sabato 24 settembre 2011

E QUESTA SAREBBE L’ALTERNATIVA?

DALLA PADELLA ALLA BRACE



Fatto fuori Berlusconi cosa ci attende? Molti se lo stanno domandando e forse nessuno, neanche i probabili protagonisti del 'post', sanno rispondere. Ma una cosa è certa. Se la tendenza che va per la maggiore (basta leggere repubblica, corriere, sole24ore...) è quella di sostenere le politiche economiche europee, compresa l'ultima scandalosa proposta di ricapitalizzare le banche private con soldi pubblici, stiamo messi proprio male.
Se poi in Italia anche a sinistra si da' risalto e consenso alle proposte della Marcegaglia allora stiamo messi anche peggio.
Oggi la Emma 'rivoluzionaria' ha nuovamente sferrato un duro attacco al governo Berlusconi lanciando un aut aut: O si fa qualcosa di serio o scinderemo le nostre responsabilità dalle loro. La parola 'responsabilità' forse è la più usata e abusata negli ultimi mesi per sostenere politiche a volte anche peggiori della malattia che si intendeva curare (vedi voto sulle manovre). Ma la Emma non si è fermata qua e da buona leader dell'opposizione ha lanciato il suo 'manifesto per l'Italia', un documento con le ricette giuste (a suo dire) per uscire dalla crisi e rilanciare la crescita. Ricette tipo ulteriore innalzamento dell'età pensionabile, (s)vendita dei beni pubblici, privatizzazioni, liberalizzazioni e chi più ne ha più ne metta.
Vediamo più in dettaglio cosa propone il padronato italiano.

Al primo punto c'è la semprepresente «Riforma delle pensioni che «non deve penalizzare i giovani». Si potrebbe già ironizzare sul grassetto riservato alla prima parte della frase e il corpo normale della seconda parte. Ma sarebbe far torto alla «sincerità involontaria» del giornalista. La sua presidentessa è infatti una bugiarda patentata che giustifica in questo modo il punto: «Non è possibile - ha ribadito - che un Paese con i problemi che abbiamo noi, mandi le persone in pensione a 58 anni, con assegni molto alti, mentre domani i giovani ci andranno a 70 anni se non di più, con assegni pari alla metà di adesso. Non è possibile».
La signora glissa tranquillamente sulla modificazione della struttura del mercato del lavoro che proprio la sua associazione di imprese ha preteso dai governi di destra e di centrosinistra. «»Riforme» benedette a suo tempo e che hanno creato un fascia di precariato immensa e crescente, fatta di lavoratori intermittenti che in pensione non ci andranno mai, per la buona ragione che non avranno – se saranno rimasti vivi, dopo una cinquantina d'anni di precarietà - un assegno mensile in grado di sfamarli. Ma la menzogna criminale sta in quel confronto tra il «58enne» che va in pensione oggi e il 70enne di domani: omette di dire, miss «so tutto io», che il primo ha lavorato per 40 anni filati, mentre il secondo probabilmente non ha speranze di riuscirci. Ma il tono scandalizzato serve a nascondere la verità: hanno imparato tutti da Berlusconi, questi padroncini senza onore e senza struttura industriale.

Al secondo c'è il classicissimo «Vendere patrimonio pubblico per ridurre la spesa pubblica». Ovvio: quelli che hanno un po' di liquidi da parte – e i padroncini italiani devono averne, visto che non fanno investimenti dalla guerre puniche – vedono una buona occasione di fare affari «immobiliari». Ovvero quella forma di «imprenditoria» che non genera ricchezza, ma «congela» (immobilizza poteva sembrarvi ripetitivo) quella esistente. Dovrebbe esser noto che il «patrimonio», una volta venduto, non si rigenera. E che, perciò, lo Stato come lo si conosce dovrebbe a quel punto esser letteralmente demolito. Salvando magari qualche soldo per la polizia, chiamata a far la scorta – a spese nostre – alla signora Marcegaglia e ai suo colleghi.

«Abbassare il debito e ridurre l'ingerenza del pubblico nell'economia» è il terzo comandamento di queste nuove tavole della legge. In realtà è un'articolazione del quarto punto («Piano di privatizzazioni e di liberalizzazioni serio»), perché l'unico ingerenza pubblica nell'economia sono le quote di riferimento in Eni, Enel, Finmeccanica, Ferrovie dello stato e poco altro, oltre a un numero alto di aziende di servizi municipali posseduti da Regioni e Comuni. Non faremo osservare alla signora «dateci le imprese buone, questa è una rapina!», che c'è stato un referendum che ha chiarito come sui «beni comuni» (acqua, trasporti pubblici, ma anche forniture elettriche) la stragrande maggioranza degli italiani dotati di cervello abbia detto con voce tonante «NO». Lei non era d'accordo, e quindi quel referendum non esiste. Segnatevi la cosa, perché se bisognerà di discutere di «democrazia», questa è la borgesia imprenditoriale che ci ritroviamo. L'idea, insomma, è di fare come Colaninno con Telecom: comprare, magari a debito, e rivendere a prezzo più alto (c'è la libera impresa, no?). Tanto una multinazionale straniera, capace di fare industria per davvero – e altrettanto in panico per l'andamento dei mercati finanziari – si può sempre trovare.
L'ultimo sono ovviamente le Infrastrutture. Bisogna capirla, poverina... Lei in fondo ha fatto un sacco di soldi lavorando a spese dello stato, fornendo tubi per tutti i gusti e tutte le esigenze. E poi i «costruttori» di grandi opere (Impregilo, Astaldi, ecc) sono pur sempre una quota rilevante nel board confindustriale. Mica si possono dimenticare facilmente...
Ecco. Questo è quel che vuol fare la «borghesia imprenditoriale» di questo paese. Nulla di più, ma se è necessario anche qualcosa di meno ambizioso. Naturalmente, «per salvare l'Italia», mica per interesse!

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