L’altra sera, ascoltando su La7 l’intervista di Renzi e i commenti di due esperti, mi ha sopraffatto uno di quei cattivi pensieri
che non andrebbero mai confessati: “Povero nano, quante gliene abbiamo
dette, eppure dopo tre anni e tre governi diversi dal suo, siamo sempre
sull’orlo del precipizio”. Pensiero pornografico e pure infondato:
perché B. non è evaporato, anzi è vivo e lotta insieme a loro. E non
solo per il Patto del Nazareno. Ma anche perché cambiano (a volte) le facce, ma il linguaggio è sempre lo stesso. Per Monti & C., come per B.&C., il problema erano i quei nababbi dei lavoratori e dei pensionati. Per Letta
& C., come per B.&C., il guaio erano le tasse troppo alte, non
chi le evade, per cui fu abolita per un anno l’unica imposta che non si
può evadere, quella sulla casa, poi ripristinata con altro nome e
aliquote più alte. Per Renzi & C., come per B&C., la jattura sono la Costituzione e il Parlamento che impediscono ai governi di fare miracoli.
Rigorosamente vietato parlare di lotta a mafie, evasione e corruzione, cioè dell’unica spending review
che porterebbe soldi allo Stato dalle tasche dei delinquenti anziché
degli onesti (parlando con pardon). Se nel 2011 B. è uscito da Palazzo
Chigi (dove peraltro torna nei giorni liberi dai servizi sociali), la
politica e la stampa al seguito non sono mai uscite dal berlusconismo.
Il che spiega le
affinità elettive fra il maestro Silvio e l’allievo Matteo, il
trasporto con cui i due si scambiano smancerie, le labbra p(r)ensili di
Monna Boschi protese verso Verdini&Romani, le
pomiciate della Finocchiaro con Schifani, i pissi-pissi e gli
strusciamenti fra pidini e forzisti: scene hardcore, anzi Arcore, che preludono a matrimoni misti e fecondazioni eterologhe incrociate.
Non è più neanche questione di inciuci
e larghe intese. È più e peggio: idem sentire, comunanza di intenti e
spesso d’interessi (altro che conflitto), pensiero e linguaggio. Due
cuori (si fa per dire), una capanna. Il Renzi dell’”andate in vacanza
belli allegri”, dell’opposizione che non lo lascia lavorare, della
stampa nemica che non decanta i suoi trionfi, dell’Europa cinica e bara,
dei gufi e sciacalli che parlano male dell’Italia, è
la fotocopia 2.0 del Caimano modello Cannes 2001, quello dei ristoranti
pieni e degli aerei imprenotabili. E tutt’intorno il solito cerchietto
magico di opinionisti che corrono in soccorso al pugile suonato come i
secondi a bordo ring con spugnette e pomatine. I dati sulla recessione –
salmodiava Marcello Sorgi l’altra sera – non sono una plateale smentita
delle previsioni del governo e una prova clamorosa delle “riforme”
fallite, ma una spinta propulsiva per tirare diritto meglio che pria.
Insomma, una botta di culo. Tutto studiato, tutto calcolato. Se poi,
anziché dello 0,2%, il Pil crollasse di qualche punto e l’Italia
diventasse un’immensa favela di bidonville, meglio ancora: sai che
spinta propulsiva, a quel punto.
Gianni Riotta, su La Stampa, spiega che “la
colpa del declino è di tutti noi”, mica del governo. Renzi ci ha
provato “a scuotere i cittadini dal torpore malinconico in cui
sprofondano” (dev’essere stato quando ha abolito l’elezione dei senatori
e copiato nell’Italicum le liste bloccate del Porcellum per i
deputati). Ma “malgrado gli sforzi di Monti, Letta, Passera e Padoan,
Renzi, Padoan (due volte, ma sì abbondiamo! ndr), l’‘agenda’ non parte”.
E
perché non parte? Perché – spiega johnny Raiotta – quegli stronzi di
italiani “non vogliono infrastrutture” con la scusa delle “mazzette per
corrotti mafiosi”. Basta, “è ora di dirsi che la colpa è nostra. Dalla
Tav a Messina”, dobbiamo “accettare il cambiamento”.
Ecco, lui vorrebbe pure il Ponte sullo Stretto, per buttare altri
10miliardi oltre ai 20 spesi per l’imprescindibile trasporto di merci
inesistenti alla velocità della luce da Torino a Lione e ritorno. Su e
giù per il Ponte passeggeranno milioni cadaveri ambulanti, disoccupati,
affamati e macilenti, ma vuoi mettere “la speranza e l’entusiasmo”. Si
potrebbe affidare il tutto al consorzio Venezia Nuova, nato per
costruire il Mose e finito a finanziare un romanzo di
Riotta. Che deve averne pronto un altro, ambientato fra Scilla e
Cariddi. Un poema in endecasillabi sciolti e rime baciate. Con gli
invenduti, hai voglia: si fermano le maree.
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