“L’austerity
applicata in Europa coincide perfettamente con la definizione clinica
della follia: ripeti all’infinito lo stesso errore, sperando che il
risultato sia diverso” (Arianna Huffington).
Dopo la spirale negativa in Grecia, Irlanda, Portogallo, e Spagna, ecco il caso Italia.
Nell’aprile 2011, il governo Berlusconi prevedeva una crescita nel 2012 pari
a +1,3%. Ma già in giugno chi scrive previde una recessione del -1,8%.
In Settembre il governo rivide le stime ufficiali: +0,6%. Poi venne
Monti: nella relazione di accompagnamento alla manovra del dicembre 2011
la previsione fu: -0,4%. Ma nell’Aprile 2012 il DEF produsse una nuova
stima: -1,2%. Il 7 luglio il Presidente di Confindustria previde:
-2,4/-2,5%. Monti replicò indignato: “Simili dichiarazioni fanno salire gli spread!” Aggiunse Montezemolo: “Le sue parole fanno male al Paese“. Controreplica di Squinzi: “Il governo ha paura della verità”. Finché il 20 Settembre il governo pubblica le nuove stime: Pil -2,4%.
Il
governo ha dunque completamente mancato gli obiettivi di crescita 2012.
E nel 2013 come andrà? In aprile il governo prevedeva un +0,6%; ma oggi
prevede -0,2%. E veniamo all’impatto sociale. La
disoccupazione, secondo il governo, dovrebbe salire al 10,8% quest’anno e
all’11,4% nel 2013. Ma la Cassa integrazione segna +18% in agosto anno
su anno (dati Inps).
E al Ministero dello Sviluppo Economico i tavoli aperti sulle crisi
aziendali medie e grandi, Fiat inclusa, si avvicinano a 200.
Come valutare con obiettività i risultati economici del governo? La strategia annunciata non
aveva come primo obiettivo la crescita di breve termine, bensì,
nell’ordine, (1) la riduzione del deficit pubblico e il contenimento del
debito pubblico; e (2) la crescita potenziale di lungo periodo, ovvero
la crescita della capacità produttiva del paese. Si può essere d’accordo
o meno, ma è questo il metro sul quale il governo ha chiesto di essere
valutato.
Rispetto alle previsioni, il deficit
2012 (-3,9% del Pil nel 2011) in aprile veniva dato a -1,7%, ora viene
dato a -2,6%. Così pure, nel 2013, 2014, e 2015, il deficit previsto lo
scorso aprile sale ora di circa un punto, passando da -0,5%, -0,1%, e 0%
a – 1,6%, -1,5%, e -1,4%. Il debito pubblico, nelle stime di aprile 2012 doveva scendere nel 2015 al 114,4% del Pil, ora è previsto ancora al 122.9%: più alto che nel 2011 (120,7%).
Quanto alla capacità produttiva,
nel dicembre 2011 si prevedeva per quest’anno una variazione prossima
allo zero degli investimenti fissi lordi. Già in aprile, si stimava un
calo del -3,5%. Ora il governo dice che probabilmente dovremo registrare
un tonfo del -8,3% (macchinari: -10,6%). Per non parlare del capitale
umano che si deteriora o emigra.
La conclusione, dal punto di vista fattuale, è che i risultati del
governo Monti si discostanno in maniera molto forte dagli obiettivi
previsti, su tutti gli indicatori selezionati. Il deficit migliora, ma
si riesce a malapena a stabilizzare il rapporto debito/PIL; la sua
riduzione non è neppure in vista. Il rilancio della capacità produttiva:
sta funzionando al contrario. I costi economici e sociali: superano
ogni aspettativa (del governo).
Dove nasce il pesante scostamento fra obiettivi annunciati e risultati ottenuti? Il governo ha una sua spiegazione: la “causa” è il “peggioramento dello scenario internazionale”. Ma le sue stesse cifre smentiscono questa spiegazione: le esportazioni italiane,
infatti, continuano a crescere (l’Euro debole compensa il rallentamento
globale; che comunque per il FMI è causato dalla recessione europea,
non viceversa), e rappresentano l’unica voce positiva della domanda
aggregata, come sottolinea anche il Presidente dell’Istat: le previsioni
2012 sono le stesse di aprile: + 1,2%; il contributo delle esportazioni
nette alla crescita è +2,3%.
Non resta dunque che
la spiegazione alternativa offerta – con molto anticipo sugli eventi –
dai critici della politica di Monti. Il quale
- Sul piano dell’economia reale, ha sottovalutato i rischi di caduta della domanda aggregata: sia nel disegnare le politiche economiche domestiche; sia nei negoziati europei. Assieme ad una austerità mal distribuita sul piano temporale e sociale, ciò ha causato una recessione abnorme.
- Sul piano finanziario, ha sopravvalutato la capacità delle sue riforme di far scendere gli spread, e ha sottovalutato l’importanza cruciale di affidare alla Bce il ruolo di ‘prestatore di ultima istanza’. Si è limitato perciò a chiedere un ‘Fondo salva Stati’ la cui irrilevanza è stata palese in questi mesi. La Bce con un semplice “BUUUH!” ha infine ridotto gli spread. Ma l’Italia nel frattempo ha pagato un costo altissimo: secondo il governo, 8 miliardi nel 2013, 11 miliardi nel 2014, e via crescendo, oltre a una ‘spiacevole’ riduzione della durata media del debito pubblico.
- Sul piano diplomatico, ha firmato un Fiscal Compact senza chiedere contropartite alla Germania, sperando invano in ammorbidimenti successivi.
Per
il futuro, il governo prevede “una ripresa della domanda” nel 2013-14.
(La caduta della domanda ha buttato giù Pil e occupazione). Su che
basi? La ripresa della domanda globale e le riforme strutturali – dice il governo - stimoleranno la domanda interna. Ma non si capisce perché le riforme strutturali dovrebbero stimolare la domanda se non l’hanno fatto finora.
Monti continua ad annunciare crescita in futuro: così, se la crescita
ci sarà, sarà grazie alle sue riforme, se non ci sarà, sarà colpa dei
governi politici che gli succederanno.
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