I prezzi vengono determinati da manovre speculative, non da produzione e
commercio. I derivati sono diventati the tail that wags the dog: la
coda che scodinzola il cane.
Lo scandalo SwissLeaks, in cui la HSBC è accusata di avere
aiutato decine di migliaia di clienti a nascondere i propri soldi su
conti cifrati, è tornato alla ribalta in queste settimane. L'ennesimo
caso che mostra come troppo spesso i maggiori gruppi bancari giochino
un ruolo di primo piano in operazioni di al limite, e spesso ben oltre
il limite, della legalità.
Parliamo di una banca sola. E' quasi impossibile anche solo elencare gli scandali, gli abusi e i crimini recentemente emersi a carico del sistema finanziario:
dalle manipolazioni del mercato delle valute a quello dei tassi di
riferimento (Libor e Euribor), dagli episodi di corruzione all'evasione
fiscale, a moltissimi altri ancora. La stessa HSBC nel 2012 ha ricevuto
una multa di 1,9 miliardi di dollari dalle autorità statunitensi per una
vicenda legata al riciclaggio del denaro di cartelli della droga
messicani.
Se le conseguenze delle operazioni illecite o apertamente illegali sono
devastanti, paradossalmente sono ancora peggiori, se possibile, gli impatti del "normale" funzionamento di questo sistema finanziario.
Uno degli esempi più vergognosi, non certo l'unico, è l'utilizzo dei
derivati per scommettere sul prezzo del cibo e delle materie prime.
I derivati sono contratti finanziari il cui valore deriva appunto
da quello di un bene (titoli, indici, materie prime o altro) chiamato
sottostante. I derivati sono nati essenzialmente come strumenti di
copertura dai rischi: permettono di comprare, vendere o scambiare qualcosa in una data futura, a un prezzo prestabilito.
Ho un pastificio e voglio pianificare la produzione. Tramite un
derivato posso comprare il grano tra alcuni mesi a un prezzo fissato già
oggi. In cambio di una commissione, la banca che me lo vende si assume quindi i rischi delle oscillazioni dei prezzi.
E' la loro stessa natura a renderli strumenti particolarmente adatti alla speculazione. In pratica posso scommettere su un prezzo futuro. Oggi, per molte materie prime e altre tipologie di derivati, nel 99% dei casi non c'è la consegna del sottostante. Come dire che scommetto sul prezzo futuro del grano ma non ho nessun interesse nel grano. Non ho un pastificio né sono un produttore. Sto unicamente realizzando una scommessa speculativa
sul prezzo futuro di qualcosa. Per chiarire, è come se su 100
assicurazioni automobilistiche, una servisse a tutelare i proprietari di
automobili, le altre 99 a scommettere che il mio vicino di casa avrà un
incidente. Scommesse che esasperano l'andamento dei prezzi, creano volatilità e instabilità.
Gli impatti e i danni maggiori ricadono tanto sui piccoli produttori di
grano quanto sui consumatori, che si ritrovano in balia della montagna
russa dei prezzi generata dalla speculazione.
Non solo. Con una "normale" speculazione posso comprare una certa quantità di grano per 5.000 euro, sperare che il prezzo salga e rivenderlo.
Al di là dei problemi di stoccaggio, devo materialmente avere i 5.000
euro. Posso invece acquistare per 100 euro un derivato che mi consente
di comprare tra un mese lo stesso grano a 5.000 euro. Uso una leva finanziaria
di 50 a 1, controllo 5.000 euro con 100 di investimento. Se tra un mese
quel grano vale 5.100, realizzo 100 euro con 100, non con 5.000, il
100% di profitto invece del 2%. Se le cose vanno male, le perdite
possono essere altrettanto ingenti.
Quando esplode la crisi finanziaria a cavallo del 2008,
giganteschi capitali fuggono dai mercati finanziari "tradizionali" e
tramite i derivati si riversano sulle materie prime, alimentari e non.
Il prezzo dovrebbe essere determinato dall'incontro tra domanda e
offerta. Investimenti puramente finanziari creano però un'ulteriore
domanda "artificiale", il che spinge al rialzo il prezzo, richiamando
altri investitori, ovvero un ulteriore aumento della domanda. Il fenomeno si autoalimenta, si crea una bolla finanziaria. Quando qualcuno inizia a vendere parte il percorso inverso: scoppia la bolla, panico sui mercati e prezzi che crollano.
Sia i produttori sia i consumatori si trovano in balia dell'instabilità.
Nel 2008 aumenta il prezzo di tutte e 25 le principali materie prime.
Un aumento all'unisono più unico che raro e a maggior ragione
ingiustificabile in un periodo di crisi. Il prezzo del grano e del mais raddoppia in pochi mesi senza che si verifichi una siccità o un altro evento naturale.
Un aumento così repentino non può nemmeno essere spiegato con il
cambiamento di dieta dei Paesi emergenti, la crescita dei
bio-combustibili o i cambiamenti climatici, tutti fenomeni di lungo
periodo. E' l'ondata speculativa che determina se milioni di esseri umani saranno in grado di sfamarsi o meno.
Se possibile, c'è anche di peggio: l'instabilità e la volatilità
non sono "fastidiosi" effetti collaterali, ma la base stessa del gioco.
Compro un titolo per 100 euro. Se dopo un anno vale 101 euro ho
realizzato una speculazione, ma il margine di profitto è bassissimo,
l'1%. Se invece il titolo è in preda a fortissime oscillazioni e i
prezzi sono instabili, si possono realizzare maggiori profitti. In una spirale perversa la stessa speculazione è oggi in grado di generare le oscillazioni su cui poi andrà a guadagnare:
più scommesse girano su un dato titolo, più i prezzi rischiano di
impazzire e più crescono le possibilità di profitti a breve, attirando
nuovi squali. Le materie prime, naturalmente soggette a variabilità
dei prezzi, diventano con i derivati il terreno di caccia ideale degli
speculatori.
La dimensione di questi fenomeni è tale che spesso i prezzi vengono
determinati da manovre speculative, non da produzione e commercio. Un ribaltamento delle funzioni paradossale per una finanza che dovrebbe essere uno strumento al servizio dell'economia. I derivati sono diventati the tail that wags the dog: la coda che scodinzola il cane.
Non solo. Acquistando un derivato sul grano non finanzio i contadini o le produzioni.
Mentre centinaia di milioni di persone, in particolare nelle aree
rurali sono escluse dall'accesso al credito, somme stratosferiche
inseguono profitti a breve da scommesse sul cibo, causando impatti
devastanti per le fasce più deboli della popolazione. L'aspetto più
incredibile è quindi che la finanza non provoca "unicamente"
instabilità, crisi e squilibri, ma non riesce nemmeno a fare ciò che
dovrebbe fare. Da un lato sterminati capitali sono alla continua ed
esasperata ricerca di qualche sbocco di investimento. Dall'altro enormi
necessità non vengono finanziate e fasce sempre più ampie della
popolazione, anche da noi, si trovano escluse dai servizi finanziari.
Semplificando, domanda e offerta di denaro non si incontrano. Con buona
pace dell'idea dei "mercati efficienti" alla base della dottrina
neoliberista che si è imposta nell'ultimo trentennio, l'attuale sistema finanziario rappresenta il più macroscopico fallimento del mercato.
Una finanza che, sia direttamente tramite speculazioni o operazioni
illecite, sia indirettamente tramite il drenaggio di capitali e la
crescita delle disuguaglianze, è alla base dell'instabilità e delle
crisi attuali. Di fronte a un sistema politico e mediatico che continua a imporre una visione secondo la quale la finanza pubblica è il problema e quella privata la soluzione, occorre ripartire
per un radicale cambiamento di rotta sia riguardo alle politiche
economiche sia, più in generale, per un ribaltamento dell'immaginario
della crisi che ci è viene quotidianamente raccontato.
Articolo tratto dal Granello di Sabbia "Fermate il mondo: voglio scendere!" di marzo/aprile 2015, scaricabile qui.
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