Intervento all’assemblea umbra di Democrazia e Lavoro
Salve a tutti compagne e compagni,
Aldilà del percorso che mi ha portato, a partire dalla vertenza Cepu, ad essere membro del Direttivo Nazionale, desidero riportarvi le motivazioni che mi hanno portato a credere in “Democrazia e Lavoro”.
Io, il sindacato, il mio sindacato – la Cgil- l’ho sempre immaginato dedito al rapporto quotidiano con i lavoratori, non come una specie di agenzia di servizi per il lavoro, ma piuttosto come rappresentanza del lavoro, di tutto il mondo del lavoro, iscritti e non. Una rappresentanza fondata sulla democrazia.
Il termine “Democrazia” si declina come apertura al confronto e alla discussione: interna, con un coinvolgimento pieno dei lavoratori e dei delegati nei processi decisionali e nell’uso trasparente delle risorse, ed “esterna” diciamo, nel senso che il sindacato, forte delle rivendicazioni e delle istanze delle basi lavorative, deve porsi come interlocutore autonomo nella pluralità della rappresentanza sociale, senza quindi essere un accessorio strumentale al sistema politico.
Dico questo perché il nostro sindacato presenta dei limiti al proprio orizzonte.
Per molto tempo, in troppi casi, si è smarrito proprio questo senso di rappresentanza della forza lavoro. Si è sbiadito quel senso del conflitto che ha sempre avuto una decisiva funzione di regolazione sociale, quando gli interessi non trovavano un’immediata mediazione. Il conflitto non si può esclusivamente abbozzare in mobilitazione e scioperi, ma esso prende inizio dall’informazione costante dei lavoratori, e quindi parte dalla vicinanza ad essi e dalla capacità di comprenderne le istanze e costruire un fronte per l’avanzamento dei loro interessi. Invece alla pratica contrattuale e rivendicativa si è sostituita la ricerca di una sponda istituzionale, a tutti i costi, accontentandosi così del “meno peggio”. Il sindacato non deve disinteressarsi delle sfera politica, ma non deve fare la riverenza ad una politica disinteressata ai lavoratori o che schiaccia le loro tutele.
“Democrazia e Lavoro” nasce dalla presa d’atto che la nostra organizzazione ha necessità di un profondo cambiamento, nella definizione degli obiettivi e nelle pratiche da adottare per la loro realizzazione, per evitare l’ininfluenza, la marginalità e la sconfitta dei lavoratori.
“Democrazia e Lavoro” non è l’opposizione a priori ma pone una sfida alla Cgil. Una sfida che si misura sul terreno interno ed esterno all’organizzazione, per rilanciare la rappresentanza collettiva e la funzione contrattuale, per rilanciare la Cgil!
La schiettezza ci viene imposta dall’attuale situazione. Siamo di fronte ad un momento storico emergenziale e di trasformazione, e anche dal profilo degli interventi di oggi si può comprendere bene la gravità delle ricadute nella nostra Regione: posti di lavoro in fumo alla Fbm, Margaritelli, Briziarelli, Grifo Latte, Liomatic, Colussi, solo per citarne alcuni; 165 vertenze aperte, 51.000 disoccupati, 25.000 lavoratori in cassa integrazione. Inoltre, anni di imbarbarimento culturale e politiche scellerate ci portano a fare i conti con un diffuso senso di rassegnazione.
Scrolliamo via dalla Cgil la pigrizia e l’arroccamento burocratico, creiamo discontinuità nella strategia della nostra organizzazione, una discontinuità che sappia parlare e intercettare anche studenti, precari e disoccupati, che sappia creare un orizzonte comune. Coinvolgere, includere, recuperare il dialogo con un mondo del lavoro sempre più frantumato. Incalziamo la Cgil ad un avanzamento, un deciso scatto in avanti. La mobilitazione del 25 ottobre deve essere l’inizio di un percorso che veda un’azione più efficace e decisa da parte della Cgil.
Di fronte all’irresponsabilità di gran parte del gruppo dirigente, noi dobbiamo guardare alto e lontano. Con pazienza e tenacia questo sindacato lo miglioriamo davvero.
Buon lavoro a tutti noi.
Aldilà del percorso che mi ha portato, a partire dalla vertenza Cepu, ad essere membro del Direttivo Nazionale, desidero riportarvi le motivazioni che mi hanno portato a credere in “Democrazia e Lavoro”.
Io, il sindacato, il mio sindacato – la Cgil- l’ho sempre immaginato dedito al rapporto quotidiano con i lavoratori, non come una specie di agenzia di servizi per il lavoro, ma piuttosto come rappresentanza del lavoro, di tutto il mondo del lavoro, iscritti e non. Una rappresentanza fondata sulla democrazia.
Il termine “Democrazia” si declina come apertura al confronto e alla discussione: interna, con un coinvolgimento pieno dei lavoratori e dei delegati nei processi decisionali e nell’uso trasparente delle risorse, ed “esterna” diciamo, nel senso che il sindacato, forte delle rivendicazioni e delle istanze delle basi lavorative, deve porsi come interlocutore autonomo nella pluralità della rappresentanza sociale, senza quindi essere un accessorio strumentale al sistema politico.
Dico questo perché il nostro sindacato presenta dei limiti al proprio orizzonte.
Per molto tempo, in troppi casi, si è smarrito proprio questo senso di rappresentanza della forza lavoro. Si è sbiadito quel senso del conflitto che ha sempre avuto una decisiva funzione di regolazione sociale, quando gli interessi non trovavano un’immediata mediazione. Il conflitto non si può esclusivamente abbozzare in mobilitazione e scioperi, ma esso prende inizio dall’informazione costante dei lavoratori, e quindi parte dalla vicinanza ad essi e dalla capacità di comprenderne le istanze e costruire un fronte per l’avanzamento dei loro interessi. Invece alla pratica contrattuale e rivendicativa si è sostituita la ricerca di una sponda istituzionale, a tutti i costi, accontentandosi così del “meno peggio”. Il sindacato non deve disinteressarsi delle sfera politica, ma non deve fare la riverenza ad una politica disinteressata ai lavoratori o che schiaccia le loro tutele.
“Democrazia e Lavoro” nasce dalla presa d’atto che la nostra organizzazione ha necessità di un profondo cambiamento, nella definizione degli obiettivi e nelle pratiche da adottare per la loro realizzazione, per evitare l’ininfluenza, la marginalità e la sconfitta dei lavoratori.
“Democrazia e Lavoro” non è l’opposizione a priori ma pone una sfida alla Cgil. Una sfida che si misura sul terreno interno ed esterno all’organizzazione, per rilanciare la rappresentanza collettiva e la funzione contrattuale, per rilanciare la Cgil!
La schiettezza ci viene imposta dall’attuale situazione. Siamo di fronte ad un momento storico emergenziale e di trasformazione, e anche dal profilo degli interventi di oggi si può comprendere bene la gravità delle ricadute nella nostra Regione: posti di lavoro in fumo alla Fbm, Margaritelli, Briziarelli, Grifo Latte, Liomatic, Colussi, solo per citarne alcuni; 165 vertenze aperte, 51.000 disoccupati, 25.000 lavoratori in cassa integrazione. Inoltre, anni di imbarbarimento culturale e politiche scellerate ci portano a fare i conti con un diffuso senso di rassegnazione.
Scrolliamo via dalla Cgil la pigrizia e l’arroccamento burocratico, creiamo discontinuità nella strategia della nostra organizzazione, una discontinuità che sappia parlare e intercettare anche studenti, precari e disoccupati, che sappia creare un orizzonte comune. Coinvolgere, includere, recuperare il dialogo con un mondo del lavoro sempre più frantumato. Incalziamo la Cgil ad un avanzamento, un deciso scatto in avanti. La mobilitazione del 25 ottobre deve essere l’inizio di un percorso che veda un’azione più efficace e decisa da parte della Cgil.
Di fronte all’irresponsabilità di gran parte del gruppo dirigente, noi dobbiamo guardare alto e lontano. Con pazienza e tenacia questo sindacato lo miglioriamo davvero.
Buon lavoro a tutti noi.
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