domenica 4 settembre 2011

SCIOPERO GENERALE! - Intervista a Sergio Cofferati

Mentre il governo dimostra tutta la sua inefficienza e dannosità nelle misure della finanziaria, piovono numerosissime le adesioni allo sciopero generale di martedì prossimo. Si fermi tutta l'Italia!
Intervista a Sergio Cofferati sulla grande giornata del 6 Settembre prossimo

 


 
 
«Sciopero generale giusto, ma la mobilitazione della Cgil deve continuare anche dopo»
di Roberto Farneti
su Liberazione del 04/09/2011

Lo sciopero generale del 6 settembre non va considerato come un punto di arrivo, bensì di passaggio di una mobilitazione che duri nel tempo. Sergio Cofferati non solo condivide la decisione della Cgil di fermare il paese contro una manovra «che resta iniqua e senza nessuna azione volta allo sviluppo», ma ritiene che, per vincere, sia necessario costruire un percorso di lotta.

Alcuni esponenti del Pd hanno criticato la scelta della Cgil di andare da sola. Ma perchè, se i sindacati non fanno le cose assieme, la colpa è sempre della Cgil?

Difatti, bisognerebbe chiederlo a chi sostiene queste tesi. Io invece penso che la Cgil abbia fatto bene a decidere da sola lo sciopero generale, dopo avere verificato l'indisponibilità di Cisl e Uil a mettere in campo delle azioni unitarie. Una grande organizzazione come la Cgil non può condannarsi a restare ferma solo perché altri sindacati hanno idee diverse.

Tra l'altro, come ha ricordato Susanna Camusso, la riuscita degli scioperi dipende dalla partecipazione dei lavoratori e non dalle sigle sindacali. Cisl e Uil non scioperano, ma in compenso molte importanti associazioni saranno in piazza.

Certo, perché è evidente che le ragioni dello sciopero sono ben fondate. Io la sensazione che anche tra i lavoratori iscritti alla Cisl e alla Uil, tra le stesse categorie delle due confederazioni, ci sia molto malessere.

La Cgil è stata accusata di avere proclamato uno sciopero «preventivo».

Il profilo della manovra era già chiaro dopo la presentazione del decreto. Era evidente che si trattava di misure che avrebbero penalizzato la parte più debole del paese, sia per quanto concerne la parte di competenza diretta del governo nazionale, sia per quanto riguarda gli effetti indotti dal taglio delle risorse agli enti locali, perché anche lì ci sarà una diminuzione robustissima di protezioni sociali.

Si sono arrabbiati persino gli amministratori di centrodestra

Non c'è da sorprendersi: anche a loro toccherà l'ingrato compito di tagliare i servizi perché non hanno le risorse necessarie. Aggiungo che la manovra è resa ancor più grave dalle norme sul lavoro contenute nell'articolo 8. Invece di pensare a valorizzare il lavoro, il governo attacca lo Statuto dei lavoratori, i diritti fondamentali delle persone che lavorano e cancella, in un tempo relativamente breve, anche il contratto nazionale, proponendo il modello Mirafiori come modello per tutti. E' la prima volta che un provvedimento di legge stabilisce che la contrattazione possa derogare alla legge stessa, sia con l'introduzione di forme di controllo audiovisive delle persone che lavorano, sia con il possibile aggiramento dell'art. 18, quello che impedisce i licenziamenti senza giusta causa. Ce n'era quanto bastava e avanzava per dichiarare uno sciopero da parte di qualsiasi sindacato.

Secondo Cisl e Uil, la Cgil esagera. L'unico rischio dell'art. 8 è che apre spazi a eventuali sindacati di comodo. Infatti è questa la sola modifica che chiedono al governo.

Lo spazio ai sindacati di comodo è nell'impianto concettuale della modifica della contrattazione, con il superamento di quella nazionale e il riconoscimento per legge di quella aziendale. Peraltro è un impianto che in parte si affacciava già nell'accordo del 28 di giugno e che era esplicito nelle intese di Pomigliano e poi di Mirafiori, intese sottoscritte da Cisl e Uil. Questi sindacati non devono meravigliarsi degli effetti del loro operato. La vera novità dell'art. 8 è semmai il riconoscimento retroattivo degli accordi separati di Pomigliano e Mirafiori. In ogni caso, mi pare chiaro che quella norma rende carta straccia l'accordo del 28 di giugno.

Il Pd è stato esplicito: l'art.8 va cancellato. Perché allora Bersani non dice chiaramente che sono Cisl e Uil che sbagliano?

Credo che sia implicito. Se il Pd dà un giudizio negativo sull'art. 8 e Cisl e Uil invece lo considerano compatibile, c'è una evidente difformità di giudizio. Io penso una cosa invece. Proprio perché l'art. 8 stravolge il sistema dei diritti e quello contrattuale, lo sciopero della Cgil è sì giusto, ma temo non sia sufficiente. Il 6 di settembre deve essere considerato un punto di passaggio, non un punto di arrivo, perché, stante l'attuale maggioranza in parlamento, non credo che uno sciopero generale possa cambiare né l'impianto della manovra né le parti che riguardano il lavoro. Serve una mobilitazione che prosegua nel tempo, durante l'autunno, accompagnata da una straordinaria campagna di informazione, perché molte persone non hanno ancora sufficientemente chiaro quali saranno gli effetti di questo stravolgimento di diritti e di strumenti contrattuali.

Angeletti ha detto, testuale, che «gli scioperi servono solo quando si combatte un padrone, colpendone la produzione». Eppure mi pare che la Uil di scioperi generali ne abbia indetti in passato.

Anche in tempi recenti. Io non da adesso sono convinto che le differenze tra le tre confederazioni italiani siano di strategia, non di tattica. In particolare c'è un'idea di rappresentanza che nel tempo più recente ha teso a divaricarsi. Per questo motivo insisto nel dire che sarebbe indispensabile una legge sulla rappresentanza per stabilire con precisione chi rappresenta chi, attuando la Costituzione. E poi bisognerebbe dare alle persone che lavorano la possibilità di decidere sugli accordi che li riguardano, con lo strumento referendario. Invece l'accordo del 28 di giugno esclude tassativamente la possibilità che gli interessati votino. E questo non va bene, assolutamente. Quando le organizzazioni hanno opinioni diverse tra di loro chi decide? Non una presunta rappresentatività, ma una rappresentatività certificata per arrivare fino all'ipotesi di accordo, dopodiché l'ultima parola deve spettare ai lavoratori. Lo strumento perchè questa parola sia efficace è il voto. Serve una legge che preveda che i lavoratori votino sempre.

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