di Maria R. Calderoni
su Liberazione del 08/09/2011
Il libro. "Soldi rubati" di Nunzia Penelope
Il
debito pubblico non è proprio per niente un'entità astratta. Il debito pubblico
è pubblico, cioè di tutti, lo dice la parola stessa. Stando che oggi come oggi
- dati 2010 di Banca Italia - il medesimo debito pubblico - cioè di tutti -
ammonta esattamente a 1867 miliardi di euro (100 miliardi in più dell'anno
precedente, 200 in
più del 2007), questo vuol dire che ognuno dei cittadini italiani, neonati
compresi, ha sulle spalle la sua quota di debito pubblico. Vale a dire 31 mila
euro a cranio (60 milioni di lire, se vi è più chiaro).
E come si è arrivati a tanto? E di chi è la colpa? E come possiamo uscirne? Sembrerebbero le domande del Cappellaio matto, quello che chiedeva la differenza tra un corvo e uno scrittoio. Invece no, non siamo nel paese di Alice e le risposte, assolutamente chiare, persino inoppugnabilmente logiche, ci sono e come.
Provate a leggere questo libro - Nunzia Penelope, Soldi rubati, Ponte alle Grazie, pag. 326, euro 14,60 - e le avrete tutte, le risposte. E le capirete tutte, anche se non siete esperti del ramo e laureati in economia, perché - merito non da poco - questo libro tratta l'ostica materia fatta di cifre, bilanci, mercati, banche, finanze, ecc., con un linguaggio semplice, chiaro, per niente astruso e difficile, come il più delle volte avviene in campo di economia e affini, nel quale, a capirci, spesso sono solo loro, gli addetti ai lavori.
Con questo libro, invece, ci capiamo benissimo anche noi non addetti; e francamente vale la pena di leggerlo. Più avvincente di un thriller.
Intanto, la trama, come recita la copertina: «Corruzione, criminalità, truffe, crac, evasione fiscale. La prima inchiesta completa sui devastanti costi dell'illegalità in Italia».
Col debito pubblico tutto ciò c'entra, c'entra moltissimo. «Partiamo dai numeri base: ogni anno in Italia abbiamo 120 miliardi di evasione fiscale, 60 miliardi di corruzione. Fanno 180 miliardi l'anno. In dieci anni farebbero 1800 miliardi: esattamente l'intero stock del debito pubblico. Si potrebbe azzerare e vivere felici».
Questo l'incipit. Il resto viene da sé, di conseguenza. Perché l'evasione fiscale non è solo e soltanto quello che, semplicemente e meramente, in soldoni, si sottrae al fisco. No, l'evasione fiscale è molto di più e molto di peggio. Lasciamo la parola al libro. L'evasione fiscale è «la madre di tutte le illegalità, da cui discende il resto. La filiera è la seguente: si evade, si nascondono i soldi, si corrompe per nasconderli, e poi, una volta ripuliti attraverso il riciclaggio, si usano per corrompere ulteriormente. Oppure per metterseli in tasca».
Tutto ciò che vorreste sapere sull'evasione fiscale e nessuno vi ha mai detto. Ecco «i numeri», come li mette in fila il libro di Nunzia Penelope. «270 miliardi di euro l'imponibile evaso ogni anno; da 100 a 125 miliardi di euro l'anno il mancato introito per lo Stato; 3000 euro l'anno pagati in più da ciascun contribuente in regola causa evasione fiscale; negli ultimi 30 anni il lavoro dipendente ha pagato tasse maggiori per 870 miliardi di euro». Baciamo le mani.
Evasione fiscale, due o tre cose che so di lei. Intanto, in tutti questi anni, non è mai rallentata, anzi si è accresciuta. Lo dice, ad esempio, il Rapporto 2010 della Guardia di Finanza, presentato in Parlamento il 26 gennaio scorso. Ebbene, «nel 2010 sono stati accertati ricavi o compensi non dichiarati per 50 miliardi, quasi il doppio rispetto ai 27 miliardi del 2009». E salgono addirittura dell'80 per cento le somme traslocate all'estero illegalmente: da 8 a 10 miliardi e mezzo nel giro di dodici mesi.
Come si sa, in Italia ci sono 5 milioni e mezzo di partite Iva; ed è Mario Draghi a dire come vanno le cose in questo settore: «Se tutta l'Iva fosse pagata regolarmente, il rapporto deficit/Pil del nostro paese sarebbe tra i più bassi d'Europa».
Buono a sapersi. Resta da capire come mai l'evasione continui indisturbata, non a scendere ma a salire, come denunciano gli stessi dati ministeriali. Serpico, Perseo, Gerico, Elisa sono i nomi, persino mitologici, con cui l'Agenzia delle entrate identifica i vari strumenti informatici utilizzati nella "caccia" ai contribuenti disonesti. Senza troppo successo, a quanto pare. Infatti, ad incentivare l'evasione medesima, «c'è anche la reputazione d'inefficienza dell'apparato amministrativo, che consente a chi non vuole pagare le tasse di sentirsi in una botte di ferro».
E, comunque, tranquilli, «anche se viene scoperto, non è detto che l'evasore paghi. In genere passano anni, perché il meccanismo della riscossione funziona poco e male». I dati, sempre loro, parlano chiaro. «Dell'evasione accertata nel 2009, pari a 26,34 miliardi, è stato effettivamente riscosso solo il 10,4 per cento, cioè 2,7 miliardi»: la norma è questa, andate pure a vedere le cifre dell'ultimo decennio. Per non parlare della giustizia tributaria che fa acqua da tutte le parti, con pendenze arretrate che sono ormai quasi 700mila, contenziosi che durano in media più di 8 anni e 4mila giudici in organico quando ne occorrerebbero «almeno il doppio».
Con "la manovra" ora Tremonti e soci si sono svegliati di soprassalto e assicurano che il fisco darà caccia, persino con tintinnio di manette, e l'evasore non avrà scampo. L'ennesima bufala.
E come si è arrivati a tanto? E di chi è la colpa? E come possiamo uscirne? Sembrerebbero le domande del Cappellaio matto, quello che chiedeva la differenza tra un corvo e uno scrittoio. Invece no, non siamo nel paese di Alice e le risposte, assolutamente chiare, persino inoppugnabilmente logiche, ci sono e come.
Provate a leggere questo libro - Nunzia Penelope, Soldi rubati, Ponte alle Grazie, pag. 326, euro 14,60 - e le avrete tutte, le risposte. E le capirete tutte, anche se non siete esperti del ramo e laureati in economia, perché - merito non da poco - questo libro tratta l'ostica materia fatta di cifre, bilanci, mercati, banche, finanze, ecc., con un linguaggio semplice, chiaro, per niente astruso e difficile, come il più delle volte avviene in campo di economia e affini, nel quale, a capirci, spesso sono solo loro, gli addetti ai lavori.
Con questo libro, invece, ci capiamo benissimo anche noi non addetti; e francamente vale la pena di leggerlo. Più avvincente di un thriller.
Intanto, la trama, come recita la copertina: «Corruzione, criminalità, truffe, crac, evasione fiscale. La prima inchiesta completa sui devastanti costi dell'illegalità in Italia».
Col debito pubblico tutto ciò c'entra, c'entra moltissimo. «Partiamo dai numeri base: ogni anno in Italia abbiamo 120 miliardi di evasione fiscale, 60 miliardi di corruzione. Fanno 180 miliardi l'anno. In dieci anni farebbero 1800 miliardi: esattamente l'intero stock del debito pubblico. Si potrebbe azzerare e vivere felici».
Questo l'incipit. Il resto viene da sé, di conseguenza. Perché l'evasione fiscale non è solo e soltanto quello che, semplicemente e meramente, in soldoni, si sottrae al fisco. No, l'evasione fiscale è molto di più e molto di peggio. Lasciamo la parola al libro. L'evasione fiscale è «la madre di tutte le illegalità, da cui discende il resto. La filiera è la seguente: si evade, si nascondono i soldi, si corrompe per nasconderli, e poi, una volta ripuliti attraverso il riciclaggio, si usano per corrompere ulteriormente. Oppure per metterseli in tasca».
Tutto ciò che vorreste sapere sull'evasione fiscale e nessuno vi ha mai detto. Ecco «i numeri», come li mette in fila il libro di Nunzia Penelope. «270 miliardi di euro l'imponibile evaso ogni anno; da 100 a 125 miliardi di euro l'anno il mancato introito per lo Stato; 3000 euro l'anno pagati in più da ciascun contribuente in regola causa evasione fiscale; negli ultimi 30 anni il lavoro dipendente ha pagato tasse maggiori per 870 miliardi di euro». Baciamo le mani.
Evasione fiscale, due o tre cose che so di lei. Intanto, in tutti questi anni, non è mai rallentata, anzi si è accresciuta. Lo dice, ad esempio, il Rapporto 2010 della Guardia di Finanza, presentato in Parlamento il 26 gennaio scorso. Ebbene, «nel 2010 sono stati accertati ricavi o compensi non dichiarati per 50 miliardi, quasi il doppio rispetto ai 27 miliardi del 2009». E salgono addirittura dell'80 per cento le somme traslocate all'estero illegalmente: da 8 a 10 miliardi e mezzo nel giro di dodici mesi.
Come si sa, in Italia ci sono 5 milioni e mezzo di partite Iva; ed è Mario Draghi a dire come vanno le cose in questo settore: «Se tutta l'Iva fosse pagata regolarmente, il rapporto deficit/Pil del nostro paese sarebbe tra i più bassi d'Europa».
Buono a sapersi. Resta da capire come mai l'evasione continui indisturbata, non a scendere ma a salire, come denunciano gli stessi dati ministeriali. Serpico, Perseo, Gerico, Elisa sono i nomi, persino mitologici, con cui l'Agenzia delle entrate identifica i vari strumenti informatici utilizzati nella "caccia" ai contribuenti disonesti. Senza troppo successo, a quanto pare. Infatti, ad incentivare l'evasione medesima, «c'è anche la reputazione d'inefficienza dell'apparato amministrativo, che consente a chi non vuole pagare le tasse di sentirsi in una botte di ferro».
E, comunque, tranquilli, «anche se viene scoperto, non è detto che l'evasore paghi. In genere passano anni, perché il meccanismo della riscossione funziona poco e male». I dati, sempre loro, parlano chiaro. «Dell'evasione accertata nel 2009, pari a 26,34 miliardi, è stato effettivamente riscosso solo il 10,4 per cento, cioè 2,7 miliardi»: la norma è questa, andate pure a vedere le cifre dell'ultimo decennio. Per non parlare della giustizia tributaria che fa acqua da tutte le parti, con pendenze arretrate che sono ormai quasi 700mila, contenziosi che durano in media più di 8 anni e 4mila giudici in organico quando ne occorrerebbero «almeno il doppio».
Con "la manovra" ora Tremonti e soci si sono svegliati di soprassalto e assicurano che il fisco darà caccia, persino con tintinnio di manette, e l'evasore non avrà scampo. L'ennesima bufala.
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