Oltre la lista Tsipras, forse oltre Sel, perfino fuori dal Pd ma comunque col Pd. Le giravolte d’autunno di Sel con Civati, Landini e Vendola. Il rompicapo dei rimescolamenti a sinistra
di Ercole Olmi, Popoffquotidiano.it
Oltre Tsipras, oltre Sel. Forse. Ma con il Pd.
Quantomeno nelle regioni dove si sta per andare al voto. In Emilia e
Calabria, dove si vota prima, il partito di Vendola andrà alle urne con
il Pd ed è già andato oltre la lista Tsipras salutando, per ora, la
creatura dei saggi e del leader greco. Grandi manovre per una coalizione
con i democrat sono già in corso in Liguria, ad esempio. Ma intanto Sel
porta in piazza il suo leader con Landini e Giuseppe Civati provando a
prefigurare un percorso di discesa in politica del leader Fiom e di
fuoriuscita di Civati dal partitone ormai impraticabile, per rimpolpare
le fila di Sel (comunque si chiamerà) dopo l’emorragia guidata da
Migliore, Fava e dal tesoriere Boccadutri.
La manifestazione, annunciata dal manifesto con una serie di
interviste, è costruita come lancio del 25 ottobre della Cgil ma allude
all’ennesima puntata del cantiere della sinistra.
«Il clima è di attesa per qualcosa che potrebbe nascere ma che ancora
non è definito», ci dice una dirigente di Sel della Liguria. Non è la
prima volta che sembra che stia per nascere (ricordate la via maestra e
prima ancora la manifestazione del 16 ottobre 2011 e così via). Ma
l’attacco di Renzi è feroce e in questi ambienti stavolta si sentono
traditi. «Fate il lavoro, non fate la crisi» è lo slogan scelto per la
manifestazione nazionale di piazza Santi Apostoli. «Quello che chiediamo
è una nuova politica economica in Italia e in Europa per dire basta ai
fallimenti dell’austerity».
Location dell’evento di oggi è piazza Santi Apostoli, riempita per
metà (non è pochissimo), con vecchi (la direttrice del manifesto
Rangeri) e nuovi compagni di strada, a partire da un pezzo di pressoché
ex Rifondaroli. Come Simone Oggionni, già numero uno dei giovani
comunisti ma in rotta di collisione da sempre con chi vorrebbe costruire
un soggetto autonomo dal Pd della sinistra d’alternativa. Infatti alle
scorse europee, quel pezzo di Prc avrebbe appoggiato i candidati di Sel
nella lista Tsipras a scapito dei compagni di partito. La speaker
presenta Oggionni come esponente di Sinistra e lavoro (la sigla potrebbe
essere Sel), nuovissima associazione costituita da un pezzo della
corrente grassiana del Prc e da quanti erano usciti dalla Federazione
della sinistra per provare a orbitare attorno al Pd, la vecchia idea
della sinistra del centrosinistra (Patta, Salvi, Vinci ecc…) magari
persuasa che qualche iniezione di keynesismo possa accomodare le cose.
Vecchia come quella di chi pensa di governare il liberismo.
Prima del discorso dei big è la volta di pezzi di Cgil (come Rosanna
Dettori della funzione pubblica e Mimmo Pantaleo della Flc) che
lamentano i torti subiti dai governi, specie quello di Renzi,
dimenticando che Sel ha potuto spedire una pattuglia di parlamentari
grazie alla sottoscrizione di una carta d’intenti che annunciava proprio
il massacro sociale che è in corso da tempo.
Fratoianni, che su wikipedia viene accreditato come la punta dell’ala
sinistra di Sel, spiega che questa piazza rappresenta «Un’idea
necessaria, provare a ricostruire un pensiero, un punto di vista
diverso». La chiama Coalizione per i diritti, per il lavoro. «Non è
soltanto un evento ma l’inizio di un percorso, la forma – precisa – è da
definire».
«Chi ha deciso di riaprire un conflitto in questo paese è proprio il
governo Renzi», dirà Landini invitando a evitare di giocare sul campo
del premier: «Evitare la contrapposizione tra chi i diritti ce li
avrebbe e quelli che sono precari. Unire tutte le persone che hanno
bisogno per vivere di un lavoro salariato». «In questo Paese ci sono due
quaranta per cento, quello di chi ha votato Renzi e quello di chi ha
deciso di non andare a votare». Ma chi si aspettava che pronunciasse
parole chiave per unire le resistenze forse è rimasto deluso. Landini
non è andato oltre il buon senso di chi non accetta l’idea che per
creare lavoro si debba cancellare l’articolo 18. Che la manifestazione
nazionale del 25 non sia uno sciopero non è dato capirlo dai
ragionamenti del leader sindacale. Lui assicura che non si fermerà il
25, che è il momento della coerenza, che ha un’idea generale di
trasformazione, che vuole «partecipazione, democrazia e rappresentanza»,
chiede di togliere «questo cazzo di vincolo di 3%» ma la parola
sciopero verrà pronunciata solo a proposito di scioperi locali
annunciati qua e là. Siamo anni luce lontani dalla «partita
rivoluzionaria» che, prima di lui, aveva invitato a giocare, con
passione, il leader dell’Uds, Lampis.
«Non tutta la sinistra Pd si schiera con una posizione limpida e
netta», ammette Civati chiedendo alla piazza di non essere contestato.
In realtà gli urlano “vieni con noi!”. Ma lui è contento di parlare
dalla «piazza dell’Ulivo».
Per lui il problema è che Renzi non abbia rispettato il programma con
cui vinse le primarie («avrebbe vinto dicendo che avrebbe voluto
abolire l’articolo 18?»). «Ecco io vi propongo un patto diverso da
quello del Nazareno, il patto degli Apostoli, di questa piazza, un patto
organizzato, che si consolidi immediatamente nelle battaglie
parlamentari e nei prossimi mesi si consolidi in un viaggio in Italia
senza guardare troppo alle etichette perché vorrei che anche pezzi del
mio partito partecipino». «Il futuro è nostro», garantisce il popolare
Pippo ma sembra procedere con prudenza. Il suo intento è «rinnovare la
politica italiana». Una parola è poco ma due, per Civati, sono
decisamente troppe.
Alle 17.42 è il turno di Vendola che esordisce spedendo due
cartoline: la prima è per Giannetto Speranza, sindaco di Lametia e suo
candidato per la Calabria. La seconda è per Marino, sindaco di Roma con
cui Sel governa la Capitale ma Marino vuole licenziare i lavoratori del
Teatro dell’Opera e Vendola gli chiede di tornare sui suoi passi. «Tutti
ti applaudirebbero se finalmente mettessi al bando gli F35», manda a
dire a Renzi il leader di Sel denunciando la retorica irritante del
premier che oggi era ad Assisi a celebrare il poverello Francesco.
Sembra sinceramente indignato, il governatore delle Puglie, quando svela
l’inganno della «narrazione renziana» sulle generazioni, sul lavoro,
sulla guerra e la pace, sul vecchio e il nuovo. Denuncia la mutazione
del Pd in comitato elettorale di Renzi che occupa tutti gli spazi
mediatici per propagandare il «dimagrimento dei diritti» e rilancia
invitando Renzi a fare insieme una battaglia «vera» contro la
precarietà. Anche lui, come chi l’ha preceduto sul palco, chiede di non
toccare l’articolo 18, di fare la patrimoniale, il reddito minimo e di
investire sulla conoscenza anziché continuare la «semina degli slogan»
che non crea lavoro.
«Sel è nata dall’idea che la sinistra non poteva morire né di
governismo né di estremismo – conclude cercando di infiammare la piazza –
la sinistra ha bisogno di sogni, di dare del tu alle persone, non mi
frega niente della sinistra che vince facendo le cose di destra.
Costruiamo una coalizione dei diritti e del lavoro, non significa la
scorciatoia di qualche nuovo contenitore, di scorciatoie
organizzativistiche, perché altrimenti verrei risucchiato dalle
fibrillazioni del quadro politico. Ricostruiamo il vocabolario della
sinistra, la tavola dei suoi valori». E, più avanti: «Noi non ci
fermeremo a una battaglia di opposizione, noi vogliamo essere lievito
alla speranza di trasformazione, rimetteremo in piedi una sinistra del
futuro».
I titoli di coda saranno sui giornali di domani. Per ora sembra un film già visto e nemmeno fra i più avvincenti.
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