All'inizio era un argomento interessante. Un partito "nuovo" che si proponeva di accorciare la distanza tra i cittadini e le istituzioni, di snellire, semmai ringiovanire, e che finalmente intendeva sfruttare al massimo le grandi potenzialità offerte dalla rete.
Per altri ci saranno state ragioni differenti per analizzare e scrivere del Movimento di Grillo, ma per me sono state queste: capire, analizzare, e mettere in luce i meccanismi di comunicazione interna, di gestione della partecipazione ed organizzazione online, e gli aspetti della manipolazione della comunicazione, non intesa nella sua accezione necessariamente negativa, ma come normale fenomeno nella gestione del consenso in un movimento politico.
Così come rapidamente è cresciuto, in meno di due anni il Movimento di Grillo e Casaleggio ha decisamente "stufato". E il mio non è un giudizio personale o politico, ma tecnico, nell'osservazione del fenomeno come notizia, o come fonte di notizie.
Grillo ha avuto un'occasione unica di emergere nella politica italiana: in piena crisi economica, ha mutuato quel meccanismo populista del protoleghismo di "dare la colpa a qualcuno dei mali collettivi sulla pubblica piazza". A differenza di quanto fece Bossi alla fine degli anni ottanta, Grillo non si è tagliato le gambe con un odioso regionalismo che aveva perso la sua forza propulsiva di novità iniziale, ma ha indicato ai suoi un nemico generico, la Casta. Un biscione privo di una precisa location geografica, che si aggirava per il paese strisciando in ogni luogo, ufficio, professione, amministrazione, partito, sindacato, eletto, dipendente o imprenditore. La Casta andava abbattuta. E così ognuno, qualsiasi fosse il suo censo, provenienza, lavoro, aveva nella Casta il vero nemico colpevole delle sue disgrazie, guai, mali, insuccessi... e ovviamente chiunque cercasse di far riflettere, di ragionare, di proporre una politica che non fosse di odio, violenza verbale, contrapposizione per definizione, automaticamente era anche lui membro della casta, se non servo della stessa, spalleggiato - manco a dirlo - dai pennivendoli di regime.
Una soluzione unica, che anche questa attraversava tutti i livelli sociali, professionali, geografici, di istruzione: nemico unico, fiancheggiatore unico. Tutti assieme, casta, giornalisti, pensionati, operai, dipendenti pubblici e privati, studenti finirono nel calderone dell' "infondo io vi capisco...", perché l'unico motivo per cui (ovviamente) Grillo aveva perso sonoramente alle elezioni amministrative era che "gli altri" dovevano difendere le proprie rendite di posizione e lo status quo.
Un modello di Italia socialmente divisa tra buoni e cattivi, vecchio e nuovo, onesto e disonesto, casta e non casta. Un modello comunicativo che non ha pagato nel mentre e che ha sancito - facendo quasi tutto da solo - il proprio fallimento politico e culturale con le elezioni europee, dove lo sfidato Pd (ad esempio), che doveva perdere, ha preso il doppio dei voti e delle percentuali del Movimento 5 Stelle.
Grillo torna a tuonare, ciclicamente, contro tv e giornali "di potere", contro i giornalisti "pennivendoli di regime", eppure, proprio lui che tanto millanta di odiarli, li usa magistralmente, pubblicando i suoi strali violentemente offensivi entro le 11 del mattino ed entro le 17 del pomeriggio: in tempo per i tg e per le chiusure dei quotidiani del giorno dopo. Giornali e televisioni di regime, fatti dai quei pennivendoli asserviti senza i quali nessuno avrebbe saputo nulla dei Vday, della sua traversata dello stretto di Messina, delle sue sparate di piazza, della chiusura (prima e seconda) a San Giovanni... per una copertura media del 35% delle notizie politiche dei tg dell'ultimo anno e con una media di 1,6 pagine ogni giorno su ogni quotidiano. Ben sapendo Grillo e Casaleggio, che esserci conta il doppio: tempo e spazio sottratto agli altri, e tempo e visibilità per sé, che anche fosse sempre e solo critica (e non è così anche se è strumentale e servile crederlo e dirlo!) comunque offre l'occasione per ribadire "che sono servi di regime...", e tutto torna.
Oltre questo però non resta nulla in termini di proposta politica. Tanto che oggi, per esistere sulla scena politica, non resta che inseguire gli altri, tutti gli altri, da Forza Italia alla Lega e soprattutto il Pd. Deve inseguire la Lega in Veneto, nel candidarsi a portavoce dei "piccoli imprenditori del nord-est" per non perdere quel prezioso consenso che aveva sottratto al Bossi prima maniera, e che ora rischia di tornare con il restiling salviniano. Deve inseguire e surclassare Forza Italia per ottenere i voti di destra sui temi dell'euro, dell'anti-germania, della lotta alle tasse (in questo tra miliardari-leader ci si capisce al volo!), e dell'immigrazione. Deve poi inseguire l'agenda imposta da Renzi, perché difficilmente sarebbe giustificabile per il suo elettorato la totale assenza del secondo gruppo parlamentare dalla scena della riforma dello Stato e della Legge Elettorale. Ed allora uno streaming in cui mandare "il volto pulito" di Di Maio è la speranza del capo per poter dire domani "noi li abbiamo incontrati ma sono loro che..." - qualsiasi cosa ci stia al posto dei puntini va sempre bene.
Sono lontani ormai i tempi in cui ci cimentavamo a ricordare a Grillo che democrazia diretta e partecipata è cosa ben diversa da qualche voto espresso con crocetta sul blog, utile solo a generare accessi e incassi per il capo. Anche in casi clamorosi, come le quirinarie o le parlamentarie, quando qualcosa sulla "divina piattaforma" andava storta era colpa di fantomatici hacker, mai un semplice bag o errore di programmazione della infallibile Casaleggio Associati.
Seguendo il motto del marito infedele di "negare, negare, sempre negare" Grillo ha negato anche l'evidenza del tradimento del suo elettorato: ha negato che avrebbe fatto un tour a pagamento, ha negato che sarebbe andato con la destra populista in Europa, ha negato i suoi guadagni reali con il blog, ha negato finanche i condoni fiscali ed edilizi fatti in passato, bollando tutto come la solita "macchina del fango" dei "pennivendoli di regime" al servizio dei famigerati "poteri forti".
Ha sempre vituperato i guadagni dei conduttori ed ospiti della Rai, ma mai fatto alcuna autocritica quando - in proporzione molto di più - quei soldi li ha presi lui, e mentre i suoi parlamentari devono (più per immagine che per sostanza) restituire qualcosa di non speso, guai a proporre al Beppe nazionale una restituzione anche simbolica dei suoi gettoni passati a Sanremo.
Continua in questi giorni ad allungare la sua lista di proscrizione, in cui prima c'erano solo giornalisti, mentre adesso ci sono anche blogger, registi, fumettisti del giorno, indicando quanti soldi pubblici quelle testate avevano ricevuto negli anni. Eppure né per la Rai il presidente della Commissione di Vigilanza pentastellalto e fedelissimo Fico ha proposto nulla di concreto, né per i giornali un gruppo di poco meno di 200 parlamentari tra Camera e Senato ha proposto alcuna legge di riforma del sistema editoriale, che consideri l'eliminazione del finanziamento pubblico, ma anche riveda - semmai - il sistema complessivo della distribuzione e i tetti e i cartelli della raccolta pubblicitaria. Già, conviene ripetere che siamo al 68° posto per libertà di stampa e accusare di complottismo chi fa informazione che non mettere mano ad un settore con competenza anche perché quella non la puoi inventare.
Dopo due anni di politica diretta, con duemila eletti nelle istituzioni, con tanti parlamentari, restare al palo della comunicazione politica dovendo inseguire gli altri, dovendo rincorrere proposte altrui non avendo prodotto davvero effettivamente nulla, stare ancora a discutere del dissidente, di come se non segui la linea sei espulso, delle solite liste di proscrizione, dover ancora ricordare che non è accettabile il linciaggio mediatico ogni volta che c'è un'obiezione politica, che non è ammissibile come pena la fossa dei leoni, sempre più simile a fossa ecologica... ecco tutto questo ha un po' stufato. E resiste e sta in piedi solo ed unicamente perché per par-condicio, per democraticità della stampa, per dovere - comunque - di cronaca parlamentare, i vituperati media continuano a raccontare ciò che avviene - sempre drammaticamente uguale a se stesso - all'interno del Movimento 5 Stelle, sempre con gli stessi metodi, le stesse dinamiche, gli stessi insulti, le stesse parolacce, lo stesso vuoto di proposta politica e istituzionale.
Tutto fermo, senza prendere posizione che non sia un "no" a prescindere e a priori, purché si resti a galla, gridando e dimenandosi perché "il mondo cattivo ce l'ha con te". Sarà per questo che dal blog Grillo precisa "Il funerale del M5S non è ancora stato celebrato in quanto manca il morto che al contrario, gode di ottima salute. Malpancisti, disfattisti e fautori dell'implosione pro domo loro hanno solo l'imbarazzo della scelta, i pennivendoli li intervisteranno, i partiti li accoglieranno a braccia aperte" forse si è accorto che di tanta buona salute non gode. Ma anche stavolta la colpa è di chi rema contro dall'interno. Già quegli stessi disfattisti cui Hitler dava la colpa della sconfitta. Ma come non ricordare che lui, Beppe, è anche "oltre Hitler"?
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