venerdì 10 gennaio 2014

Sel verso un congresso fantasma, dove le divisioni ci sono ma non si dicono


Sel verso un congresso fantasma, dove le divisioni ci sono ma non si dicono
Nichi Vendola ha usato un eufemismo: «È un congresso meno attento alla ribalta mediatica». Ma le assise nazionali di Sinistra ecologia e libertà, che si tengono a Riccione dal 24 al 26 gennaio, stanno passando quasi inosservate nell’opinione pubblica. Sarà per l’esito già stabilito (la rielezione di Vendola), sarà per l’apparente mancanza di un oggetto della contesa (la mozione in discussione è una sola, e ha un nome che non lascia molti margini alla discussione, “La strada giusta”). Ma tant’è: pochi conoscono l’appuntamento, pochi ne parlano al di fuori del cerchio stretto degli addetti ai lavori. E nemmeno poi tanto apertamente.
Nel partito che si presenta unanime al meeting congressuale in realtà le divisioni ci sono eccome: ma non si dicono. Schematicamente, le linee di faglia sono (almeno) due. Quella di un mondo che ruota intorno a Gennaro Migliore, il capogruppo alla camera, che punta a riprendere un rapporto stretto con il Partito democratico guidato da Matteo Renzi e considera il sostegno alla candidatura del socialista Martin Schulz alle Europee «il giusto antidoto alle politiche di austerità della Merkel». Mentre un altro pezzo del partito riconducibile alla figura di Nicola Fratoianni ritiene necessaria la rivendicazione di una più forte autonomia di Sel dal Pd ed è problematica sulla collocazione nella famiglia socialista europea del gruppo, subendo il fascino dell’esperienza radicale di Syriza in Grecia (il pezzo ecologista di Sel, poi, si sente a disagio perché il suo punto di riferimento è quello dei verdi).
Il fatto è che di queste differenti e legittime posizioni non c’è nessuna traccia: nessuno le ha mai verbalizzate, scritte, rivendicate, alimentando un dibattito interno. Tanto che all’ultima direzione del partito, prima di Natale, alcuni dei presenti si sono sorpresi a vedere improvvisamente accendersi una discussione di merito che sulla carta non avrebbe mai dovuto tenersi, visto che tutti sostengono di fatto l’unico documento presentato (l’unico distinguo è quello di due emendamenti).
«C’è una difficoltà a tenere una discussione aperta, è troppo grande la paura di una frattura» dice a Europa Maria Luisa Boccia, presidente dell’assemblea nazionale di Sel, femminista, la quale ricorda che il partito viene da una storia di scissioni e che quell’incubo funziona come un deterrente del confronto (benché lei avrebbe di gran lunga preferito un «dibattito aperto, con il coinvolgimento dei soggetti più vari»).
Il 2013 del resto è stato un anno difficile per Sel: le elezioni perse, o comunque non vinte, con un risultato al di sotto delle aspettative (il 3,2 per cento alla camera e il 3 al senato), più il fallimento del rilancio di una sinistra di governo e l’allontanamento dal Partito democratico. E il 2014 rischia di essere anche peggiore: alle Europee di maggio c’è una soglia di sbarramento del 4 per cento, e non è affatto detto che il partito di Vendola riesca a superarlo. Dividersi sarebbe la fine. Ma nemmeno fingere l’unanimità aiuta. Senza dialettica, un partito come può creare discussione, coinvolgimento e interesse?
@nicolamirenzi, Europa

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