di Tommaso Di Francesco, Il Manifesto
«Scusate tanto, è stato un errore», così i comandi dell’aviazione
Usa e Nato si sono rivolti all’opinione pubblica afghana
e internazionale e all’organizzazione Medici Senza Frontiere, dopo
che i «nostri» cacciabombardieri, della nostra coalizione dei
buoni, ha colpito ieri una, due tre volte l’ospedale di Kunduz che
tutti conoscono, visibile da chilometri e nelle mappe di ogni
amministrazione civile o militare. Assassinati 12 medici e 7
pazienti, anche bambini tra le vittime.
È la guerra afghana che dura più di
quella del Vietnam, giustificata per vendicare l’11 settembre
con decine di migliaia di vittime e nella quale gli effetti
collaterali, vale dire le vittime civili dei raid aerei, sono stati
un elemento strutturale del terrore «necessario» dei
bombardamenti aerei. Con risultati politici determinanti, come la
delegittimazione dell’alleato presidente Hamid Karzai, poi
uscito di scena, che, dopo stragi con centinaia di morti e le
proteste popolari sulle quali è cresciuto il ruolo dei talebani, si
era scagliato contro il Pentagono, cioè l’ufficiale pagatore che
lo teneva al potere.
Torna il paradigma della guerra mai conclusa. Un obiettivo della destra americana neocon che appare più che realizzato. Il mondo torna a slabbrarsi lì dove «ci stiamo ritirando, la pace è fatta».
Torna il paradigma della guerra mai conclusa. Un obiettivo della destra americana neocon che appare più che realizzato. Il mondo torna a slabbrarsi lì dove «ci stiamo ritirando, la pace è fatta».
C’è la Siria al centro, no torna
l’Afghanistan e di Iraq meglio tacere, com’è meglio oscurare lo smacco
in primo luogo italiano in Libia. Aumentano i deserti chiamati pace
e la disperazione umana che fugge senza meta verso un immaginario
Occidente, ricco ma crudele e responsabile delle tragedie
in corso.
È così, gli «effetti collaterali»
afghani riverberano sul presente della crisi in Siria l’intero
specchio delle stragi commesse dall’alto di migliaia di piedi, dal
cielo — è l’eroismo dei top gun, quello di non scendere sul campo con
gli stivali dopo la propaganda negativa delle bare di rientro dei
militari occidentali. Ma come si fa a raccontare ancora la favola
degli errori o meglio degli «effetti collaterali»?
Se per colpire ipotetici
terroristi — così ora «giustifica» l’alleato il governo di Kabul -–
si bombarda dentro una città intera con missili Cruise e micidiali
Cluster bomb? Ora Kunduz resterà come una macchia, ancora impunita,
sulla fedina sporca del militarismo umanitario, l’ideologia
bellicista che domina l’Occidente democratico. Con in più stavolta
l’evidenza di avere fatto strage dell’umanitario vero che
legittimamente opera sul campo, come Medici Senza Frontiere o come
è già accaduto per Emergency.
Il fatto è che la guerra e le armi
invece dell’effetto appaiono sempre più come il difetto collaterale
e nascosto di un Occidente impegnato nei diktat economici per la
govervance globale del capitalismo rimasto.
A dominare, per chi vuole vedere, è lo
specchio delle malefatte che si rifrangono una dentro l’altra. Che
impedisce perfino ad Obama di parlare serenamente
e strategicamente della guerra in Siria, ancora raccontata come il
campo dei raid nostri «buoni» (che tutt’al più fanno appunto «effetti
collaterali») e quelli cattivi, russi (che uccidono civili); dove
ci sarebbe un terrorismo «combattente e buono», organizzato dalla
Cia e che quindi non va colpito, e quello cattivo del «nemico» Isis,
ormai target comune. Dimenticando che per entrambi c’è stata la
coalizione degli «Amici della Siria» che grazie ai fondi dell’Arabia
saudita e delle petromonarchie del Golfo, ha acceso il fuoco di quel
conflitto da almeno tre anni. E infatti Obama non ci riesce, non
riesce ad uscire dal militarismo umanitario ed è costretto
a subire l’intervento russo che — sempre sanguinoso è, non
dimentichiamolo — spariglia almeno la partita e si muove per una
soluzione che non può essere, nemmeno in Siria, militare. E mentre
è all’ordine del giorno la Siria, Obama è costretto a vedere che c’è in
casa, negli Stati uniti, un nemico che fa più vittime del Califfato:
il terrorismo domestico di una guerra civile strisciante
americana che fa 11mila morti l’anno.
Meglio non vedere questo difetto
collaterale allora. E silenziare — avete visto un giornalone
ancorché giustizialista che ne parli? — il fatto che da ieri
l’Italia, con Spagna e Portogallo, sia per un mese il «campo di
battaglia»» delle più grandi manovre militari Nato — la stessa dei
raid sull’ospedale di Kunduz — dalla caduta del Muro di Berlino.
Pronto a nuove avventure, distruzioni e spese militari. Finché c’è
guerra c’è speranza.
Kunduz. Msf denuncia: "Sapevano dove eravamo e che ci stavano bombardando"
I comandi militari Usa e afghani erano informati della posizione
dell’ospedale di Medici senza Frontiere a Kunduz ed erano stati anche
avvisati che stavano bombardando l’ospedale. Eppure per 30 minuti le
bombe sono cadute uccidendo 9 tra medici e infermieri e facendo 37
feriti.La strage e il bombardamento segnano una nuova orribile pagine
dell'invasione Usa/Nato in Afghanistan. I comandi Nato parlano di danni
collaterali, mentre il New York Times riferisce che l'ufficio
del presidente afhano Ashraf Ghani ha rilasciato una dichiarazione
affermando che sabato sera il generale John F. Campbell, il comandante
delle forze americane in Afghanistan, si era scusato per il
bombardamento, mentre il Segretario alla Difesa Usa, Ashton Carter, ha detto solo che "è in corso un'indagine completa sul tragico incidente".
Guarda il video sugli effetti del bombardamento: http://www.aljazeera.com/news/2015/10/aid-workers-killed-air-strike-afghan-hospital-kunduz-151003043052500.html
Un comunicato di Medici Senza Frontiere spiega quanto accaduto.
"Medici Senza Frontiere condanna nel modo più assoluto il terribile
bombardamento che ha colpito l’ospedale dell’organizzazione a Kunduz,
coinvolgendo staff e pazienti. MSF vuole chiarire che tutte le parti in
conflitto, comprese Kabul e Washington, erano perfettamente informate
della posizione esatta delle strutture MSF - ospedale, foresteria,
uffici e unità di stabilizzazione medica a Chardara (a nord-ovest di
Kunduz). Come in tutti i contesti di guerra, MSF ha comunicato le
coordinate GPS a tutte le parti del conflitto in diverse occasioni negli
ultimi mesi, la più recente il 29 settembre.
Il bombardamento è continuato per più di 30 minuti da quando gli
ufficiali militari americani e afghani, a Kabul e Washington, ne sono
stati informati. MSF chiede urgentemente chiarezza per capire
esattamente cosa sia successo e come sia potuto accadere un evento di
questa gravità.
È con grande tristezza che confermiamo la morte di 9 operatori
MSF durante il bombardamento di questa notte all’ospedale di MSF a
Kunduz. L’ultimo aggiornamento parla di 37 feriti, tra cui 19 membri
dello staff MSF. Alcuni dei feriti più gravi sono in corso di
trasferimento in un ospedale a Puli Khumri, che dista 2 ore di auto. Di
molti pazienti e staff non si hanno ancora notizie. L’impatto di questo
terribile bombardamento sta diventando più chiaro e i numeri continuano a
crescere.
Bombardare un ospedale dove si curano i feriti è un atto di violenza
inaccettabile. Un ospedale è un luogo di cura che come tale va tutelato e
ciò è possibile solo se gli ospedali vengono rispettati da tutte le
parti in conflitto, come previsto dalle convenzioni di Ginevra".
Dopo il bombardamento dell’ospedale di Kunduz è scattata anche la
solidarietà fattiva di altre strutture come Emergency. Qui di seguito il
suo comunicato:
Esprimiamo tutta la nostra solidarietà a Medici Senza Frontiere e
condanniamo fermamente l'attacco da parte delle forze Nato all'ospedale
a Kunduz, in #Afghanistan.
Oggi pomeriggio MSF trasferirà alcuni feriti all'ospedale di EMERGENCY a
Kabul. Rimaniamo a disposizione di MSF e della popolazione di Kunduz
per curare gli altri feriti che potranno essere evacuati dalla città.
Lavoriamo in Afghanistan dal 1999 e siamo molto preoccupati dal costante
peggioramento delle condizioni di sicurezza: nel Paese si combatte in
25 province su 34 e il numero dei feriti e delle vittime civili cresce
di mese in mese. La violenza e l'instabilità in cui sta precipitando
l’Afghanistan rende sempre più difficile garantire l'attività degli
operatori umanitari e tutto questo rischia di tradursi in un ulteriore
danno a discapito della popolazione afgana.
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