mercoledì 22 aprile 2015

La buona scuola che vuole impedire gli scioperi


Ass. Nazionale- mozione sulla scuola L’obiettivo del Pd è far passare il disegno di legge sulla scuola in tempi strettissimi. Ma la “buona scuola” non piace a nessuno. Il programma degli scioperi

di Marco Vulcano, popoffquotidiano.it

Le lettere, per un noto frequentatore della “Ruota della fortuna” come il Presidente del Consiglio Renzi, devono rimandare sempre a una qualche parola. “D” di Domodossola, era il tormentone del programma di Mike Bongiorno. Ma anche “D” di democratico, come il partito del premier, o “D” di dittatoriale, come la pratica inaugurata dal Presidente del Consiglio prima in Commissione Affari Costituzionali, poi contro gli scioperi degli insegnanti in programma il 24 aprile e il 5 maggio.
Evidentemente non è bastata la cacciata dei “dissidenti” Pier Luigi BersaniGianni CuperloRosy BindiAndrea GiorgisEnzo LattucaAlfredo D’AttorreBarbara PollastriniMarilena FabbriRoberta Agostini e Marco Meloni dalla Commissione Affari Costituzionali. Ora tocca al conflitto, contro una categoria che non ci ha abituato a particolari contestazioni o prove di forza. E forse quello che non è andato giù al Primo Ministro è proprio questo.
Dopo aver cestinato senza appello né discussione ogni emendamento avanzato dai rappresentanti del corpo docenti di ogni ordine e grado, il Pd ha deciso di non stralciare dal disegno di legge sulla scuola il piano per le assunzioni, in modo da far votare al Parlamento il provvedimento in tempi strettissimi. «Con questa decisione – dice una nota della Flc-Cgil – si lasciano migliaia di precari in una situazione di incertezza e di disperazione ed è a rischio la possibilità di procedere alle stabilizzazioni entro il 1° settembre. Un vero e proprio ricatto al Parlamento – prosegue la nota – per far approvare senza cambiamenti un cattivo disegno di legge che riporta indietro la scuola pubblica italiana, calpesta i diritti, non garantisce il lavoro a tutti i precari, cancella la contrattazione e prefigura un’organizzazione scolastica autoritaria basata sul potere assoluto dei dirigenti».
L’enorme accentramento di potere nelle mani di quelli che un tempo erano i presidi e il licenziamento dei precari della scuola sono infatti i punti fermi su cui si sta costruendo una mobilitazione che si allarga di giorno in giorno. Il clima intorno al Ddl sulla scuola si scalda, vengono organizzate gremite assemblee serali in cui insegnanti, presidi, studenti, genitori, associazioni e rappresentanti delle istituzioni discutono della riforma e il risultato è inappellabile: la “buona scuola” non piace proprio a nessuno.
Così, davanti agli scioperi in programma per il 24 aprile e il 5 maggio, il Governo sta pensando alla stesura di una lettera che il Movimento Nazionale Insegnanti Precari ha definito «un’offesa all’intelligenza», che non basta a riformare un «DDL crudele, impietoso, feroce e inumano», promettendo che lo scritto governativo sarà utilizzato dal corpo docenti «come carta igienica, come lui (Renzi, ndr) sta facendo con le nostre mozioni, con i nostri emendamenti e soprattutto con la nostra dignità umana e professionale».
Il 24 aprile ci sarà lo sciopero indetto da Anief, Unicobas e Usb. Il 5 maggio quello di Flc-Cgil, Uil scuola, Cisl scuola, Gilda-Unams, Snals-Confsal. Piattaforme molto diverse, ma con un unico obiettivo: il modello scolastico di questo governo.


buona scuolaAss. Nazionale Altra Europa- mozione sulla scuola

Gli interventi sulla scuola di questi ultimi anni, da parte di governi di centrodestra e di centrosinistra, si sono concentrati sugli aspetti organizzativi e ordinamentali dell'istituzione scolastica, per ridurla a macchina di disciplinamento, produttrice di conoscenze povere per una manodopera docile, disponibile alla precarietà di un lavoro usa-e-getta. E a una vita simile.
Hanno cercato di tecnicizzare il fare scuola, rendere le conoscenze quantificabili, ridurre l'apprendimento a prestazione certificabile, l'insegnamento a procedura burocratica tristemente impiegatizia. E soprattutto si è pensato a tagliare risorse, mentre contemporaneamente sempre aumentavano i finanziamenti alle scuole private. Non si è mai riconosciuto il valore della laicità della scuola, la ricerca libera del sapere come costruzione di sé e del mondo; la centralità della conoscenza nei processi produttivi e sociali di oggi. Nessuna attenzione per la scuola come campo di relazioni delicate in cui si incontrano storie diverse, culture, generi e generazioni. Quella dimensione pubblica della scuola che è costruzione di un mondo comune a partire da punti di vista diversi. Elemento costitutivo della polis.
Il governo Renzi oggi fa un passo avanti. In un certo senso fa paradossalmente “una cosa di sinistra”: realizza la ricomposizione di tutto il mondo del lavoro, nella universale cancellazione dei diritti, nella precarizzazione, nella riduzione dell'insegnamento a lavoro “sotto padrone”. Tutte e tutti nella scuola, a regime, saranno assunti con chiamata diretta e contratti di tre anni, con nomina del Dirigente – che deve formare la sua squadra, per vincere la partita scegliendo da albi territoriali on-line. Come fosse il fantacalcio. Chi non sarà scelto probabilmente finirà nelle scuole di serie B, quelle che avrebbero bisogno dei migliori insegnanti. Sempre sottoposto alla riconferma da parte del Dirigente, al suo giudizio in merito alla qualità della prestazione e alla ricompensa aggiuntiva da ricevere. Premio fedeltà. Fine della libertà d'insegnamento.
Più che una aziendalizzazione, una organizzazione neo-feudale basata sul vincolo personale e sull'ubbidienza al datore di lavoro. Il modello Marchionne che fa scuola.
Perché questa dell'uomo-solo-al-comando deve essere una sorta di ossessione per Renzi – che riserva al suo governo nel ddl una delega pressoché assoluta su una quantità enorme di materie. Gli organi collegiali della scuola sono considerati enti inutili, luoghi di chiacchiere che fanno perdere tempo al Capo. Più o meno come il parlamento della repubblica. Non è solo la scuola, infatti, ad essere di fronte a un progetto che la nega alla radice – è la stessa democrazia costituzionale.
Per noi è fondamentale riconoscere e valorizzare il sapere come prerequisito della democrazia, il fare scuola come costruzione personale di conoscenza in uno spazio pubblico, di relazioni profonde. È importante che il sapere non sia solo confezionato, trasmesso e misurato, messo al lavoro come miserabile merce, ma si apra a domande, dubbi e desideri di ragazze e ragazzi. Che sia incentivato il lavoro collettivo e collaborativo nella scuola. Significa pensare la democrazia non come delega assoluta al Capo oppure inammissibile intralcio al suo decisionismo. Ma come una forma di partecipazione che si alimenta di relazioni umane e corpi intermedi, luoghi collettivi di racconto e confronto. E proprio corpi – di donne e uomini, con la loro sensibilità e la loro storia (tutta da rivedere per il genere maschile, anche come possibile liberazione). È leggere nella scuola e nella società la possibilità e il desiderio di uscire dalla miseria culturale e antropologica del neoliberismo, portando nello spazio pubblico tutta intera la propria vita e un bisogno di felicità politica che esiste ed è forza sovversiva.
Per questo noi dell'Altra Europa sosteniamo la LIP, proposta di legge di iniziativa popolare per la buona scuola della repubblica, che a questa idea del sapere e dell'istruzione si ispira.
Per questo saremo nelle prossime settimane con le ragazze e i ragazzi, gli uomini e le donne, che si mobiliteranno in Italia – nel modo che auspichiamo più unitario possibile - perché il progetto del governo di distruzione della scuola pubblica non si realizzi. Saremo insieme a loro nelle strade e nelle piazze, sosterremo le loro battaglie.
E a loro, alla loro generosità, va da subito il nostro ringraziamento.

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