Al
di là delle innegabili analogie con la Legge Acerbo e,
peggiorativamente, con la Legge Truffa, l’ennesima legge maggioritaria è
figlia della politica monoideologica del pensiero unico che ha
sostituito lo scontro delle idee con quello delle consorterie le quali
amministrano l’esistente per conto terzi.
In questo senso, essa non è che l’ultimo
(per ora) frutto avvelenato del ventennio berlusconiano come via
italiana al neoliberismo autoritario il quale, inevitabilmente, ha come
prima necessità quella di demolire le istanze partecipative ed
egualitarie della Costituzione antifascista, peraltro ampiamente messa
in mora attraverso la progressiva trasformazione dei cittadini in
consumatori politicamente passivizzati, in “sciami”, per dirla come
Baumann, il cui unico io collettivo è l’io diviso e separato delle code
ai centri commerciali.
Da questo punto di vista, una legge
elettorale ipermaggioritaria ed incentrata sulla figura dei capi di
partito mediaticamente lanciati sulla scena e senza alcun tipo di
cultura autonoma dalle istanze del capitalismo rappresenta la migliore
garanzia per la “governance” (categoria che supera a destra la
“governabilità” degli anni Novanta) in quanto contemporaneamente
garantisce l’esistenza di una massa larghissima di astensionisti,
consapevoli o inconsapevoli non importa, ed un nocciolo di pochi
elettori che “timbrano il cartellino” del “voto utile” disciplinati ed
uniti a sostegno delle maggioranze-minoranze, come hanno drammaticamente
mostrato tutte le ultime consultazioni elettorali.
Una legge di questo tipo, dunque, non
costituisce altro se non l’istituzionalizzazione della nuova Repubblica
fondata sui mercati, nella quale la democrazia, trasformata in una
prassi svuotata di qualunque istanza sociale e redistributiva, è
relegata al ruolo di notaio del capitale globale e della finanza.
ENNIO CIRNIGLIARO
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