La città del sindaco De Magistris rivendica il primato
nell'attuazione del referendum di giugno, che il governo Berlusconi
vorrebbe disattendere. Gli utili del servizio idrico saranno reinvestiti
e le tariffe saranno adattate al reddito degli utenti. E il Comune
spingerà a bere dal rubinetto invece che dalla bottiglia
Mentre il governo Berlusconi prova a vanificare l’esito referendario, e le parole del ministro Maurizio Sacconi
ne sono una riprova, la città di Napoli si adegua alla volontà popolare
e ripubblicizza la società di gestione dell’acqua. L’assessore ai Beni
comuni Alberto Lucarelli, già protagonista della
battaglia referendaria, rimarca il primato: “Siamo la prima
amministrazione in Italia che rende attiva la volontà cittadina che si è
espressa col referendum del giugno scorso”.
La giunta De Magistris ha approvato una delibera che trasforma l’Arin, società di gestione delle risorse idriche in Abc, “Acqua bene comune”. Una trasformazione sostanziale, oltre che nominativa: si passa da una spa a un’azienda speciale di diritto pubblico, come prevede lo statuto approvato, frutto di tre mesi di consultazioni con esperti dei vari settori, con mondo accademico e movimenti.
“Non ci sono costi aggiuntivi in questa operazione – spiega Riccardo Realfonzo, assessore al Bilancio del comune di Napoli – ma cambia per intero la filosofia di gestione. Si passa da una logica utilitaristica a un’altra che ha la finalità del pareggio di bilancio. Gli utili andranno in investimenti, le tariffe saranno modulate su criteri di reddito e livelli di consumo, garantendo un quantitativo minimo giornaliero alle famiglie meno abbienti”. L’Arin ha una situazione finanziaria solida, ha chiuso con un utile di 4 milioni di euro, anche se vanta crediti con diversi comuni dell’area napoletana, indebitati per decine di milioni di euro con la futura Abc.
Un altro cambiamento si avrà nella gestione: il nuovo consiglio di amministrazione sarà composto da cinque persone, tre tecnici e due esponenti dei movimenti ambientalisti. La delibera, che ora dovrà passare il vaglio del consiglio comunale, prevede la costituzione di un comitato di sorveglianza composto da rappresentati degli utenti e dagli stessi lavoratori. “Dovremo accompagnare tutto questo a una campagna di sensibilizzazione sulla qualità dell’acqua ‘del sindaco’ – continua Realfonzo - migliore di quella in bottiglia e più economica”.
Aumenteranno anche le fontane in città dove poter bere l’acqua, con il risparmio per i cittadini, ma anche per l’ambiente, visto il grado di impatto della classica ‘bottiglina’. Ma il governo non arretra, l’articolo 4 contenuto nell’ultima manovra approvata apre nuovamente le porte ai privati nelle società comunali che gestiscono servizi pubblici: “Abbiamo analizzato quell’articolo della manovra – conclude Realfonzo – e siamo contrari a questa linea governativa. Vogliamo che Napoli diventi un laboratorio anche di un’altra economia. In tempi come questi, le privatizzazioni hanno evidenziato il loro fallimento, sono solo occasioni di profitto che si accompagnano, soprattutto nel Mezzogiorno, a sprechi, esternalizzazioni, e spoliazioni dei centri di controllo”.
La giunta De Magistris ha approvato una delibera che trasforma l’Arin, società di gestione delle risorse idriche in Abc, “Acqua bene comune”. Una trasformazione sostanziale, oltre che nominativa: si passa da una spa a un’azienda speciale di diritto pubblico, come prevede lo statuto approvato, frutto di tre mesi di consultazioni con esperti dei vari settori, con mondo accademico e movimenti.
“Non ci sono costi aggiuntivi in questa operazione – spiega Riccardo Realfonzo, assessore al Bilancio del comune di Napoli – ma cambia per intero la filosofia di gestione. Si passa da una logica utilitaristica a un’altra che ha la finalità del pareggio di bilancio. Gli utili andranno in investimenti, le tariffe saranno modulate su criteri di reddito e livelli di consumo, garantendo un quantitativo minimo giornaliero alle famiglie meno abbienti”. L’Arin ha una situazione finanziaria solida, ha chiuso con un utile di 4 milioni di euro, anche se vanta crediti con diversi comuni dell’area napoletana, indebitati per decine di milioni di euro con la futura Abc.
Un altro cambiamento si avrà nella gestione: il nuovo consiglio di amministrazione sarà composto da cinque persone, tre tecnici e due esponenti dei movimenti ambientalisti. La delibera, che ora dovrà passare il vaglio del consiglio comunale, prevede la costituzione di un comitato di sorveglianza composto da rappresentati degli utenti e dagli stessi lavoratori. “Dovremo accompagnare tutto questo a una campagna di sensibilizzazione sulla qualità dell’acqua ‘del sindaco’ – continua Realfonzo - migliore di quella in bottiglia e più economica”.
Aumenteranno anche le fontane in città dove poter bere l’acqua, con il risparmio per i cittadini, ma anche per l’ambiente, visto il grado di impatto della classica ‘bottiglina’. Ma il governo non arretra, l’articolo 4 contenuto nell’ultima manovra approvata apre nuovamente le porte ai privati nelle società comunali che gestiscono servizi pubblici: “Abbiamo analizzato quell’articolo della manovra – conclude Realfonzo – e siamo contrari a questa linea governativa. Vogliamo che Napoli diventi un laboratorio anche di un’altra economia. In tempi come questi, le privatizzazioni hanno evidenziato il loro fallimento, sono solo occasioni di profitto che si accompagnano, soprattutto nel Mezzogiorno, a sprechi, esternalizzazioni, e spoliazioni dei centri di controllo”.
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