La pressione fiscale sul Pil legale in Italia ha raggiunto il 56,4%.
I lavoratori dipendenti versano il 64,2% del loro reddito.
Gli imprenditori, i professionisti e gli autonomi versano il 34,9%.
Gli azionisti di riferimento delle società di capitali il 26%.
Chi vive di affitti il 20%.
Chi vive di rendite finanziarie il 12%.
I titolari di Holdings italiane con sede all’estero : quasi nulla.
I patrimoni sono tassati dell’uno per mille.
I lavoratori dipendenti versano il 64,2% del loro reddito.
Gli imprenditori, i professionisti e gli autonomi versano il 34,9%.
Gli azionisti di riferimento delle società di capitali il 26%.
Chi vive di affitti il 20%.
Chi vive di rendite finanziarie il 12%.
I titolari di Holdings italiane con sede all’estero : quasi nulla.
I patrimoni sono tassati dell’uno per mille.
L’articolo 53 della Costituzione recita:Tutti sono tenuti a concorrere
alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva.Il
sistema tributario è informato a criteri di progressività.
ADESSO BASTA!
In Italia è prioritaria e urgente un’opera di giustizia sociale
attraverso una riforma strutturale del fisco che sia coerente con il
dettato Costituzionale che all’ Art 53 recita:“Tutti sono tenuti a
concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità
contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di
progressività”.
In Italia il prelievo fiscale è fortemente squilibrato: non pagano
nulla i possessori di grandi patrimoni immobiliari e finanziari, pagano
poco le holding e le società di capitali, pagano un po’ di più i
lavoratori autonomi che hanno pochi dipendenti e pagano moltissimo i
lavoratori dipendenti. Occorre correggere queste storture avendo come
bussola in quest’opera di giustizia l’articolo 53 della Costituzione
italiana. In questo quadro è necessario ridurre il prelievo fiscale che
grava sul lavoro dipendente e aumentare quello sui ricchi e
particolarmente sui redditieri e sulle attività non produttive.
Per una riforma strutturale del sistema fiscale
E’ urgente un’iniziativa politica ri-regolativa a livello internazionale iniziando con l’armonizzazione a livello europeo del prelievo fiscale su interessi, utili e dividendi e ripristinando il
prelievo alla fonte ,anche per gli acquirenti non residenti nel Paese
che li emette, sui titoli di debito. Più in generale occorre che la
politica fiscale, oggi di competenza esclusiva degli Stati nazionali,
sia materia disponibile per l’Unione Europea. La competizione fiscale
tra Paesi mette a rischio la coesione sociale e quella tra stati.
Occorre isolare il governo ungherese che ha costituzionalizzato una
flat tax al 16%.
Occorre un impegno deciso nella lotta ai paradisi fiscali, che sono spesso paradisi criminali e centri di riciclaggio dei capitali sporchi, definendo una cintura di sicurezza normativa che preveda un aggravio fiscale per le attività di società ivi residenti, al fine di compensare quel regime di tassazione bassissima o nulla di cui godono profitti e rendite in diversi paesi;
Urgente che a fianco di politiche di risanamento della finanza vengano presi provvedimenti fortemente limitativi delle speculazioni finanziarie anche attraverso l’istituzione di una tassa sulle transazioni finanziarie come la Tobin Tax, troppo a lungo osteggiata.
Occorre un impegno deciso nella lotta ai paradisi fiscali, che sono spesso paradisi criminali e centri di riciclaggio dei capitali sporchi, definendo una cintura di sicurezza normativa che preveda un aggravio fiscale per le attività di società ivi residenti, al fine di compensare quel regime di tassazione bassissima o nulla di cui godono profitti e rendite in diversi paesi;
Urgente che a fianco di politiche di risanamento della finanza vengano presi provvedimenti fortemente limitativi delle speculazioni finanziarie anche attraverso l’istituzione di una tassa sulle transazioni finanziarie come la Tobin Tax, troppo a lungo osteggiata.
E’ urgente
decidere il divieto dei ‘credit default swap’ almeno sui titoli pubblici
per tagliare le unghie alla speculazione in atto contro i Paesi più
deboli.
Per quanto l’azione di chiusura dei paradisi richieda un’iniziativa internazionale molto si può fare anche in ogni Paese, in particolare con:
Per quanto l’azione di chiusura dei paradisi richieda un’iniziativa internazionale molto si può fare anche in ogni Paese, in particolare con:
- il divieto di finanziamento pubblico alle imprese che hanno filiali nei Paradisi Fiscali;
- forti imposte sulle transazioni da e per i paesi in questione;
- la verifica delle pratiche contabili e fiscali dell’attività delle centinaia di filiali delle banche italiane;
- l’obbligo di rendicontazione delle attività delle imprese multinazionali, Paese per Paese.
Va combattuta l’evasione e l’elusione fiscale non solo attraverso
l’attività ispettiva e repressiva e ripristinando la normativa sulla
tracciabilità dei pagamenti costruendo un’anagrafe tributaria
cooperativa tra Stato e Comuni e rendendo pubbliche le dichiarazioni dei
redditi. È necessario innanzitutto modificare quelle leggi costruite
apposta per permettere l’elusione e l’evasione fiscale.
Va abbassato il prelievo Irpef sui lavoratori.
Va abbassato il prelievo Irpef sui lavoratori.
Va definito un meccanismo automatico di correzione delle aliquote Irpef che garantisca che l’aliquota superiore scatti al crescere dei redditi reali e non a causa dell’inflazione.
Va istituita una aliquota unica per la previdenza abbassando quella sui lavoratori dipendenti e innalzando quella delle altre categorie fino al raggiungimento del pareggio di bilancio dei diversi fondi. In alternativa vanno istituii
tre nuovi enti in sostituzione degli attuali: uno per tutti i lavoratori
dipendenti pubblici e privati e co.co.oco, uno per imprenditori e
autonomi, un ente assistenziale gestito da Autonomie locali e Stato.
(Ogni anno gli autonomi realizzano miliardi di deficit:solo nel 2011 9
miliardi).
Tutti i redditi da capitale, di qualunque unità istituzionale, devono rientrare nella imposizione progressiva prevista dall’art. 53 della Costituzione con il superamento
delle imposte sostitutive e di quelle meramente proporzionali. Va
abolita l’Ires e l’imposta sui dividendi ed estesa l’Irpef anche ai
titolari delle società di capitali (come avviene per i 4 milioni circa di piccoli
imprenditori) e riportarli sotto l’ imposizione progressiva da cui sono
riusciti ad uscire.
Tutti coloro che esercitano una attività imprenditoriale devono
versare un contributo minimo alla collettività, per le spese generali
essa spende per il supporto alla loro esistenza e come contributo al
servizio sanitario, di un minimo di 100 euro al mese. Tale tassa va
devoluta a Comuni e Regioni.
500 mila società di capitali hanno dichiarato reddito nullo o di lavorare in perdita. Proposta: le società e gli imprenditori che dichiarano reddito negativo
per tre anni continuativi devono essere obbligati al fallimento.
Introdurre una elevata aliquota Iva sui beni di lusso e abbassare quella sui beni necessari.
Va reintrodotta una significativa tassa di successione con una
franchigia 400.000 euro per l’abitazione che divenisse l’unica di
proprietà dell’erede e, con una franchigia da stabilire, per l’attività
produttiva che non venisse interrotta.
Tassa di solidarietà di almeno l’1% su coloro che posseggono attività finanziarie superiori a 500.000 mila euro e del 10% sui redditi oltre il milione di euro l’anno.
Vanno eliminate le esenzioni dal pagamento dell’Ici approvate dal
governo Berlusconi relative alle abitazioni di lusso, mantenendo
l’abolizione dell’Ici per la sulle prime case non di lusso.
Giampaolo Patta, portavoce Associazione Lavoro e Solidarietà - FdS
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