domenica 10 agosto 2014

La guerra che verrà Di ilsimplicissimus


standing_army_orizzForse bisognerebbe cominciare questo post con Federico di Prussia, perché è da allora che si può rintracciare una costante della storia europea: la contrapposizione alla Russia ha finito sempre per segnare un declino del continente, delle sue nazioni o coalizioni. Passando per Napoleone, gli imperi centrali, Hitler ogni fase ha segnato un nuovo e più denso crepuscolo della storia europea perché le sottrae il gigantesco retroterra euroasiatico di cui peraltro nessun altra nazione europea è stata o sarà in grado di impadronirsi. Non fa eccezione l’appoggio, assurdo e autolesionista della Ue al pazzesco piano Usa per l’Ucraina, uno scherzetto che le costerà 1300 miliardi l’anno e che la ingaggia  in uno scontro geopolitico nel quale essa appare solo come un’appendice americana, peraltro sacrificabile.
E’ anche vero che la Germania, anzi in  qualche modo la mitteleuropa  sta cercando di fare una politica autonoma, interpretando da sola e con possibili grandi vantaggi una posizione di mediazione fra i grandi blocchi che si vanno creando, ma questo richiede un tempo che forse non c’è e in ogni caso non è che l’ennesima dimostrazione della non esistenza dell’Europa. Sì, il tempo stringe perché il delirante tentativo di prendersi l’Ucraina con un  golpe di sapore neonazista, invece di  aspettare le elezioni e “lavorarsi” il Paese attraverso le Ong, le multinazionali già stabilmente insediate e tutto l’armamentario finanziario propagandistico, dimostra una fretta allarmante e apparentemente ingiustificata di Washington, quasi che l’amministrazione americana preferisca far precipitare in fretta ila situazione e accelerare la definitiva formazione dei blocchi multipolari già da tempo incipienti.
Il fatto stesso che con tutto il nordafrica e il medio oriente in movimento e/o in fiamme già da anni, l’amministrazione di Washington, guidata da un premio Nobel per la Pace, abbia preferito aprire un nuovo fronte euroasiatico, seguendo contemporaneamente sia la dottrina Bush, responsabile dei disastri iracheni e siriani, sia quella Brzezinski sul contenimento russo -cinese, dimostra che gli Usa si stanno muovendo scompostamente e in maniera insensata, rischiando di provocare una guerra globale o nel migliore dei casi una nuova era di scontro permanente. La domanda angosciosa riguarda i motivi di tutto questo e cercherò di dare una risposta sulla base di ciò che si legge sui giornali finanziari, nelle dichiarazioni dei megaricchi, degli economisti e anche sulla base delle stesse menzogne diffuse a piene mani dalla libera stampa occidentale, come se l’informazione corretta non sia la base stessa dei diritti umani.
Il fatto è che la crisi non è affatto finita da nessuna parte e come correlato oggettivo di questo declino propiziato dalle sgangherate teorie neoliberiste o meglio ancora dalla negazione della democrazia e  dello stato sociale che esse nascondono, il dollaro si avvia a perdere la propria centralità, il che vuol dire che sta finendo l’era delle vacche grasse nel quale nessuno si sognava di verificare se ogni singolo biglietto emesso dalla Federal reserve  sia buono o non sia invece un assegno scoperto. La nuova banca globale dei Brics è un fortissimo segnale di allarme in questo senso. Per di più la mancanza di lavoro, la sua progressiva precarietà, l’impoverimento dei salari, il passaggio di enormi risorse dall’ambito delle attività produttive a quello finanziario sta creando i germi di una rivolta sociale. 
E allora quale soluzione migliore di riscoprire un “nemico” più corposo del “terrorismo” che certo è servito a far accettare il declino delle libertà democratiche, ma non può andare oltre questo compito come fattore di distrazione e di coagulazione di un consenso che via via si sta disgregando?
Ecco  che un nuovo stato di guerra può congelare la situazione prima che essa precipiti in una perdita di supremazia globale, che le bandiere al vento servano a far dimenticare la sottrazione di diritti, speranze e possibilità o magari rimettano in moto l’economia. Se poi tutto questo porterà a una nuova guerra mondiale o resterà allo stato di minaccia permanente, sfogandosi solo nelle inquiete periferie, dipenderà dal caso e dalla improbabile abilità di classi dirigenti ormai ereditarie o imposte dalle fumisterie mediatiche dei potenti o al meglio cooptate per bassi servizi.

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