mercoledì 15 aprile 2015

Non siamo più isolati di Renzo Massarelli



Nella metà degli anni sessanta la E45 esisteva già, ma solo a tratti. Si entrava e si usciva, tornando sovente sulle tracce della vecchia Tiberina. Andare da Orte a Perugia sembrava ancora un'impresa, però era piacevole lasciarsi andare veloci lungo i rettilinei del futuro e senza troppo traffico. C'erano dei pezzi di strada non ancora aperti ma già asfaltati. C'era chi ne approfittava per una corsa in motorino o in bicicletta. Si correva come in una prateria senza guardare al senso di marcia o alla corsia giusta.
La E45 è nata quando eravamo giovani, in un tempo molto lontano, ed è terminata  l'altro ieri, al finire del secolo, grazie a un lungo tunnel che vinceva finalmente le resistenze del Verghereto. Così, nel corso dei decenni, possiamo viaggiare attraverso il tempo ritrovando le curve e i rettilinei che avevano visto correre le nostre seicento Fiat e che ci hanno liberato dalla necessità di arrancare lungo i tornanti senza fine dell'Appennino. In realtà la E45 è stata sempre una vecchia strada, comoda per i nostri trasferimenti non tanto lunghi, da Terni a Perugia, da sud, o da Città di Castello a Perugia, da nord, ma chiamarla semplicemente superstrada, qualche volta, ci è sembrato un complimento non del tutto meritato.
Super, perché? Non c'è mai stato nulla di super in questa strada che tocca i condomini di Ponte San Giovanni o forse il contrario perché qualche volta sono stati i condomini ad avvicinarsi sin troppo agli scarichi mefitici delle grandi motrici da trasporto della E45. Poi però questa strada si perde nei Monti Martani che sono sempreverdi, per via dei lecci, e solitari, senza strade e paesi, o nell'alta valle del Tevere anch'essa verde, ma di un verde diverso, più toscano e meno umbro e ricca di castelli e ville preziose. Così, anche se le norme di sicurezza di un tracciato sempre un po' sconnesso sono quelle che sono, questa è pur sempre la strada che ha unificato l'Umbria e ci ha avvicinato alla Romagna, alla Toscana, al Lazio. Per questo dovremmo tenercela così? No, c'è molto da fare per migliorarla, sicuro, ma non lo si fa o lo si fa troppo poco.
In una strada dove non si paga il pedaggio gli investimenti si fanno sempre in modo molto parsimonioso. Un po' come in quei vecchi vagoni di terza classe degli anni cinquanta. Così, pensare ad una autostrada da dieci miliardi e tutta nuova è stato del tutto naturale. Ci hanno pensato a lungo e l'hanno trattata, questa idea, un po' come la tela di Penelope. Ogni tanto qualche annuncio, e ogni tanto qualche rinuncia, a seconda dei governi o delle congiunture economiche. Doveva pensarci il Cipe e quindi lo Stato e i suoi ministeri, poi è saltato fuori il progetto di finanza dei privati. Sgravi fiscali e pedaggio in cambio di una lunga concessione. Un'autostrada che attraversa tutta la regione non è uno scherzo ma una ferita pesantissima e irrimediabile. Questo lo capisce anche un bambino e poi a leggere l'elenco dei capitani di questa impresa non sempre si riceveva un'impressione rassicurante. Tantomeno i capitoli finanziari del progetto che dicono, in estrema sintesi, che se l'opera viaggia in attivo incassano i privati, se no paga lo Stato.
I comuni dell'Umbria, le Province e, soprattutto la Regione tutte queste preoccupazioni non l'hanno mai espresse. L'autostrada è una grande occasione di sviluppo, toglie l'Umbra dal suo isolamento e la colloca lì dove merita di stare. Al centro dei traffici e in vetrina, finalmente, di fronte all'Italia che corre. Questo hanno detto, nient'altro. Anzi, no. Hanno detto anche la pietosa bugia del pedaggio, promettendo agli umbri una esenzione impossibile.
Il sistema istituzionale dell'Umbria è stato, di fronte a un'idea così discutibile, così inutile, così dannosa e, alla fine, così arretrata dello sviluppo, supinamente collocato, privo di qualsiasi parvenza di autonomia. Poi sono arrivate le inchieste sulle grandi opere e infine la decisione del ministro che rimette nel cassetto la tela di Penelope. L'autostrada Orte- Mestre non è tra le priorità del paese. Amen. Nessuno alla Regione, o nei comuni più grandi, almeno tra le forze politiche che contano e decidono, ha avuto nulla da ridire. Una protesta, un dissenso.
Ma come, sono tanti anni che chiediamo il nostro posto al sole e poi, arriva un nuovo ministro che ci taglia le gambe in questo modo? Avrebbero potuto, per dire, ammettere che le strade dello sviluppo non sono più fatte di cemento, di asfalto, di distruzione del territorio e di progetti di finanza altamente discutibili. La modernità è altrove. Ci eravamo adagiati sul luogo comune dell'Umbria isolata. Adesso giriamo pagina e ringraziamo il ministro.
Se una regione non esprime un'idea su un punto centrale come questo cos'altro avrà da dire sul futuro della nostra identità, della nostra cultura, della nostra economia?

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