani posizioni diverse ma c’è una cosa che non capisco. Epifani
schierò la Cgil per estendere l’articolo 18 a tutti e oggi considera un
errore il suo ripristino. Si tratta di una contraddizione clamorosa. Non
vale dire che il referendum divide. Non so cosa sia cambiato e perché
oggi si affermino altre cose, registro soltanto questa vistosissima
contraddizione».
Pensi che la campagna referendaria possa dare vita ad una nuova rappresentanza politica?
«Per
il momento c’è una convergenza di forze attorno ad una posizione
importante. Se questo potrà portare a nuovi e diversi rapporti fra le
forze politiche lo si vedrà nel tempo».
E ora come intendi partecipare alla campagna referendaria?
«Condividendo
tutto quello che c’è da fare. Iniziative per la raccolta delle firme e
poi tutta la campagna referendaria. Non intendo fermarmi alla sola
adesione ma essere attivo. La raccolta delle firme è importante perché
si ripropone il tema su cui si vuole decidere, con molte persone. Sarà
prezioso riportare al centro il tema dei diritti. Non riesco ad
immaginare quali potranno essere i risultati ma intanto l’importante è
partire».
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