L'ex presidente FIOM Giorgio Cremaschi a dagospia: "L'Italia diventa
cosi’ una Opel di serie b con tutte le conseguenze negative su
produzione, ricerca e occupazione” Secondo il sindacalista della CGIL,
da noi rimarranno soltanto le produzioni di Maserati e Ferrari, modelli
peraltro rivolti a un mercato di nicchia." in Italia resteranno solo
briciole: Ferrari e Maserati. e non mi stupirei se alla prima difficoltà
del gruppo i due marchi venissero usati per fare cassa’’ “Escluderei
che Fiat non abbia fornito al governo e ai sindacati USA garanzie circa
il fatto che la parte produttiva del gruppo resterà negli Stati Uniti”
Come mai, Cremaschi, sostiene che sia in realtà Fiat a essere rilevata da Chrysler?All'apparenza
può sembrare che, con l'accordo appena raggiunto col socio di minoranza
Veba, Fiat stia comprando la Chrysler, di cui entro gennaio rileverà il
100 per cento. Ma in realtà non è così; è l'esatto opposto. E quindi è
la società del Lingotto che viene acquisita da quella statunitense, con
tutte le ripercussioni, negative, che ne derivano per il mercato
italiano ed europeo, anche in termini di occupazione.
A vedere le cose così è Giorgio Cremaschi, ex presidente della Fiom
(Federazione impiegati operai metallurgici) e ora esponente della
minoranza congressuale della Cgil "Il sindacato è un'altra
cosa".Essenzialmente
per due motivi. Il primo è che tra i due gruppi c'è una sproporzione
produttiva a vantaggio di quello americano. E il secondo è che la Fiat
ormai da anni ha rinunciato a investire in Italia. Basti pensare al
progetto Fabbrica Italia, lanciato in pompa magna dall'amministratore
delegato Sergio Marchionne nel 2010, che prevedeva 20 miliardi di
investimenti, di cui è stato effettuato meno di un ventesimo.
Insomma, l'Italia conterà sempre meno nel gruppo...
E'
così e per rendersene conto basta osservare quel che è successo con
Fiat industrial, che ha trasferito all'estero (in Olanda, ndr) la
propria sede legale.
Accadrà anche con la Fiat, e dunque con il cuore del business dell'auto?
L'operazione
di spacchettamento del gruppo avviata da Marchionne, che va ricordato
che paga le tasse in Svizzera (dove è residente, ndr), ha come risultato
lo spostamento del baricentro a svantaggio del'Italia. E' successo con
la divisione industriale e adesso, con l'operazione Chrysler, si sta
discutendo del trasferimento della sede legale della Fiat dall'Italia
agli Stati Uniti. Ai francesi di Renault non sarebbe mai venuto in
mente, dopo l'acquisizione di Dacia, di spostare la sede in Romania.
Ma da noi, si sa, si ragiona in maniera diversa...
Ma
in questo modo, con il centro finanziario e produttivo trasferito oltre
oceano, l'Italia per la Fiat rischia di diventare quel che la Opel è
per la General Motors: un'area del gruppo di serie B. Il nostro paese
diventerà l'unico in Europa, a parte l'Inghilterra che comunque segue
dinamiche proprie, senza una propria fabbrica di automobili.
Quindi, l'operazione che porta Fiat al 100% di Chrysler,
oltre che il possibile trasferimento della sede legale, potrebbe
implicare lo spostamento del baricentro produttivo del gruppo negli
Stati Uniti?
Tenderei a escludere che la Fiat non abbia
fornito al governo e ai sindacati americani garanzie circa il fatto che
la parte del gruppo che conta in termini di produzione sarà negli Stati
Uniti.
Che cosa comporterà questa possibilità in termini di occupazione nel nostro paese?
Prevedo
inevitabili ripercussioni negative sulla forza lavoro in Italia. A
Mirafiori (dove lavorano oltre 5mila dipendenti, ndr), ad esempio, ci
sono troppi tecnici e impiegati. Non mi stupirei se entro un anno
Marchionne annunciasse degli esuberi adducendo come motivazione lo
spostamento della ricerca oltre oceano. Del resto, da noi la Fiat da
tempo non studia più nuovi modelli. Per questo l'operazione Chrysler può
essere considerata una dismissione sia dall'Italia, sia dall'Europa.
In che senso?
Per essere competitivi in Italia e
in Europa bisogna mettere a punto modelli ad altissima tecnologia e ad
altissimo risparmio energetico, perché così sarà l'auto del futuro nel
vecchio continente. Ma su questo autobus la Fiat non è salita. Più che
sulla qualità, ha preferito investire risorse in una operazione
politico-finanziaria come quella su Chrysler.
Quindi prevede che se Fiat investirà in ricerca e sviluppo lo
farà negli Stati Uniti, dove c'è un mercato dell'auto indubbiamente
diverso dal nostro?
Ritengo che se ci sarà innovazione, sarà solo in Usa e per quel mercato.
E in Italia cosa resterà?
Solo briciole. Credo che
rimarranno da noi le produzioni di Maserati e Ferrari, modelli peraltro
rivolti a un mercato di nicchia. E in ogni caso non mi stupirei se alla
prima difficoltà del gruppo Chrysler-Fiat i due marchi venissero usati
per fare cassa. A quel punto, l'uscita dall'Italia sarebbe definitiva.
Carlotta Scozzari
fonte:http://www.dagospia.com
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