Per partecipare al dibattito sulla
decimazione delle tessere del PD ci vuole uno bravo. Veramente se uno,
che si qualifica consulente politico, scrive che perdere 400.000
iscritti su 500.000 significa fare “pulizia della militanza” forse pure
uno bravo deve alzare le mani, occorre un premio Nobel della
psichiatria. Che non deve aiutare solo lui, ma anche quelli che si
affidano alla sua consulenza.
La reazione renziana è scomposta:
oscilla tra un “Dov’è la notizia? E’ il partito liquido, bellezza” e un
“Ehm, ma entro la fine dell’anno, se dio vuole, arriviamo a 300.000″.
Bastano alcuni semplici passaggi per dare un’idea del marasma in cui versa il PD del glorioso 40%:
un partito per essere tale dovrebbe
soddisfare a tre condizioni: a) un blocco sociale di riferimento. E’
un’espressione che fa troppo Novecento? Vabbè, chiamatelo il proprio
popolo, tanto è diventata liquida pure la terminologia: diciamo porzione
della società accomunata da destini e interessi convergenti o
compatibili alla quale proporre un progetto di società, insomma; b)
un’ideologia, cioè una concezione del mondo da cui deriva la proposta di
società da rivolgere ad a), comunque lo si voglia chiamare. E questo
significa che non può essere che nello stesso partito ci sia chi difende
l’art. 18 e chi sostiene che licenziare è di sinistra (roba da rubrica
“Incredibile, ma vero” della Settimana Enigmistica); c)
un’organizzazione.
Premesso che il punto a) ce lo siamo già
fottuto: una tipa, che non è una neo iscritta al circolo di
Casacanditella, ma una ministra, ritiene che la sinistra sia anticipare
il futuro. A dire la verità io pensavo che anticipare il futuro fosse il
mestiere dei magari e degli scrittori di fantascienza, ma in ogni caso
il futuro appartiene a tutti, ricchi e poveri, lavoratori e padroni,
privilegiati ed emarginati: significa che parli indistintamente a tutti e
non rappresenti nessuno. E allora che te ne fai di un partito? Lo usi
solo come simbolo da mettere nei manifesti elettorali?
Premesso inoltre che ci siamo fumati
pure b): l’ideologia è immaginare un determinato futuro, quello che
soddisfa le aspettative di a), il proprio popolo, non ha niente a che
fare con la futurologia.
Ne consegue che se la proposta non è
rivolta ad a), il proprio popolo, ma la strategia è gettare la rete per
raccattare voti alla qualunque, e che se b), l’ideologia, è chiacchiera
adatta a tutte le orecchie, si pensa di poter fare a meno di c),
l’organizzazione. Basta attivare il generatore meccanico degli slogans
da ripetere in televisione, rituittare e scrivere sui manifesti sotto i
faccioni fotoshoppati per arrivare al 40%.
Anzi, l’organizzazione è di ostacolo,
perché presuppone regole, una discussione strutturata e quindi anche
gestione del dissenso, molto più faticosa dell’insulto ai gufi e ai
rosiconi, che non è gestione del dissenso, è la sua rimozione.
Ma allora da dove viene l’oscillazione
tra il “Dov’è la notizia? E’ il partito liquido, bellezza” e il “Ehm, ma
entro la fine dell’anno, se dio vuole, arriviamo a 300.000″? E’ un
problema o non è un problema? E chi deciderà se lo è o non lo è, visto
che la piramide decisionale è crollata per cedimento delle sue
fondamenta? Il leader in camicia bianca secondo l’umore del suo ultimo
tweet? E nel caso prevalesse l’opzione “Ehm, ma entro la fine dell’anno,
se dio vuole, arriviamo a 300.000″ e magari si raggiungesse l’obiettivo
con una grande campagna di comunicazione (improbabile, ma non si sa
mai) saranno poi questi militanti così motivati da iscriversi fuori
tempo massimo a tenere aperti i gazebo delle primarie? E chi sopperirà
ai mancati introiti di 200.000 tessere, sempre se si raggiungerà
l’utopistico obbiettivo di 300.000 iscritti entro la fine dell’anno? Gli
imprenditori a cena con Renzi per farsi un selfie? Beh, almeno si è
risolto il problema della qualificazione di a), il proprio popolo.
Solo che nel frattempo che decidete se le tessere vi servono o no non contate sulla mia.
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