mercoledì 13 agosto 2014

Il prezzo non è giusto —  Paolo Pini, Il Manifesto


Sono pas­sati appena sette giorni da quanto l’Istat ha cer­ti­fi­cato che siamo rien­trati in reces­sione tec­nica, dopo esserne usciti per un solo tri­me­stre alla fine del 2013. Ora sem­pre l’Istat ci informa che siamo vicini alla soglia della defla­zione. In luglio 2014 i prezzi al con­sumo dimi­nui­scono dello 0,1% rispetto a giu­gno 2014, e su base annua l’inflazione ten­den­ziale passa da 0,3% a 0,1%. Vi sono certo effetti sta­gio­nali, ma la ridu­zione dell’inflazione ed ora la defla­zione sta accom­pa­gnando l’Italia negli anni della crisi. L’inflazione era al 3% nel 2012, al 2,8% nel 2011. Più indie­tro, nel 2008 era­vamo al 3,3%, discesa poi con la crisi nel 2009 e risa­lito con la ripresa nel 2010 e 2011. Ma nel luglio 2013 era tor­nata all’1,2% annuo, e da allora ha quindi perso 1,1 punti per­cen­tuali. Il peg­gio­ra­mento è quindi forte nell’ultimo anno. Col­pi­scono i dati regio­nali e macro-regionali. Il Nord-Ovest è in defla­zione (-0,1%) men­tre abbiamo infla­zione zero nel Nord-Est ed in Cen­tro Italia.
Regioni dove si è affer­mata la defla­zione sono quelle ad eco­no­mia forte ed indu­striale. Ciò con­ferma la gra­vità della crisi in cui versa il paese. Bloc­cata la domanda interna, i con­sumi delle fami­glie in fre­nata per effetto anche delle poli­ti­che restrit­tive, gli inve­sti­menti pri­vati e pub­blici in forte con­tra­zione, causa i tagli alla spesa pub­blica e le aspet­ta­tive sem­pre peg­giori per le imprese, solo la domanda estera ha mostrato sin qui qual­che dina­mi­smo, ma anche essa segna il passo (-0,2% il suo con­tri­buto netto alla dimi­nu­zione del Pil nell’ultimo trimestre).

Così l’economia ita­liana dello 0%, cre­scita zero del red­dito reale e cre­scita zero dei prezzi, con ten­denza ad andare sotto lo “zero” a fine 2014. Quando l’impresa non vende per­ché la domanda rista­gna, riduce i prezzi per con­qui­starsi una fetta di quella sta­gnante domanda, sot­traen­dola agli altri: “È la con­cor­renza, bel­lezza!”, ma oltre ad un certo limite il rischio è la chiu­sura. Con dina­mi­che dei prezzi sem­pre meno posi­tive da anni, siamo ora giunti a dina­mi­che nega­tive. Chi ha in pro­gramma spese per con­sumi e beni dure­voli si aspet­tava sino ad ora prezzi con aumenti sem­pre più deboli; ora si può atten­dere prezzi addi­rit­tura in dimi­nu­zione. Una ragione in più per dila­zio­nare nel tempo le deci­sioni di acqui­sto: così ragiona il sin­golo acqui­rente. Met­tete assieme tanti sin­goli acqui­renti, e la domanda di mer­cato si con­trare per tutti.
A livello macro dob­biamo però sod­di­sfare i vin­coli euro­pei, defi­cit e debito su Pil. Non solo il rap­porto deficit/Pil risente della cre­scita nulla del Pil, che peral­tro riduce le entrate dello Stato e quindi innalza il defi­cit, ma rende impos­si­bile ogni ope­ra­zione di con­so­li­da­mento fiscale sul debito.
Con infla­zione in dimi­nu­zione, o addi­rit­tura defla­zione, il debito diventa più gra­voso per tutti i debi­tori, che pote­vano trarre van­tag­gio da un’inflazione che non c’è più.
Ogni ridu­zione del debito via avanzi pri­mari nei conti pub­blici peg­giora la situa­zione: dre­nando domanda dal mer­cato, abbassa il Pil. Il debito non si ripaga con la defla­zione, lo si peggiora.
Il terzo pro­blema è su scala euro­pea. La Bce ha una mis­sione da com­piere: tenere l’inflazione sotto con­trollo, con tar­get 3%. Era il tasso di infla­zione dell’Eurozona nel 2008. Da allora l’inflazione si è ridotta, sino ad arri­vare allo 0,5% annuo del 2014. La Bce non sta svol­gendo il suo com­pito. Chiede agli Stati peri­fe­rici addi­rit­tura che le riforme strut­tu­rali siano gover­nate dalla tec­no­cra­zia euro­pea e che gli Stati nazio­nali cedano sovra­nità alle isti­tu­zioni euro­pee. Dra­ghi annun­cia che inter­verrà per ripor­tare l’inflazione al tar­get 3%, ma non lo sta facendo.
Le ten­sioni geo­po­li­ti­che peg­gio­rano assai il qua­dro, ed in Europa stiamo andando verso una defla­zione gene­rale. Fin­lan­dia, Spa­gna, Gre­cia, Olanda, lo erano già alla fine del 2013, altri paesi si aggiun­gono nel 2014, tra cui l’Italia. Anche i paesi dell’Europa con­ti­nen­tale non stanno bene, la Fran­cia anzi­tutto, ma ora in Ger­ma­nia fre­nano gli ordini per le imprese, ral­lenta la cre­scita ed anche l’inflazione si abbassa. Eppure la richie­sta di riforme strut­tu­rali si accom­pa­gna sem­pre a quella di fles­si­bi­liz­zare il lavoro e le sue retri­bu­zioni verso il basso. L’opposto di quello che ser­vi­rebbe; le retri­bu­zioni gover­nano i prezzi, assieme alla pro­dut­ti­vità, e la loro sta­gna­zione con­tri­bui­sce alla sta­gna­zione dei prezzi e quindi alla deflazione.

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