martedì 4 febbraio 2014

La cura Renzi: unione a destra


di Andrea fabozzi, da Il Manifesto

Si dimo­stra la capa­cità di coa­li­zione del lea­der dei mode­rati, rispetto al can­ni­ba­li­smo del Pd». Non è pro­prio una cita­zione dotta — viene dal Mat­ti­nale, l’eccitata new­slet­ter di Renato Bru­netta — ma rias­sume bene i primi effetti sul qua­dro poli­tico della riforma elet­to­rale in corso. A destra si strin­gono a coorte; dall’altra parte Renzi resta con un solo alleato — Ven­dola — che appare anche scon­tento e minac­cioso. Ma per il segre­ta­rio Pd va tutto bene, è solo la sua stra­te­gia all’opera. «Vanno con­qui­stati gli elet­tori, non i lea­der», scrive nel pome­rig­gio su twit­ter. Ma due son­daggi di gior­nata — uno dell’Ipsos, uno di Euro­me­dia — lo smen­ti­scono, segna­lando che con l’aggiunta di Casini il cen­tro­de­stra rag­giunge il 37% e dun­que con il nuovo sistema elet­to­rale potrebbe vin­cere le poli­ti­che già al primo turno.
È un #nuo­vo­film, lan­cia l’hashtag Mat­teo Renzi, eppure sem­bra tanto il film già visto nel 2008, subito dopo la vit­to­ria di Wal­ter Vel­troni alle pri­ma­rie Pd. Prima l’abboccamento con il Cava­liere per la riforma elet­to­rale che mise in crisi il governo di cen­tro­si­ni­stra (Prodi) in carica, poi la «voca­zione mag­gio­ri­ta­ria» che chiuse alla sini­stra. Il finale è noto e non lieto: Ber­lu­sconi al mas­simo sto­rico, quasi dieci punti sopra il Pd. L’esperienza inse­gna, dun­que le pro­ba­bi­lità che Sel si sfili dall’alleanza con i demo­cra­tici sono pra­ti­ca­mente ine­si­stenti, anche se Ven­dola è costretto a ricor­dare che «l’alleanza è tutta da costruire, se la que­stione è che noi dob­biamo fare i por­ta­tori d’acqua potremmo fare anche altro». Minac­cia timida e pure obbli­gata, di fronte a una legge elet­to­rale che pre­vede uno sbar­ra­mento al momento fuori dalla por­tata di Sel e anche l’assurdo corol­la­rio del tra­sfe­ri­mento dei voti dai «pic­coli», rima­sti fuori dal par­la­mento, ai grandi, pre­miati con seggi omag­gio. È vero che si sta discu­tendo di una clau­sola che, così come avviene nel Por­cel­lum oggi in vigore, può sal­vare il miglior per­dente nelle coa­li­zioni: Sel a quel punto potrebbe far­cela, supe­rando però quella parte dei cen­tri­sti desti­nata a legarsi a Renzi. Ma il segre­ta­rio del Pd per il momento è liqui­da­to­rio: «Sel dovrà fare lo sforzo per supe­rare lo sbar­ra­mento». Lo sbar­ra­mento al momento del 4,5%, che però può scendere.
Non scen­derà invece l’altro sbar­ra­mento, ancor più alto e distor­sivo del sistema pro­por­zio­nale, l’8% pre­vi­sto per chi corre fuori dalle coa­li­zioni. Motivo per cui Casini si è deciso a tor­nare nel cen­tro­de­stra, imma­gi­nando di costruire con Alfano un polo mode­rato in grado di con­ten­dere la lea­der­ship al Cava­liere. E se non la lea­der­ship, di certo la pre­mier­ship, Ber­lu­sconi essendo messo fuori gioco dalla legge Seve­rino e dall’interdizione. Così Alfano mette con­di­zioni per il ritorno, chiede le pri­ma­rie esat­ta­mente come le chiese, ma solo per una set­ti­mana, prima delle ultime ele­zioni. Gli rispon­dono male i suoi tenti nemici del cen­tro­de­stra, e pre­pa­rano una pes­sima acco­glienza anche a Casini — al solito a colpi di tito­lacci del Gior­nale. Anche per­ché i vec­chi «fal­chi» del Pdl, oggi «lea­li­sti» in Forza Ita­lia, stanno già fati­cando a man­dar giù la pro­mo­zione dell’ultimo arri­vato, l’ex diret­tore dei Tg Media­set Gio­vanni Toti. Val­gono le parole spicce di Daniela San­tan­chè: «Casini è il poli­tico più soprav­va­lu­tato della sto­ria ita­liana, è un bluff». E Ber­lu­sconi, al solito, deve inter­ve­nire. Smen­tendo, ancora al solito, il suo cir­colo più stretto e il gior­nale che fa pub­bli­care. Dif­fonde una nota scritta: «In que­sti giorni non ho con­di­viso gli attac­chi a Pier­fer­di­nando Casini, il cui ritorno nell’area dei mode­rati è da sem­pre stato da me auspi­cato e del quale non posso che esserne lieto». Ma è chiaro, il gioco andrà avanti così, tra blan­di­zie e richiami all’ordine. Anche que­sto un film già visto, che Casini non può dire di non cono­scere. Magari sta­volta spera di avere un ruolo più importante.

Così l'Italicum di Renzi ricompatta il centrodestra

Chissà se Matteo Renzi, quando è andato a trattare con Berlusconi sull’Italicum, immaginava che le sue manovre sulla legge elettorale avrebbero messo in moto una reazione a catena capace (almeno stando ai sondaggi di questo periodo) di consegnare la vittoria ad un nuovo centrodestra (non quello di Alfano, ovviamente, ma quello che vede insieme Forza Italia, Lega, alfaniani e, a gran richiesta, Casini) redivivo e più forte che pria. Se non lo ha fatto, rischia di pagarne amare conseguenze.
Il ritorno del figliol prodigo centrista nella casa di Berlusconi non è frutto del caso. Nel momento in cui, infatti, con l’Italicum elaborato dal duo Renzi-Berlusconi le possibilità di veder nascere un terzo polo moderato vengono spazzate via (l’unico in grado di reggere l’urto dello sbarramento sarebbe Grillo), al furbo Casini è balzato subito agli occhi che l’unico modo per sopravvivere (politicamente parlando) è lasciare al suo destino Scelta civica (progetto di fatto fallito) e allearsi con l’amico-nemico (facendo oltretutto tirare un bel sospiro di sollievo Oltretevere). Con il che la vittoria di Berlusconi alle prossime elezioni addirittura al primo turno diventa molto più concreta.
E al Cavaliere, che è uomo pragmatico, la cosa garba molto. Garba a tal punto da mettere la sordina alle reazioni non esattamente di giubilo che dentro Forza Italia (da Carfagna a Santanché a Fitto alGiornale) hanno accompagnato il “ritorno” di Casini. E così Berlusconi scende personalmente in campo per difenderlo: «In questi giorni non ho condiviso gli attacchi a Pierferdinando Casini, il cui ritorno nell’area dei moderati è da sempre stato da me auspicato e del quale non posso che esserne lieto, ritenendo che anche il suo movimento potrà offrire un reale contributo alla vittoria del Centrodestra».  La sostanza, insomma, è questa. E ben lo sa Alfano (probabilmente non colto di sorpresa) che accoglie Casini a braccia aperte: «Gli diciamo di cuore un bentornato nel centrodestra e tra le forze politiche alternative alla sinistra. Siamo pronti a lavorare in questa direzione e crediamo che questa sia una direzione che può rafforzare il centrodestra italiano e portarlo a vincere contro la sinistra alle prossime elezioni politiche».
La mossa di Casini rinvigorisce il centrodestra e al contempo manda in subbuglio la squadra parlamentare di Scelta Civica, ancora raccolta intorno a Mario Monti dopo l’uscita dei «governativi» che hanno fondato i Popolari per l’Italia. Linda Lanzillotta, senatrice di Sc, ha detto chiaro e tondo che la mossa di Casini era preannunciata e ha chiesto agli scissionisti se se la sentono di tornare sotto l’ala protettrice del Cavaliere. Andrea Oliviero e Lorenzo Dellai, leader dei popolari per l’Italia, rispondono enigmatici: «Decideremo quando la rivelazione di Casini sarà assunta come ragionevolmente definitiva».
Si vedrà. Certo è che l’Italicum, prima ancora di essere ufficialmente legge, sta già ricompattando il centrodestra attorno a Berlusconi, mentre nel campo del centrosinistra provoca divisioni, persino all’interno del Pd. Il tutto mentre Renzi prosegue sulla strada veltroniana di fare terra bruciata a sinistra: con chi farà alleanze quando si tratterà di raggiungere il 37 per cento? O pensa di fare tutto da solo?
 

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